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HONG KONG

Jimmy Lai, perché mobilitarsi per la sua liberazione

La testimonianza del figlio Sebastien alla Giornata della Bussola è un appello ai governi occidentali per fare pressione sulle autorità cinesi, ma è stata anche l'occasione per comprendere le radici della vera libertà, un tema che riguarda tutti.
- The HongKonger, il trailer (Sottotitolato in italiano)

Editoriali 27_10_2025

«Liberare Jimmy Lai è ormai una questione umanitaria e spero che la pressione internazionale convinca le autorità cinesi a rilasciarlo, anche espellendolo da Hong Kong». L’appello è salito forte dal palco della Giornata della Bussola svoltasi sabato 25 ottobre nella cornice della Cascina La Lodovica di Oreno di Vimercate. A lanciarlo è stato Sebastien Lai, il figlio dell’imprenditore ed editore cattolico da 5 anni in carcere a Hong Kong per la sua battaglia in difesa della libertà e della democrazia nell’ex colonia britannica ritornata sotto l’autorità cinese nel 1997.

Del caso Jimmy Lai abbiamo parlato più volte sulla Bussola, compreso l’ultimo processo a cui è stato sottoposto, per «collusione con potenze straniere», le cui udienze sono terminate nell’agosto scorso e di cui si attende il verdetto. Nessuno si fa illusioni, «sarà di colpevolezza» come ci ha detto Sebastien, il che vuol dire carcere a vita, una vera e propria condanna a morte. Perché Jimmy Lai compirà in dicembre 78 anni, ha problemi di diabete, vive in isolamento assoluto in una cella che di estate diventa un forno, appena 45 minuti al giorno di aria, e si può immaginare quale attenzione ci sia alla sua salute.

Il presidente americano Donald Trump e il premier britannico Keir Starmer hanno promesso di impegnarsi per chiedere la sua liberazione, ma è necessario che altri governi - compreso quello italiano – facciano la loro parte e che le opinioni pubbliche dei Paesi occidentali si mobilitino. Grazie alla Bussola, che ha invitato Sebastien Lai in Italia, le più importanti testate giornalistiche nazionali hanno potuto intervistarlo e fare conoscere la storia e la situazione di quello che abbiamo definito un «martire per la verità».

Ma non potremo dirci soddisfatti finché l’obiettivo della sua liberazione non sarà raggiunto, anche se al prezzo di lasciare Hong Kong. Cosa non da poco, visto che – come abbiamo raccontato – Jimmy Lai è voluto rimanere ad Hong Kong sapendo di andare sicuramente incontro al carcere.

E al proposito abbiamo chiesto a Sebastien ragione di questa apparente contraddizione: perché oggi suo padre accetterebbe l’esilio quando poteva lasciare Hong Kong tranquillamente cinque anni fa ma rimase spiegando la decisione con queste parole: «Se me ne andassi, io rinuncerei non solo al mio destino, rinuncerei a Dio, rinuncerei alla mia religione, rinuncerei a ciò in cui credo»?
«Le cose sono molto cambiate in questi cinque anni – ci ha risposto Sebastien -: allora mio padre si sentiva responsabile nei confronti di tutti i suoi giornalisti e di quanti lo seguivano nella sua battaglia per la libertà. Se se ne fosse andato avrebbe messo in pericolo loro, su di loro si sarebbero concentrate le “attenzioni” del regime. Oggi è molto diverso: se Jimmy Lai lasciasse Hong Kong nessuno sarebbe in pericolo per questo». Bisogna infatti ricordare che nel 2020 a Hong Kong si era ancora in mezzo alle grandi dimostrazioni per la democrazia, e in effetti Jimmy Lai e il suo giornale Apple Daily – che poi le autorità hanno chiuso con la forza nel 2021 - hanno costituito una sorta di parafulmine per le decine e decine di migliaia di dimostranti.

Ma la partecipazione di Sebastien Lai alla Giornata della Bussola ha messo in evidenza l’aspetto determinante per cui siamo particolarmente interessati a suo padre. Perché Jimmy Lai non è soltanto il simbolo di una battaglia per la libertà o di un giornalismo libero e contro il potere. Non sarebbe certo l’unico. Tanto per fare un esempio, il 24 ottobre a Vienna Jimmy Lai è stato premiato tra gli “eroi della stampa libera” insieme ad altri sei giornalisti di vari Paesi.

Gli eroi non mancano, persone che si immolano per un ideale buono ce ne sono in abbondanza. Ma il caso di Jimmy Lai è diverso ed è tutto nella motivazione del premio “Fatti per la Verità”, che abbiamo istituito quest’anno e che gli abbiamo conferito: «Dal momento della conversione alla fede cattolica, la sua battaglia per la democrazia e la libertà si è trasformata in una testimonianza alla Verità, fino ad accettare il carcere. Un martirio accettato nel­la consapevolezza che la libertà non sta anzitutto nello sfuggire a un potere totalitario ma nel testi­moniare ed essere fedeli alla Verità».

Ciò che rende affascinante ed esemplare questa figura è il fatto che essa testimonia che degli ideali, pur giusti, trovano la loro vera dimensione e consistenza soltanto dentro un orizzonte più ampio, che spalanca all’eterno; che il coraggio non è frutto di un eroismo che è per pochi, ma è fedeltà alla Verità di sé che chiunque può vivere; che la libertà non è semplicemente un obiettivo politico ma l’esito dell’appartenenza a Cristo. E Sebastien, nella testimonianza data alla Giornata della Bussola – e che nei prossimi giorni potrete rivedere sul nostro canale Youtube – ci ha spiegato come questi anni di carcere siano stati per il padre un tempo in cui questo rapporto con Dio è diventato più intenso e profondo, attraverso la preghiera e la lettura di catechismo e santi.

La battaglia per la libertà e la democrazia, che nasce anzitutto come gratitudine per quanto ricevuto da Hong Kong, lui fuggito dalla Cina comunista da bambino, per Jimmy Lai si è trasfigurata in una partecipazione alla croce di Cristo. Non a caso il crocifisso è il tema principale dei disegni fatti in carcere da Jimmy Lai – fin quando non gli hanno negato anche questa possibilità -; e non a caso il crocifisso è anche il soggetto della ceramica dell’artista riminese Paola Ceccarelli, che costituisce il premio “Fatti per la Verità” a lui assegnato.



INTERVISTA/PADRE SIRICO

«Jimmy Lai, perseguitato dalla Cina, abbandonato dal Vaticano»

Mentre Hong Kong irrigidisce la legge sulla sicurezza nazionale, il famoso dissidente cattolico rischia di restare in galera a vita. Padre Robert Sirico ha partecipato a una udienza del suo processo: «Mi ha visto, l'ho benedetto e si è commosso». Un crocifisso disegnato in carcere è ora esposto all'Università Cattolica di Washington. La vicinanza del cardinale Zen e il silenzio di Roma e della Chiesa di Hong Kong.

THE HONG KONGER

Un documentario su Jimmy Lai, eroe cattolico della libertà

20_10_2023 Mirko Testa

Robert Sirico, cofondatore dell'Acton Institute, ha presentato a Roma The Hong Konger da lui prodotto, film su Jimmy Lai, dissidente perseguitato, cattolico, ex magnate dell'editoria di Hong Kong. Non si nasconde la delusione per il soft power del Vaticano nei confronti del regime comunista.