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La basilica sul Monte dove c'è la porta del Cielo

Haec est porta coeli. Queste parole, già pronunciate da Giacobbe dopo aver sognato la scala degli angeli, sono incise sul cartiglio marmoreo del portale di San Miniato al Monte, a Firenze. Varcando l’ingresso della basilica fiorentina noi uomini moderni possiamo, allora, capire cosa intendesse per cielo la tradizione medievale.

Cultura 17_10_2015
La basilica di San Miniato al Monte

Haec est porta coeli. Queste parole, già pronunciate da Giacobbe dopo aver sognato una scala dalla quale e per la quale angeli scendevano e salivano, sono incise sul cartiglio marmoreo del portale di San Miniato al Monte. Varcando l’ingresso della basilica fiorentina noi uomini moderni possiamo, allora, capire cosa intendesse per cielo la tradizione medievale. La chiesa ha origini antiche, legate alla figura di Miniato che la tradizione agiografica vuole essere un principe armeno di passaggio a Firenze durante un pellegrinaggio a Roma. 

Qui, all’epoca delle persecuzioni dell’imperatore Decio, fu ucciso. Una volta decapitato avrebbe raccolto la sua testa e si sarebbe diretto presso il Mons Fiorentinus, oltre Arno, per trovarvi riposo. Su questo luogo fu costruita dapprima una cappella e, a partire dal 1013, l’attuale chiesa, monastero abitato dai benedettini, poi dai cluniacensi, infine, e ancora oggi, dagli Olivetani. Che sia un capolavoro di architettura romanica si evince già dalla facciata, caratterizzata da una bicroma e precisa geometria.  Divisa in due ordini è scandita nella zona inferiore da cinque arcate a tutto sesto, motivo che ricorre anche nel frontone. Nel registro superiore, al centro del quale si apre un pronao tetrastile, il disegno geometrico del serpentino verde e del marmo bianco riproduce l’opus reticulatum romano.  

La policromia dell’esterno continua nello spazio sacro interno a tre navate. Il presbiterio è fortemente rialzato dalla cripta sottostante divisa in sette navate da colonne recuperate da edifici romani. Sotto le volte affrescate da Taddeo Gaddi riposa, in un altare romanico, il santo titolare della basilica. Nel 1447 Piero de’ Medici commissionò a Michelozzo l’edicola d’altare a marmi intarsiati impreziosita dalla volta a maioliche di Luca della Robbia e dalla tavola dipinta nel XV secolo da Agnolo Gaddi, con episodi evangelici. Un vero e proprio gioiello del rinascimento fiorentino è la cappella del Cardinale del Portogallo che si apre sulla navata sinistra. Fatta erigere tra il 1461 e il 1466 da re Alfonso del Portogallo per dare sepoltura al nipote morto in giovanissima età, fu disegnata da Antonio Rosellino, artefice anche della monumentale tomba del cardinale. Il ciclo decorativo di Alesso Baldovinetti che affrescò Profeti, Santi e Padri della chiesa, si completa con la tavola dell’Annunciazione. La volta a vela è incastonata da medaglioni di terracotta invetriata raffiguranti le Virtù cardinali e la colomba dello Spirito Santo, opera di Luca della Robbia.  

In fondo alla navata destra si apre la sacrestia, con gli splendidi affreschi di Spinello Aretino che, sul finire del XIV secolo, raccontò sulle pareti la storia di San Benedetto.Nel pavimento marmoreo della chiesa, decorato a motivi geometrici e zoomorfi, si inserisce uno zodiaco risalente al 1207. Su di esso il giorno del solstizio d’estate il raggio del sole illumina il segno del Cancro, facendone, così, la meridiana più antica funzionante in tutta Europa. 

Il protomartire fiorentino, la cui festa liturgica ricorre il 25 ottobre, oltre che sul prospetto principale della basilica compare nel mosaico tardo bizantino absidale in veste di re, in posizione simmetrica rispetto alla Vergine Maria, nell’atto di consegnare al Cristo Pantocratore la corona terrena per ricevere quella della gloria celeste.