La burocrazia postale, un "mostro" che non muore mai
Per estinguere un libretto al portatore senza un euro può volerci una giornata intera in fila alle Poste senza concludere nulla e rimanere comunque con l'incubo di una cartella Equitalia. Ecco quello che accade quando la burocrazia postale si mette di mezzo annullando buon senso e pazienza.
Riassunto di una giornata intera passata in coda alle Poste. Leggo per caso sul giornale che il 31 dicembre 2018 scadono i libretti postali al portatore. Il giornale me lo fa sapere, succintamente, pochi giorni prima. Mi ricordo che, una ventina d’anni fa, ho acceso uno di tali libretti per metterci una cauzione per un affitto. L’affitto l’ho disdetto dieci anni addietro, del libretto mi sono scordato, anche perché c’è stato un trasloco di mezzo. Non so se su quel libretto c’è ancora qualche somma. Vado all’ufficio postale. Due ore di coda. La direttrice, per via della privacy, fa uscire gli ultimi fuori, al freddo. A un certo punto tocca a un extracomunitario. Non sa una parola di italiano. L’impiegato chiede ad alta voce se qualcuno parla inglese. Nessuno.
Dopo molti minuti si riesce a realizzare che vuole una ricarica telefonica, a gesti gli fanno capire che può farla anche dal tabaccaio. Insomma, due ore così. Quando finalmente tocca a me, mi si dice che mi trovo in una sezione postale dichiarata distaccata, che il libretto l’ho fatto sicuramente alla vecchia, che però ha un nuovo indirizzo. Ormai è ora di pranzo. Nel primo pomeriggio vado a detto nuovo indirizzo. Una marea umana, italiani bianchi in netta minoranza. Tutto elettronico. Dovrei prendere il numerino, ma il totem mi offre tre opzioni, uno più ermetico dell’altro. Prendo tutti e tre i numerini e guardo il tabellone dove, via via, si indicano gli sportelli liberi. Il mio numerino più fortunato ha solo 20 (venti!) persone davanti.
Mentre attendo, intravedo in fondo un «ufficio consulenze». Busso sul vetro e mi si fa accomodare. Spiego il problema, declino il mio codice fiscale e apprendo che il libretto è ancora attivo ma vuoto. Devo averlo svuotato quando ho lasciato l’appartamento in affitto, ma non l’ho estinto, forse perché pensavo che in futuro sarebbe potuto tornarmi utile, boh. Invece, «in futuro», ecco la legge che mi ordina di estinguerlo entro il 31.12.2018, pena una multa da 250 a 500 euro. Ma se è vuoto, protesto. L’impiegata consulta Google, ma non riesce a raccapezzarsi. Chiama il direttore: neanche lui ne sa niente. Nel frattempo, vengo pregato di sloggiare perché preme un utente che ha preso un appuntamento. Il direttore esce con me e mi consiglia di denunciare lo smarrimento del libretto (infatti, nel trasloco, chissà dov’è finito). Come si fa? Chiedere i moduli allo sportello.
Così, mi ritrovo in coda, a scrutare il tabellone. Finalmente uno dei miei numerini diventa vincente. Allo sportello, l’impiegato cade dalle nuvole e, dopo avermi bacchettato per la non congruità del mio numerino con la mia richiesta, va a chiamare il direttore. Il quale, viene, vede, lo informa e lo istruisce. Mi si consegnano due moduli di due pagine l’uno: devo compilarli entrambi. Mi si concede di mettermi da una parte e, una volta fatto, di saltare la coda. Evviva. Fatto. Adesso aspetti che le diamo la fotocopia. Fatto anche questo. Bene, e ora? Ora attenda trenta giorni, alla fine dei quali le daremo il libretto sostitutivo che lei potrà estinguere. Sì, ma la scadenza fissata dalla legge è tra due giorni! Risposta: non possiamo fare altro. Domanda numero due: ma allora, anche se su quel libretto non c’è un soldo, dovrò pagare lo stesso la multa? Non lo sappiamo, dice il direttore.
Me ne vado come un cane bastonato, imprecando contro il genio che ha promulgato la legge. Della quale io, che di solito sono informato, ho appreso solo dalla stampa e pochi giorni prima. Figuriamoci gli altri. Torno a casa e, sorpresa, mia moglie, scartabellando, ha trovato una fotocopia di quel maledetto libretto. Mi riprecipito all’ufficio postale, riprendo i tre numerini e mi apposto. Dopo un po’ esce dal suo ufficio il direttore e, a grandi gesti, attiro la sua attenzione. Gli sventolo sotto il naso quel che ho in mano. Si ferma, per fortuna, e mi dà retta. Ah, ma questa è una fotocopia! Perché, non va bene? No, ci vuole l’originale, mi spiace. Esco dalle poste frustratissimo. Fuori è già buio. Da oggi non potrò più passare davanti alla mia cassetta della posta senza tremore: non so quando, e se, avverrà che ci sia dentro la busta bianca targata Equitalia. Con la multa. Piove, governo ladro.