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BALCANI

La Bosnia, ancora una volta, rischia di essere destabilizzata dai serbi

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Nuova crisi grave in Bosnia Erzegovina. L'entità serba, al suo interno, preme per l'indipendenza. Per rispondere alla condanna del suo presidente Milorad Dodik, la Repubblica Srpska propone una bozza di riforma costituzionale per la secessione.

Esteri 18_03_2025
Manifestazione di nazionalisti serbi a Banja Luka (La Presse)

Sale nuovamente la tensione in Bosnia-Erzegovina, con epicentro, ancora una volta, la Republika Srpska. Come risposta alla condanna di Milorad Dodik, Presidente dell’entità serbo-bosniaca, a un anno di prigione e sei anni di divieto di svolgere incarichi pubblici pronunciata dal Tribunale della Bosnia-Erzegovina di Sarajevo – condanna non ancora passata in giudicato – per «mancata applicazione delle decisioni dell’Alto Rappresentante della comunità internazionale in Bosnia-Erzegovina, Christian Schmidt», a stragrande maggioranza (50 voti a favore e 8 contrari, ma senza i rappresentanti dell’opposizione che avevano abbandonato l’aula) il Parlamento della Republika Srpska ha approvato una nuova bozza di Costituzione dell’entità serbo-bosniaca che rischia di sconvolgere il delicatissimo equilibrio post-bellico di questo Stato balcanico.

Le disposizioni della bozza di Costituzione trasferiscono alla Republika Srpska numerosi poteri che attualmente possiede lo Stato centrale, tra cui la costituzione di un esercito dell’entità serbo-bosniaca (a questo proposito, inevitabilmente, torna a rivivere lo spettro degli anni di guerra) e di servizi segreti agli ordini di Banja Luka, introducono il concetto di sovranità di tale entità e stabiliscono un suo «diritto all'autodeterminazione», con la possibilità di stipulare unioni di tipo federale o confederale con altri Stati, il che rappresenta, ovviamente, la base giuridica per la secessione dalla Bosnia-Erzegovina e l’eventuale annessione alla Serbia. Inoltre, si prevede di abolire la carica di vice-presidente dell’entità e il Consiglio dei popoli che garantiscono la rappresentanza dei croati dei bosgnacchi musulmani negli organi di governo e parlamentari della Republika Srpska.

A meno di un colpo di Stato di Dodik, tuttavia, secondo le norme costituzionali attualmente in vigore l’approvazione definitiva della nuova bozza di Costituzione è pressoché impossibile, poiché è necessaria la maggioranza dei due terzi del Parlamento (56, ne mancano quindi 6), nonché l’approvazione a maggioranza all’interno di ogni singolo gruppo del Consiglio dei popoli, e Alija Tabaković, presidente del Gruppo dei bosgnacchi in questa assemblea, ha già annunciato il voto a maggioranza contrario all’interno del suo gruppo.

Inoltre, un’altra legge approvata dal Parlamento in questi ultimi giorni ha vietato il funzionamento degli organi giudiziari e investigativi della Bosnia-Erzegovina sul territorio della Republika Srpska. Sebbene la Corte costituzionale di Sarajevo abbia sospeso l'attuazione di queste leggi, nell’entità serbo-bosniaca si afferma che tale sospensione non verrà presa in considerazione.

La situazione rischia di precipitare, soprattutto se verrà data esecuzione al mandato di accompagnamento coattivo per le tre massime autorità politiche della Republika Srpska, vale a dire Dodik, il Primo Ministro Višković e il Presidente dell'Assemblea nazionale Stevandić, accusati del reato di attentato all'ordine costituzionale della Bosnia-Erzegovina, e che non hanno risposto alla convocazione del Tribunale della Bosnia-Erzegovina di Sarajevo – non si tratta quindi di un mandato di arresto. Anche la Serbia è in stato di pre-allarme, anche se difficilmente farà qualcosa di concreto in considerazione della gravissima crisi politica in corso a Belgrado, mentre dal mondo serbo già si odono richieste di aiuto a Putin, il quale, nel corso di un incontro con Dodik dello scorso anno, disse che la Republika Srpska è amica della Russia.

Vengono così al pettine gli errori di gestione del processo di pace commessi dalla comunità internazionale al termine della guerra degli anni Novanta e dei successivi accordi di pace. Nell’agosto 1995 Washington ordinò agli eserciti croato e bosniaco di fermare la loro avanzata in Bosnia quando ormai i serbi erano allo sbando, e di lì a poco sarebbe caduta anche Banja Luka. I successivi accordi di pace di Dayton finirono per premiare gli sconfitti, appunto i serbi, concedendo a essi un’entità autonoma – che invece non fu concessa ai croati –  che copriva il 49% del territorio dello Stato e un’ampia autonomia amministrativa e politica. In questo modo gli americani resuscitarono la Republika Srpska e le aspirazioni indipendentiste dei serbi.

Dopo trent’anni di conflitti, e di desideri di secessione espressi senza peli sulla lingua dai serbi e in modo molto più moderato dai croati – questi ultimi vengono “tenuti buoni” da Zagabria, in quanto la Croazia è membro della NATO e dell’Unione Europea – si è tornati alle medesime tensioni interetniche che precedettero la secessione della Bosnia-Erzegovina dalla Jugoslavia e lo scoppio della guerra, e a nulla è valso che l’Unione Europea abbia posto a Sarajevo un proprio “Alto Rappresentante”, un vero e proprio governatore, e quello che molti considerano un esercito di occupazione, vale a dire le forze di pace internazionali dell’EUFOR, composte da soldati di alcuni Paesi dell’Unione Europea, ivi inclusa l’Italia, oltre ad Albania, Cile, Svizzera, Macedonia del Nord e Turchia.

Neppure i croati, infatti, hanno visto soddisfatte le proprie aspirazioni di rappresentanza all’interno della Federazione della Bosnia-Erzegovina, l’entità politica bosgnacco-croata – l’attuale rappresentante croato nella Presidenza della Bosnia-Erzegovina, Željko Komšić, è stato eletto per la terza volta in pochi anni prevalentemente da elettori di etnia bosgnacco-musulmana, e i bosgnacchi spesso minacciano di applicare il “metodo Komšić” anche agli organi di autogoverno locale; i croati vengono spesso soffocati nelle proprie attività economiche e imprenditoriali (nel 2001 è stata chiusa d’autorità la principale banca d’affari croato-bosniaca, la Hercegovačka banka, che da sola gestiva il 36% dei flussi di denaro nel Paese); non esiste alcuno spazio pubblico nei media di Stato in lingua croata, tanto che i croati sono ricorsi alla fondazione della Radio-Televizija Herceg-Bosne (RTV HB) di proprietà di 22 comuni, città e contee con popolazione croata maggioritaria.

Un forte segnale di insoddisfazione dei croati verso lo Stato centrale è rappresentato dal fatto che atleti e sportivi, quando possono, gareggiano in competizioni sportive della Croazia e scelgono le squadre nazionali croate e non della Bosnia-Erzegovina – ultimamente sono saliti alla ribalta i casi del calciatore Petar Sučić, appena acquistato dall'Inter, nativo di Livno, in Bosnia, nonché di Anna Ćurković e Filip Kozina, due atleti di Čitluk recentemente vincitori dei campionati nazionali croati U23 rispettivamente nel salto in lungo femminile e nel salto triplo maschile.

Come abbiamo visto, l’ultima provocazione di Dodik non ha alcuna possibilità di realizzarsi, tuttavia, in considerazione anche dell’insoddisfazione dei croati, può destabilizzare in modo definitivo la situazione in Bosnia-Erzegovina con gravi rischi di nuovi conflitti armati tra le varie etnie.