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IL CASO

Jihadisti, amici di Che Guevara

Nell'intervista concessa alla tv francese, i genitori del terrorista di Strasburgo si sono presentati come perfetti salafiti, ma il padre - Abdelkrim Chekkat - aveva anche un cappellino di Che Guevara. Quali strani legami ci sono tra jihadisti e il Che?

Esteri 21_12_2018
I genitori del terrorista di Strasburgo

Sguardo sommesso e un velo di vergogna misto alla tristezza per il figlio ucciso. Ma poi neanche troppa. Così il papà e la mamma del terrorista islamico dei mercatini di Natale di Strasburgo si sono presentati alle telecamere della televisione francese, che pochi giorni fa li ha raggiunti. Un'intervista che ha fatto il giro del mondo, sebbene ci si aspettava qualcosa di più succulento da dare in pasto a lettori e telespettatori. 

Poche battute, soprattutto per la mamma che in favore di telecamera ha sfoggiato un bel  niqab -  il velo che copre il volto lasciandone visibili gli occhi - e che, nonostante viva in Francia da oltre vent'anni, non conosce una parola di francese, ma ha fatto in modo di mandare chiaro il messaggio di aver preso la morte del figlio con il distacco che s'addice al vero credente - "Dio lo voleva". 

Sono stati intervistati entrambi solo dopo il rilascio del padre che è stato trattenuto per qualche giorno insieme ad altri suoi figli per un lungo interrogatorio dell'anti-terrorismo. E a rapire l'attenzione dei più attenti è stato proprio Abdelkrim Chekkat, il padre del terrorista che aveva provato la fuga. L'uomo, infatti, alle telecamere, s'è presentato con un cappellino di Che Guevara - che non ha mai levato in nessuna delle interviste - e una barba lunga di un rossiccio tendente all'arancione. 

Mentre il signor Chekkat racconta ai giornalisti che se lo avesse saputo prima avrebbe fermato il figlio, che ha provato a mandargli qualche messaggino mentre era in fuga e che sapeva - perché Cherif glielo aveva confidato - che aveva aderito all'Isis, risulta difficile riuscire a non farsi qualche domanda sul perché un musulmano scelga d'indossare un cappellino dedicato al Che, l'eroe del comunismo moderno mondiale. 

Anzitutto va notato che gli ex coniugi Chekkat - i due hanno divorziato parecchi anni fa e Abdelkrim ha avuto dodici figli da due mogli - appaiono come due perfetti salafiti. Lei in niqab e lui in  barba lunga e "selvaggia", con i baffi rasati, e una tintura all'henné, in una varietà di colori dal marrone all'arancione: tutti richiami al modo in cui il profeta Maometto portava la barba 1400 anni fa. 

Salafismo a parte, che cosa c'entra il Che con l'islam?
Che Guevara con l'islam ha in comune sicuramente la capacità d'aver insinuato nelle menti occidentali quel subdolo meccanismo psicologico di chi, in quanto nemico della libertà, è capace d'indurre a far accettare una servitù volontaria: il Che era la negazione di libertà e pace, e lo stesso si può dire dell'islam con il suo jihad e il paradiso promesso a chi uccide.  

Che Guevara che tanto s'è sforzato d'abbattere il capitalismo, è oggi ridotto al più classico dei marchi capitalisti (tazze, indumenti, borse, persino confezioni di the alle erbe). Allo stesso modo l'islam che da sempre si batte per distruggere il cristianesimo nel continuare a fare stragi d'innocenti, lascia moltiplicare le croci conficcate nella terra in loro memoria. Il guerrigliero sud americano è, dal giorno dopo la sua morte, un vessillo di giustizia e di ribellione contro gli abusi del potere. In Libano, quanti protestavano contro la Siria intorno alla tomba dell'ex primo ministro Rafiq Hariri avevano con sé l'immagine del Che. A Dheisheh, in Cisgiordania, nel campo profughi, tra gli omaggi all'intifada campeggia anche qualche poster del caudillo. Un nemico comune? 

E' certo intanto che leggendo i diari che Ernesto Guevara, con una certa - sommaria - onestà ha scritto, un'assonanza con Bin Laden si percepisce. Le testimonianze scritte dal primo raccontano le sue crudeltà e le giustificano pure: nell'aprile del '67 sintetizzò il suo sanguinario 'Messaggio alla Tricontinentale' ne «l'odio come fattore di lotta - l'odio intransigente contro il nemico - che spinge oltre i limiti naturali dell'essere umano e lo trasforma in una reale violenta, selettiva e fredda macchina per uccidere». Esternazione che tanto assomiglia a quella di Osama bin Laden all'indomani dell'attentato dell'11 settembre: «Ci sono due tipi di terrore, buono e cattivo. Quello che pratichiamo noi è terrore buono. Non cesseremo di uccidere loro [gli americani] e chiunque li appoggi». 

Durante e dopo la lotta armata contro il regime di Batista, Che Guevara assassinò personalmente, o supervisionò l'esecuzione, di alcune decine di nemici accertati della rivoluzione. Quale differenza nelle esecuzioni imposte agl'infedeli da bin Laden e dai jihadisti odierni?

Nel 1958, dopo aver invaso la città di Sancti Spiritus a Cuba, il Che provò invano d'imporre una specie di shari'a: uso dell'alcool regolamentato e rapporti tra i sessi ridimensionati. In quello stesso periodo ordinò anche ai suoi di rapinare le banche del Paese, iniziativa che tanto ricorda il Maometto del 622, che a Medina organizzava spedizioni volte a intercettare le carovane che commerciavano con La Mecca. 
Il primo campo di lavori forzati - nato come centro di volontariato - fu a Guanahacabibes, a nord di Cuba, alla fine del 1960. Precursore di una sistematica pratica di confino nella provincia di  Camagüey per dissidenti, omosessuali, cattolici, sacerdoti pensata dal Che.
Per sapere cosa pensi, invece, l'islam dell'omosessualità basta sfogliare il Corano oppure, se è più comodo, leggere la cronaca della storia moderna cecena per rendersi conto anche di quale sia il destino sulla terra che viene loro riservato: torture e sevizie. 

Forse è per tutto questo che il papà del terrorista islamico di Strasburgo s'è presentato ai francesi con il cappellino del Che. Avrà notato una certa assonanza nel modus operandi; quanto all'ideologia, quella sì, in alcuni punti differisce.