Kasper e il federalismo contraccettivo
Le ultime dichiarazioni del cardinale Kasper, che ha scoperto come i battezzati cattolici non seguono la dottrina della Chiesa sulla contraccezione, puntano a derubricare anche il peccato riducendo la morale a ciò che percepisco. Ma non è quello che diceva Gesù.
Caro direttore,
Ti scrivo di getto dopo avere letto l'articolo riguardo le dichiarazioni del cardinale Kasper nella sessione della Bussola provvidenzialmente dedicata ad informarci su tutto quanto ruota attorno al Sinodo sulla famiglia (clicca qui). Il porporato tedesco ha dichiarato che è in atto uno scisma pratico nella Chiesa che riguarda la dottrina sulla contraccezione di cui egli auspica si parli durante i lavori di ottobre.
Ora, come sai, è questa una tematica di cui mi sono occupato a fondo e ti confesso che trovo strabiliante che Kasper si accorga ora di un fenomeno che è cominciato già agli inizi degli anni '60, che è andato via via aumentando nel periodo conciliare, è poi esploso come aperta contestazione all'enciclica Humanae vitae di Papa Paolo VI ed è proseguito sotto i pontificati di San Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI sotto forma di rimozione silenziosa e pervasiva della dottrina attuata dagli episcopati e dai presbiteri (con lodevolissime, ma sparute eccezioni). E mi pare ancora più sconcertante che non gli venga il dubbio che lo scisma che descrive possa avere a che fare con quei documenti pastorali che i suoi predecessori elaborarono insieme ai colleghi di Austria, Olanda, Belgio, Francia, Canada, per affossare il coraggioso documento di Papa Montini.
Il punto dottrinale che costituisce la pietra d'inciampo è questo: il matrimonio è sacramento, cioè segno efficace dell'azione di Dio che unisce le persone di un uomo e una donna in una comunione di vita esclusiva e irrevocabile. Segno coerente di questa comunione personale è l'atto coniugale, da compiersi soltanto dopo e nell'unione matrimoniale, da conservarsi sempre unitivo attraverso l'apertura alla vita. Considerare lecita la deconnessione dei significati unitivo e procreativo dell'atto coniugale ha una serie di conseguenze: la liceità della fecondazione artificiale (se ci può essere sesso senza procreazione, perché non potrebbe esserci procreazione senza sesso?), l'utero in affitto (perché non la gestazione senza la procreazione?), gli atti omosessuali (perché limitare il sesso non procreativo alla complementarità di uomo e donna?), adulterio (se nell'atto coniugale si può escludere la fecondità, perché non si potrebbe rimuovere l'esclusività?) e aborto (se posso impedire la vita prima, perché non farlo anche subito dopo?).
Dal momento che tutte queste azioni sono state dichiarate un peccato dalla Chiesa sin dagli albori ed oggi invece, per logica interna ci si troverebbe costretti a dichiararle lecite, allora vuole dire che quell'insegnamento andava bene per ieri, ma non per oggi, oppure che addirittura non andava mai bene, perché la Chiesa si sbagliava, mentre i primi ad accorgersi dell'errore sono stati gli anglicani con i luterani subito dietro. Dunque, quando la Chiesa dichiara oggi un determinato comportamento un male potrebbe essere ancora una volta nell'errore e chi lo commette, lungi dall’essere un peccatore, potrebbe rivelarsi un antesignano, se non un profeta. E perché le cose non potrebbero cambiare in futuro anche su ciò che riguarda la teologia dogmatica, o sacramentale? Perché non potremmo negare la transustanziazione?
Che differenza ci sarebbe tra una Chiesa del genere e il Partito Comunista descritto da Giovannino Guareschi: "Contrordine compagni!"? La soluzione presentata dall'eminente porporato teutonico è lasciare fare alle conferenze episcopali, istituzione che non pare possa vantare fondamento teologico. Per la guerra delle lenzuola si prospetta dunque come soluzione la riedizione della pace di Augusta: cuius regio, eius religio. Ora, pensiamo a tutti quelli che staranno in fila in attesa del giudizio eterno con il certificato di residenza in mano e che confabulano tra loro:"Questo dove lo hai fatto? In Germania? Ah, ma allora è derubricato".
"No, io sono Africano mi sa che mi sanzionano". E magari interviene quello davanti che dice: "Sì, ma se sei emigrato e sei morto in Germania, non possono contestartelo come peccato".
"Io sono italiano, dunque devo essere condannato, ma siccome sono di Mazara del Vallo, mi spetta lo sconto di pena", fa quello in fila subito dietro.
Proviamo ad immaginare il povero San Pietro, quanto lavoro di cancelleria, per non parlare poi dei ricorsi! Immaginiamo di volare verso Berlino e sentire una voce che annuncia: "Stiamo per entrare nello spazio aereo tedesco. Si avvertono i signori passeggeri cattolici che l'uso del preservativo è moralmente ammesso per ordine della conferenza episcopale germanica, si augura buona permanenza".
Dunque Kasper scopre che i battezzati cattolici non seguono la dottrina della Chiesa sulla contraccezione e ne vuole discutere al Sinodo. Vorrei fare notare che, accanto a piccole minoranze tenaci e salde nella fede, la maggioranza dei battezzati ha forti difficoltà con il VI comandamento in generale e non perché la biologia dell'uomo abbia subito una trasformazione del DNA da radiazioni nucleari, ma perché con la rivoluzione del '68 si è completato il passaggio da homo sapiens a homo sentiens. L'atteggiamento pastorally correct che viene suggerito dai regressisti è dunque di dire che non è peccato se non lo senti un peccato (non una gran novità, “non est peccatum nisi contra conscientiam”, scriveva Pietro Abelardo nel XII secolo). Eppure Dio ha voluto darci la luce "Fiat lux" e non lasciarci nella nostra oscurità. A Davide manda il profeta Natan per ricordargli la responsabilità della morte del suo generale Uria e l'unione illecita con Betsabea. Nel salmo 19 si legge "liberami dalle colpe che non vedo". Quando San Paolo va all'Areopago non è che lì per lì ha un successone: "Gesù risorto? Su questo ti sentiremo un'altra volta", gli dicono. E che fa l'apostolo, dice forse "aspettate, mi sono sbagliato, volevo dire che me lo sono sognato risorto"? Le sue parole agli abitanti di Corinto, antesignani dei relativisti moderni, chissà come sarebbero sembrate inadeguate secondo i criteri pastorali delle conferenze renane: "Non illudetevi, né idolatri, né adulteri, né sodomiti ...".
Quando Gesù è asceso al cielo, mica ha detto "andate e ascoltate tutti, meglio se con un bel sondaggio". E non mi pare che le sue parole siano state: "Sono venuto a portare ponti, ponti di dialogo", no, "annunciare", sì proprio così, un annuncio che è "una spada", una lama che avrebbe tagliato persino i legami di sangue. Quando poi i suoi stessi apostoli si sono scandalizzati quando ha detto loro che avrebbero mangiato la Sua carne ed il Suo sangue per avere la vita eterna e resuscitare l'ultimo giorno, mica ha detto: "Scherzetto!". No, ricordo bene di avere letto queste parole: "Forse volete andarvene anche voi?". E che fa Pietro? Non dice mica a Gesù "Sai, se questa cosa l'andiamo a dire in giro la gente non ci seguirà". No, siccome ha fede, Gli dice: "Signore, da chi andremo, tu solo hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio". Ora, a dire il vero, pur volendo mettere da parte quel Signore che si chiama Spirito Santo, pur volendo rimanere terra terra ai risultati, non si può negare che anche agli occhi cinici e secolarizzati del Gordon Gekko di Wall Street.
Il confronto apparirebbe impietoso: Gesù parte da solo, non dà retta a nessuno, ne raccoglie una dozzina, dice quel che dice, fa quel che fa e ne raduna attorno a sé miliardi in duemila anni. Questi, in cinquant'anni, si sono mangiati pressoché l'intero patrimonio di fedeli e sono costretti questuanti a domandare a quelli che ancora si aggirano nelle vicinanze il piatto che vorrebbero assaggiare. E nonostante questo ce li ritroviamo a volere fare i giudici a MasterPastor. Credo che se ci fosse il compianto cardinale Biffi, autore di "Il quinto evangelo", domanderebbe loro: "Siete per caso parenti del commendator Migliavacca?".