Jayabalan: cattolico e capitalista, si può ancora
Essere cattolici e favorevoli al libero mercato è possibile? La domanda si pone dopo l'enciclica Laudato Sii, con la sua dura critica al sistema capitalistico. Think tank come l'Acton Institute, sono però promotori di una visione che coniuga libertà economica e cattolicesimo. Ne abbiamo parlato con Kishore Jayabalan, il suo direttore in Italia.
La pubblicazione dell'enciclica Laudato si' ha riacceso il dibattito anche sul ruolo del libero mercato nella lotta alla povertà e nella «cura della casa comune», per usare l'espressione dell'enciclica di Papa Francesco. Il think tank cattolico statunitense Acton Institute, che promuove le idee del libero mercato alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa, si è così trovato al centro di critiche, anche nell’ultimo libro di Andrea Tornielli e Giacomo Galeazzi, Papa Francesco, questa economia uccide. L’accusa è profonda: l’ambiente cattolico americano favorevole al libero mercato sarebbe in stridente contrasto con l’insegnamento sociale cattolico, non solo di Papa Francesco con l’enciclica Laudato Sii e l’esortazione evangelica Evangelii Gaudium, ma anche di tutti i suoi predecessori. Ne abbiamo parlato con Kishore Jayabalan, americano di origine indiana, direttore dell’Acton Institute di Roma e già collaboratore del Pontificio consiglio per la Giustizia e la pace.
Dottor Jayabalan, Laudato Sii è un’enciclica contraria alla visione dell’economia e della società come quella promossa dall’Acton Institute?
All’inizio del pontificato pensavamo che il Santo Padre volesse incoraggiarci, volesse spronarci a comportarci in modo più etico nell’economia, come avevano fatto Benedetto XVI e San Giovanni Paolo II prima di lui. Il Papa emerito e il suo grande predecessore avevano più volte contestato un certo modo immorale di fare economia. Invece Papa Francesco è sempre più chiaro nella sua contestazione, anche in questa enciclica: attribuisce la responsabilità dei problemi dell’ambiente al sistema in quanto tale. Dunque: al commercio e alla sua globalizzazione, al fatto che anteponiamo il nostro interesse economico e il profitto a tutto il resto, al consumismo, al super-sviluppo e a quello che intende come un gioco a somma zero: se ci sono dei poveri, è perché sono i ricchi a sfruttarli, dunque anche il benessere che noi abbiamo è ottenuto al prezzo dell’immiserimento di altri popoli. Questo pensiero non è esclusivo del Papa, ma è la tendenza dominante nel pensiero post-moderno, adottato anche da gran parte dei cristiani. Ai giorni nostri, la gente è generalmente insoddisfatta della sua vita e della sua condizione economica, non abbiamo trovato una soluzione a tutti i problemi attuali della vita sociale. In questo senso non possiamo non essere d’accordo con il Papa. Tuttavia, piuttosto che condannare il capitalismo di libero mercato, sarebbe meglio proporre dei miglioramenti di questo sistema, come nella miglior tradizione della Dottrina Sociale.
La Dottrina Sociale, attualmente, viene vista da non pochi opinionisti cattolici come un’alternativa al libero mercato. È d’accordo?
Il pensiero sociale della Chiesa non ha mai avuto l’obiettivo di distruggere il sistema di mercato per sostituirlo con un altro modello. La Dottrina non è un modello economico. Lascia liberi gli uomini di organizzarsi come meglio credono, non solo per rispettare la libertà, ma anche per adattarsi al meglio alle circostanze della vita quotidiana. I problemi degli Stati Uniti non sono gli stessi dell’India, dell’Italia o dell’Argentina. Non sarebbe possibile un’autorità mondiale che propone soluzioni pratiche adattabile a tutti. Piuttosto, i cristiani e tutte le persone di buona volontà, negli Usa, in India, in Italia e in Argentina, sono loro che possono suggerire e mettere in pratica le migliori soluzioni ed è un compito che spetta soprattutto ai laici più esperti. Nel libro-intervista di Tornielli e Galeazzi ho letto che i “critici” del Papa non avrebbero capito né il marxismo né la Dottrina Sociale della Chiesa. Sono un po’ stupito di questa considerazione. Anche i marxisti avevano proposto la loro soluzione, avevano creduto di individuare l’origine dei problemi nella proprietà privata e avevano cercato di abolirla. Ma i risultati di questa soluzione sono sotto gli occhi di tutti, anche oggi, in Corea del Nord, a Cuba e in Venezuela. E anche in Unione Sovietica, fino a venticinque anni fa. Tornando alla Dottrina Sociale della Chiesa, invece, l’enciclica Centesimus Annus specifica esplicitamente che non si tratta di una “terza via”, non è un nuovo modello economico.
I cattolici, in Italia e in Europa soprattutto, hanno però sempre cercato una “terza via”. Ma esiste, è almeno concepibile, un modello alternativo a capitalismo e socialismo?
Potrebbe anche esserci, ma non sarebbe una caratteristica del cattolicesimo, non può esistere una “terza via cattolica”, non avrebbe senso, perché, come ho detto, la Dottrina Sociale, non è un modello economico alternativo al capitalismo, ma una serie di indicazioni morali. Al giorno d’oggi, tra l’altro, non vediamo grandi alternative al capitalismo. In Cina stanno cercando di combinare un sistema politico comunista con uno economico gradualmente sempre più aperto al mercato. E’ una terza via? Si deve trovare sicuramente un’altra parola per definire quel sistema, ma non sembra un’alternativa radicale al socialismo e al capitalismo. In un periodo storico come quello che stiamo vivendo, comunque, non ci sono all’orizzonte né grandi pensatori in grado di concepire nuovi sistemi, né grandi rivoluzioni che possano crearne i presupposti. Ed è meglio così, perché le rivoluzioni dei tre secoli passati sono stati sempre fenomeni estremamente sanguinosi.
I sostenitori del libero mercato non possono più dirsi dei buoni cattolici?
Non credo sia possibile affermarlo, è un’esagerazione. La Centesimus Annus, dal mio punto di vista, è e resta il documento più importante in merito. E’ stata scritta subito dopo la caduta del Muro di Berlino. Non era una celebrazione del capitalismo. Se il sistema del mondo libero ha vinto, si è trattato di una vittoria risicata. L’enciclica conteneva anche una serie di moniti rivolti al mondo capitalista: il relativismo e il rischio che si trasformasse in una dittatura subdola, l’idea che sia una maggioranza a poter votare (o comprare) la realtà. Il capitalismo non va accettato acriticamente, va aggiustato e nel mercato abbiamo il dovere di comportarci in modo etico. Questo è sempre stato il messaggio della Chiesa. Questo Papa va oltre e contesta il sistema in sé. Di fronte a questa critica, non c’è che ascoltare, imparare e dialogare.