Kramp-Karrenbauer, una "mini-Merkel" cattolica
Annegret Kramp-Karrenbauer è l’erede di Angela Merkel alla guida della Cdu, il partito democristiano tedesco al governo fino al 2021 e sarà molto probabilmente la prossima candidata cancelliera. Cattolica, contraria ad aborto e matrimoni gay, favorevole alla linea Merkel sull'immigrazione: ecco chi si prepara a guidare la locomotiva d'Europa.
Annegret Kramp-Karrenbauer, 56 anni, un nome impronunciabile (per chi non è tedesco), un destino già segnato dall’inizio dell’anno. È infatti lei l’erede di Angela Merkel alla guida della Cdu, il partito democristiano tedesco al governo fino al 2021 e sarà molto probabilmente sempre lei la prossima candidata cancelliera della Germania. Dovrà dunque prepararsi a competere per diventare la donna più potente d’Europa. Visto che finora ha mantenuto un profilo molto basso, limitandosi a far politica in una delle regioni più piccole, periferiche e meno popolate della Germania, è difficile fare previsioni. Ma, anche se lei stessa non vuole assolutamente essere chiamata così, il nomignolo di “mini-Merkel” finora appare il più appropriato. Per le sue posizioni politiche e la sua carriera, per il fatto stesso che sia stata cooptata dal nulla dalla cancelliera in carica: tutto fa pensare che ci si prepari ad avere, tramite lei, una sorta di proseguimento del cancellierato Merkel con un altro volto.
La carriera di Annegret Kramp-Karrenbauer inizia nel 1984, nel consiglio comunale della cittadina in cui ha sempre abitato, Püttlingen, 20mila abitanti, nella Saar, a dieci minuti di auto dal confine con la Francia. Figlia di un insegnante cattolico, Annegret Kramp si è sposata sempre nel 1984 con Helmut Karrenbauer, ingegnere minerario, da cui ha avuto tre figli. Da allora si fa chiamare con il doppio cognome Annegret Kramp- Karrenbauer, abbreviato “AKK”. Una famiglia normale, una carriera tranquilla, gradino dopo gradino, fino alla massima carica regionale: presidente della Saar dal 2011 all’anno scorso. Finché, in febbraio, non è stata cooptata da Angela Merkel per svolgere il ruolo di Segretaria generale della Cdu, trampolino di lancio per la leadership. Da rappresentante di una piccola realtà di 20mila anime, a presidente di una piccola regione di confine con 1 milione di abitanti, alla testa di un partito che guida una nazione con 83 milioni di abitanti, prima potenza economica europea.
La sua conferma è arrivata con l’elezione al Congresso di Amburgo. La Merkel non ha ufficialmente sostenuto nessuno dei candidati, anche se la sua preferenza per la AKK era evidente sin dalla sua nomina a Segretaria generale del partito. Al Congresso ha preso il 45% al primo turno, arrivando prima rispetto ai due contendenti: Friedrich Merz (39%) e Jens Spahn (15,7%). Al ballottaggio ha battuto di stretta misura Merz, 52% a 48%, appena 25 voti in più. Segno di un partito spaccato a metà. Friedrich Merz era il principale rivale interno di Angela Merkel. Aveva criticato la cancelliera sulla sua politica troppo pro-immigrazione. Si era assunto l’impegno di rivedere la politica dei permessi di soggiorno e di concessione dell’asilo politico. Aveva chiaramente escluso di estendere la protezione ai “rifugiati climatici”. Rappresentava, dunque, l’ala destra democristiana tedesca, sicuramente più affine alle posizioni della Csu, il partito gemello della Baviera, con cui si è rischiata una scissione dopo le ultime deludenti elezioni.
La Kramp-Karrenbauer, al contrario, aveva difeso la Merkel sul tema dell’immigrazione. Anche se, dicono gli osservatori, ha una posizione leggermente meno aperturista rispetto alla ex leader. Conservatrice nei valori, vuole rinverdire l’identità cristiana del partito. Appena nominata Segretaria generale, aveva dichiarato in un’intervista al Der Spiegel “Credo sia necessario per noi, fare chiarezza su quali siano le vere fondamenta del nostro partito: la visione cristiana dell’uomo. La Cdu è un partito che ha unito diverse confessioni e correnti ideologiche. Se l’idea di uno spostamento a destra significa che dobbiamo dimenticare queste radici per definirci solamente come un partito conservatore, allora io mi opporrò fermamente”. Sulle questioni più dibattute, anche all’interno della stessa Cdu, è decisamente pro-life e contraria ai matrimoni omosessuali. Nel 2015, quando era presidente della Saar, aveva provocato un putiferio nel mondo politically correct quando aveva dichiarato: “Se allarghiamo questa definizione (del matrimonio, ndr) a qualunque partnership responsabile fra due adulti, allora altre richieste non possono più essere escluse. Richieste come: il matrimonio fra due parenti stretti, o quello fra più di due persone”. “Fare un aborto non è come rimuovere una cistifellea”, aveva dichiarato opponendosi alla proposta che il governo potesse promuovere le pratiche abortiste. Sul lavoro e sull’economia, invece, vanta posizioni di sinistra, più della centrista Merkel. Viene dalla Saar, una regione che da più di venti anni è piagata dalla crisi dell’industria dell’acciaio e del carbone. Nel passato recente ha dimostrato di saper trattare e scendere a compromessi con la Spd (con cui ha governato nel suo Land) e con i Verdi.
La scelta della Merkel, dunque si può comprendere con la posizione occupata dalla AKK: posizione politica nel partito e posizione geografica del suo Land. La posizione politica, centrista e molto simile a quella dell’attuale cancelliera, garantirà una transizione morbida e pochi rischi di “golpe” interni da qui al 2021, quando scadrà questa legislatura. Tre anni in cui la Merkel dovrà preparare la Kramp-Karrenbauer al mestiere del cancellierato. La posizione della Saar, anche, è importante: al confine con la Francia, con la principale partner nell’Unione Europea. Una leader al confine fra i due paesi, cresciuta nel cuore industriale del carbone e dell’acciaio che furono i pilastri della prima comunità europea (la Ceca), è dunque un messaggio chiaro: rafforzare l’asse franco-tedesco. Una scelta che comunque comporta anche dei rischi gravi: che l’elettorato più conservatore, già deluso dalla Merkel, slitti ancora più a destra, votando direttamente per l’AfD, il partito che già conquista i cuori e le menti degli elettori di destra, specialmente nell’Est ex comunista.