Kolbe e gli Ulma, le altre vittime illustri del Museo di Danzica
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Non solo il capitan Pilecki. Il Museo della Seconda Guerra Mondiale ha cancellato ogni riferimento anche al grande santo martirizzato ad Auschwitz e alla beata famiglia Ulma, uccisa dai nazisti per aver dato rifugio a otto ebrei.
Pubblichiamo di seguito la seconda e ultima parte dell’articolo relativo alla decisione della nuova direzione del Museo della Seconda Guerra Mondiale (Danzica) di riscrivere la storia del secondo conflitto, eliminando ogni riferimento a eroi cattolici polacchi come Witold Pilecki, san Massimiliano Maria Kolbe e la beata famiglia Ulma. Clicca qui per leggere la prima parte.
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La tragedia degli ebrei nella Polonia occupata dai tedeschi suscitò nella popolazione polacca una grandissima impressione che si tradusse in vere campagne di aiuto, condotte sia dalle organizzazioni clandestine – tra cui il Consiglio per gli aiuti agli ebrei detto “Zegota” (1942) – sia dalle popolazioni delle città e dei villaggi. Va sottolineato che gli occupanti nazisti introdussero in Polonia una legge che puniva con la pena di morte qualsiasi aiuto dato agli ebrei. Ma anche se rischiavano la propria vita, i polacchi salvarono tantissimi ebrei.
Una delle famiglie che prese l’eroica decisione di nascondere degli ebrei furono gli Ulma, residenti a Markowa, località situata nel sud-est della Polonia. Nella loro casa trovarono rifugio otto ebrei: cinque uomini della famiglia Szall e Golda e Layka Goldman con la piccola figlia. Józef Ulma era conosciuto per la sua simpatia verso gli ebrei. I gendarmi tedeschi scoprirono dove venivano nascosti gli otto ebrei e, il 24 marzo 1944, li fucilarono insieme all’intera famiglia Ulma, uccidendo anche i sette bambini di Józef e Wiktoria, di cui l’ultimo era ancora nel grembo materno.
L’ente ebraico per la memoria della Shoah (Yad Vashem) ha dichiarato gli Ulma “Giusti tra le nazioni” (1995). La Chiesa cattolica, tenendo conto del loro fervore religioso e del gesto estremo motivato dall’amore cristiano verso il prossimo, ha dichiarato l’intera famiglia beata: la Messa di beatificazione, presieduta dal cardinale Marcello Semeraro, si è svolta a Markowa il 10 settembre 2023.
San Massimiliano Kolbe, martire di Auschwitz
L’8 gennaio 1894 a Zdunska Wola, una cittadina polacca, allora sotto l’occupazione russa, nella famiglia Kolbe nacque un bambino a cui fu dato il nome Rajmund. A tredici anni cominciò a frequentare la scuola media dei francescani a Leopoli e successivamente decise di entrare nell’Ordine francescano: il 4 settembre 1910 divenne novizio, assumendo il nome di Massimiliano e l'anno successivo, il 5 settembre 1911, emise la professione semplice. Lo stesso anno fu mandato a Roma. Conseguì la laurea in filosofia alla Pontificia Università Gregoriana e la laurea in teologia al Collegio Serafico. Il 28 aprile 1918 venne ordinato sacerdote nella basilica di Sant’Andrea della Valle e, il giorno successivo, celebrò la sua prima Messa nella basilica di Sant’Andrea delle Fratte.
A Roma l’inizio del XX secolo fu caratterizzato dall’aggressiva politica anticlericale della Massoneria, apertamente ostile alla Chiesa cattolica. Il giovane francescano polacco osservò con grande sgomento le manifestazioni e i cortei dei massoni con gli striscioni inneggianti a Satana e ingiuriosi verso il Papa. Come reazione a questi attacchi alla Chiesa, padre Kolbe istituì la Milizia dell’Immacolata: la sera del 16 ottobre 1917, in una stanza del Collegio Internazionale dei Frati Minori Conventuali a Roma, in via San Teodoro, Massimiliano, insieme ad altri sei confratelli del Collegio Serafico, fondò la Milizia dell’Immacolata, un movimento mariano di preghiera e d’azione.
Di ritorno in Polonia si dedicò alla diffusione della Milizia nell’Ordine francescano e tra i laici. Nel 1922 diede vita ad una rivista mensile, Il Cavaliere dell’Immacolata, per diffondere nelle anime l’amore per la Madre di Dio. Il 7 dicembre 1927 padre Massimiliano fondò la prima “Cittadella dell’Immacolata” (in polacco Niepokalanów), un grandissimo convento che diventò un importante centro vocazionale per numerosi aspiranti alla vita francescana ma anche un centro d’irradiazione del culto mariano attraverso la stampa.
Ma padre Kolbe ebbe anche un’anima missionaria: nel 1930 partì per il Giappone. Nel mese di aprile approdò in Giappone e raggiunse Nagasaki, dove venne accolto benevolmente dal vescovo della città, mons. Hayasaka, che gli diede il permesso di pubblicare Il Cavaliere dell’Immacolata in giapponese. Il primo numero di Seibo no Kishi (questo è il nome della rivista in giapponese) conteneva, tra l’altro, un articolo sull'Immacolata Vergine Maria e la Medaglia miracolosa, e su santa Teresa di Gesù Bambino, patrona dei missionari. Quando iniziò a pubblicare la rivista, padre Kolbe non conosceva il giapponese: scriveva in italiano e latino e i suoi testi venivano tradotti da confratelli nipponici. All’inizio la stampa del mensile in giapponese fu finanziata con i contributi dei fedeli polacchi raccolti a Niepokalanów. Tornò a Niepokalanów nel 1933 e nel luglio 1936 fu rieletto guardiano del convento nonché direttore della locale casa editrice.
Durante l'occupazione tedesca, cominciata l’1 settembre 1939, le attività del convento furono sospese. Il 19 settembre Kolbe fu arrestato insieme a 34 fratelli, due padri e un seminarista. I frati furono liberati l'8 dicembre e riportati a Niepokalanów. Ma padre Kolbe fu nuovamente arrestato il 17 febbraio 1941 e successivamente deportato nel campo di concentramento di Auschwitz, dove gli fu assegnato il numero di campo 16670. Ma anche da prigioniero nell’inferno di Auschwitz continuò il servizio sacerdotale. Quando il comandante del campo condannò al bunker della fame, per rappresaglia, dieci innocenti, padre Massimiliano, in uno slancio di carità, offrì la sua vita di sacerdote in cambio di quella di un padre di famiglia. Fu l’estrema testimonianza del suo amore per Dio e i fratelli e la realizzazione del sogno del martirio.
Morì il 14 agosto 1941. Fu canonizzato il 17 ottobre 1982 da papa Giovanni Paolo II. È una delle figure più significative e luminose del XX secolo, non solo per la Polonia ma per il mondo intero.
Ecco la storia dei personaggi storici polacchi che i nuovi dirigenti del Museo di Danzica hanno eliminato dall’esposizione sulla Seconda Guerra Mondiale. I dirigenti hanno fornito contorte spiegazioni della loro vergognosa decisione, parlando di ripristino del «racconto originario della storia» voluto dagli autori della mostra. Come se un museo nazionale, dipendente dal Ministero della Cultura, potesse presentare la visione della storia “di privati” che, raccontando le sorti della Polonia e dei polacchi durante la Seconda Guerra Mondiale, non tengono conto di personaggi fondamentali di quel tragico periodo come san Massimiliano Kolbe, la famiglia Ulma e Witold Pilecki. Evidentemente, il governo Tusk vuole riscrivere la storia secondo i dettami del politicamente corretto “europeo”.
2. Fine
Seconda Guerra Mondiale, il Museo di Danzica cancella gli eroi cattolici
La nuova direzione, voluta dal governo Tusk, del Museo della Seconda Guerra Mondiale (Danzica) ha fatto sparire dalla relativa mostra ogni riferimento al capitano Pilecki, a san Massimiliano Kolbe e alla beata famiglia Ulma. Una scandalosa scelta di "riscrittura" della storia.
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