La Cambogia ha perso il 26% delle sue foreste
La crescente domanda di legname e l’abbattimento di vaste aree forestali per far posto a piantagioni minacciano la biodiversità e la sussistenza delle popolazioni rurali
Gli ambientalisti dicono che i paesi occidentali sono i principali colpevoli dei danni all’ambiente, eppure i casi di cui si ha notizia riguardano sempre più spesso altri paesi. Nel 1975 le foreste ricoprivano il 73% della Cambogia, nel 2018 soltanto il 47%. Il paese ha perso quasi 2,2 milioni di ettari di foreste solo tra il 2001 e il 2018 e il tasso annuale di deforestazione in quel periodo è aumentato di quasi il 300%. La percentuale aree forestali perse è più elevata di quella di paesi come il Brasile e l’Indonesia. L’allarme è stato lanciato dall’Undp, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, che ha da poco pubblicato un rapporto nel quale documenta lo stato di grave degrado dell’ecosistema cambogiano prodotto da comportamenti irresponsabili dettati dalla crescente domanda di legname usato come materiale da costruzione, combustibile e carbone vegetale. Inoltre ampie estensioni di foresta dati in concessione sono state abbattute per fare posto a piantagioni, ad esempio di alberi da gomma. Quasi metà delle perdite riguardano foreste primarie per un totale di 1,1 milioni a partire dal 2002. Sono foreste naturali che non sono state tagliate di recente e che costituiscono l’habitat di centinaia di specie tipiche della regione, alcune delle quali minacciate di estinzione come i pangolini e gli orsi malesi. Secondo l’Usaid, l’agenzia Onu per lo sviluppo internazionale, quasi l’80% dei cambogiani vivono in aree rurali e la sussistenza del 65% di essi dipende dalle risorse forestali che sostengono l’economia locale e garantiscono la sicurezza alimentare. Sono loro le prime vittime della deforestazione sconsiderata che li priva di reddito, cibo e materiali necessari per l’edilizia e il combustibile.