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CINA

Jimmy Lai è «colpevole»: esito scontato a Hong Kong di un processo-farsa

L'imprenditore ed editore cattolico di Hong Kong, Jimmy Lai, è stato dichiarato colpevole di cospirazione e collusione con forze straniere, accuse per cui è previsto il carcere a vita. Presente nell'aula gremita del tribunale anche il cardinale Zen. Jimmy Lai aveva ricevuto in ottobre dalla Bussola il premio "Fatti per la Verità", ritirato da suo figlio Sebastien.
- DOSSIER: Jimmy Lai, un cattolico contro il Potere

Esteri 15_12_2025 English

«Colpevole». Come era ampiamente previsto. I tre giudici della Corte di Hong Kong hanno trovato Jimmy Lai, l’imprenditore ed editore cattolico in carcere dal 2020 per la sua battaglia in difesa della libertà e della verità, colpevole per tutti e tre i capi d’accusa: due riguardanti la presunta cospirazione e collusione con forze straniere in base alla Legge sulla sicurezza nazionale che il governo cinese ha imposto a Hong Kong nel 2020 per reprimere il movimento democratico; il terzo per aver pubblicato materiale sedizioso sul suo giornale Apple Daily, che le autorità hanno chiuso d’imperio nel 2021.

Per le due accuse di cospirazione è previsto il carcere a vita, ma bisogna dire che anche una detenzione limitata significherebbe la morte in prigione per Jimmy Lai, che lo scorso 8 dicembre ha compiuto 78 anni e ha gravi problemi di salute - diabete e ipertensione – che stanno rapidamente peggiorando a causa delle condizioni in prigionia. Sulla pena concreta che gli verrà addebitata inizierà ora un altro procedimento, con una prima udienza già fissata per il 12 gennaio 2026. Gli avvocati difensori hanno detto che Jimmy non ha ancora deciso se farà appello contro il verdetto di colpevolezza.

Jimmy Lai, a cui è stato assegnato alla Giornata della Bussola lo scorso 25 ottobre il premio “Fatti per la Verità” (ritirato da suo figlio Sebastien), ha ascoltato immobile il verdetto e le parole della giudice Esther Toh che lo ha accusato di aver sempre nutrito «risentimento e odio» nei confronti della Cina. Nell’aula stracolma erano presenti anche sua moglie Teresa, il figlio Augustin e il cardinale Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong e lui stesso simbolo della lotta per la libertà di Hong Kong e della Chiesa nonché grande amico di Jimmy Lai, che ha ricevuto nella Chiesa cattolica nel 1997 (nella foto LaPresse, il loro arrivo insieme in tribunale). Una grande folla ha atteso il verdetto anche all’esterno del tribunale, a testimonianza del sostegno della popolazione locale per colui che è considerato il simbolo della battaglia per la democrazia a Hong Kong.

E come tale è giudicato dal regime cinese, come dimostrano le prime reazioni alla sentenza. L’Ufficio cinese per la sicurezza nazionale con sede a Hong Kong ha rilasciato un comunicato definendo Lai «un burattino delle forze esterne anti-cinesi» che ha tentato una «rivoluzione colorata» nella città. «Condanniamo fermamente la manipolazione politica di Hong Kong da parte di un piccolo numero di politici occidentali e media anti-cinesi con il pretesto dei ‘diritti umani’ e della ‘libertà’, che scagionano esplicitamente Jimmy Lai».

E di fronte alle proteste internazionali per questo processo che si trascina da tre anni, il ministero degli Esteri cinese ha duramente condannato i Paesi che «diffamano» il sistema giudiziario di Hong Kong, esortando al rispetto della sovranità della Cina. La stessa Cina, bisogna aggiungere, che nel trattato firmato con il Regno Unito per il ritorno dell’ex colonia britannica nel 1997, aveva garantito per 50 anni autonomia a Hong Kong sotto lo slogan “Un Paese, due sistemi”. Promessa, neanche a dirlo, immediatamente tradita e ne è prova proprio la Legge sulla Sicurezza nazionale, con conseguente arresto e processo a Jimmy Lai oltre che ad altri esponenti democratici di Hong Kong.

«È un processo farsa e un atto vergognoso di persecuzione», ha infatti commentato il verdetto odierno Beh Lih Yi, direttore dell’area Asia-Pacifico della Commissione  per la Protezione dei Giornalisti: «La sentenza sottolinea il totale disprezzo di Hong Kong per la libertà di stampa - ha affermato - L'unico crimine di Jimmy Lai è quello di dirigere un giornale e difendere la democrazia».

Il caso ha anche una grossa ripercussione internazionale. Il ministero degli Esteri britannico ha prontamente condannato la «persecuzione politica» di Jimmy Lai, mentre si ricorderà che il presidente americano Donald Trump aveva in ottobre dichiarato di aver sollevato il caso di Jimmy Lai nel corso del vertice con Xi Jinping, chiedendone la liberazione.

Anche il governo italiano, in occasione della presenza di Sebastien Lai in Italia per la Giornata della Bussola, ha chiesto la liberazione di Jimmy Lai con un comunicato dell’inviato speciale del Ministro degli Esteri per la promozione della libertà religiosa, Davide Dionisi, che ha personalmente incontrato il figlio dell’imprenditore di Hong Kong.