Kenya, dilaga la protesta. I vescovi invitano alla calma
Ascolta la versione audio dell'articolo
Lungi dall'essere quel "pilastro di stabilità", come l'ha definito il presidente Mattarella, il Kenya è di nuovo precipitato nella violenza di strada. È scoppiata la protesta per il caro-vita che mette a dura prova milioni di persone. Raila Odinga, rivale del presidente Ruto, soffia sul fuoco. I vescovi prendono l'iniziativa per promuovere la pace sociale.
Dal 13 al 16 marzo il presidente della repubblica Sergio Mattarella ha visitato il Kenya. Nella capitale Nairobi ha avuto numerosi incontri istituzionali durante i quali ha ripetutamente lodato il paese rinnovando l’impegno a una stretta collaborazione che non ha esitato a definire “esemplare”. “L’Italia considera il Kenya un esempio virtuoso di democrazia e di modello di crescita virtuosa e sostenibile – ha dichiarato durante l’incontro con il presidente kenyano William Ruto – noi siamo accanto al Kenya, un pilastro di stabilità nel continente africano”.
Forse se avesse avuto il tempo di incontrare i vescovi cattolici e di parlare con loro sarebbe stato più cauto nelle sue affermazioni. Il presidente Mattarella aveva appena lasciato il Kenya quando, prima a Nairobi e poi in altre città del paese, è esplosa la collera popolare per il caro vita che sta mettendo a dura prova milioni di persone. Nelle vie del centro di Nairobi e in uno dei quartieri più poveri della capitale, Kibera, migliaia di persone hanno marciato contro il governo il 20 marzo per chiedere interventi di contrasto all’aumento dei prezzi dei generi di prima necessità dovuto alla siccità che da due anni ha colpito il paese e che gli effetti della guerra in Ucraina sta ulteriormente aggravando.
A soffiare sul fuoco, alimentando con una intensa propaganda antigovernativa la delusione e la sfiducia di un numero crescente di cittadini nei confronti dell’esecutivo, ci pensa Raila Odinga, il leader della Azimio la Umoja, la coalizione uscita sconfitta alle elezioni generali del 9 agosto 2022, battuta dal partito Kenya Kwanza e dal suo leader, l’attuale presidente William Ruto. Odinga e la sua coalizione non hanno accettato l’esito del voto. Continuano, benché i loro ricorsi siano stati respinti dalla Corte suprema, a ritenere illegittimo il governo, a denunciare una vittoria di misura ottenuta grazie a brogli e corruzione, forti anche del fatto che sui risultati ufficiali la Commissione elettorale si era divisa, con quattro membri su sette che avevano rifiutato di sottoscriverli. Non ha migliorato il clima politico il fatto che Ruto il 2 dicembre 2022 abbia sospeso dall’incarico i quattro membri della commissione che sono adesso sotto inchiesta, accusati di ave violato la legge, di comportamento gravemente scorretto e di incompetenza.
Odinga ha annunciato proteste ogni lunedì, d’ora in poi. Sono soprattutto, ma non solo, i suoi sostenitori a manifestare con crescente violenza e, come sempre succede in questi frangenti, molti giovani più o meno motivati accorrono, approfittandone per saccheggiare centri commerciali e negozi. Anche una moschea e una chiesa sono andate distrutte nella capitale. Le forze di sicurezza hanno ricevuto ordine di intervenire con ogni mezzo e lo stanno facendo. Hanno usato i lacrimogeni, arrestato quasi 300 persone, inclusi quattro parlamentari. Ma non sono intervenuti per impedire ai dimostranti di invadere, saccheggiare e dare alle fiamme, fatto inaudito, una fattoria di proprietà della famiglia dell’ex presidente Uhuru Kenyatta.
La tensione esplosa in questi giorni covava da mesi, anzi da anni. La sfiducia nel governo – quello attuale come i precedenti – nasce dalla corruzione diffusa, sfrenata, persino ostentata come dimostrazione di potere e forza, tutto sommato accettata e persino apprezzata, ma solo quando al potere arrivano il proprio partito e i leader della propria etnia.
Allarmati per la situazione e per la possibilità che degeneri in scontro incontrollato, i vescovi cattolici hanno deciso di prendere l’iniziativa, di parlare alla nazione, ai politici e alla popolazione. Lo hanno fatto con una lettera firmata dall'arcivescovo di Mombasa, Martin Kivuva Musonde, Presidente della Conferenza episcopale del Kenya. “Facciamo appello a tutti i leader politici kenyani di qualsiasi fazione politica – si legge nella lettera aperta – affinché ci incontriamo, parliamo e dialoghiamo al fine di trovare delle soluzioni. La strada per risolvere eventuali problemi nel nostro paese deve essere esclusivamente quella prevista dalla costituzione. Carestia, fame e costo della vita sono le priorità che il paese deve affrontare e non possiamo rischiare di aggravarli a causa della violenza. Abbiamo moltissimi problemi, criticità, promesse non mantenute, ma dobbiamo sempre rimanere entro i limiti della nostra costituzione, con il dovuto rispetto per il popolo kenyano, per la vita e per ciascun leader”.
Rivolgendosi al leader dell’opposizione Odinga, i vescovi lo esortano: “non strumentalizziamo la miseria, sediamoci insieme! Kenyani, ragioniamo insieme”. La lettera si conclude con un appello alla popolazione: “non dobbiamo tornare su quel sentiero scivoloso che porta alla violenza, non possiamo permettere che il nostro paese regredisca nel disastro. Noi kenyani dobbiamo respingere il veleno dell’odio che sta diventando un luogo comune nelle bocche dei nostri politici e dobbiamo essere pronti a non farci coinvolgere da coloro che ci incitano alla violenza, al fine di distruggere il futuro dei nostri figli”.
Talmente grave appare la situazione che anche l’Unione Africana, di solito restia a interferire nelle questioni politiche dei paesi membri, si è unita ai vescovi cattolici nella richiesta a tutte le forze in campo di mostrare senso di responsabilità e abbassare i toni. Si contano ormai decine di feriti tra i manifestanti e tra gli agenti di polizia, e già tre persone sono state uccise, tra cui uno studente durante una manifestazione a Kisumu, città roccaforte dell’opposizione.