Italia's got Talent, non ha vinto il cantante, ma il gender
Il talent show di Sky è stato vinto da un ragazzo che sembra una ragazza. Sorge il fondato dubbio che non abbia vinto il cantante, ma il gender. Ormai è di moda, fa parte del life style predominante. Ormai sa di trovata vecchia, stantia, non rivoluzionaria ma solo borghesotta e un po’ provinciale.
Che caso. Italia’s Got Talent, il talent show di Sky, è stato vinto da un ragazzo che sembra una ragazza. Il suo nome è Antonio Vaglica. Sorge il fondato dubbio che non abbia vinto il cantante, ma il gender. Ormai è di moda, fa parte del life style predominante, pervasivo ed anche perverso. Per rimanere all’ambito canoro, basta citare Concita Wurst, vincitore con la sua barba e le sue gonne dell’Eurofestival. Poi abbiamo i plurimi baci gay di Achille Lauro sul palco dell’Ariston e Victoria de Angelis dei Maneskin che ha tendenze lesbiche. Insomma pare scontato concludere che se sei omosex, transgender, non binario o una delle moltissime varianti neolinguistiche che riguardano l’orientamento sessuale e l’identità psicologica sessuale allora sei cool. Una volta valeva la spintarella del potente di turno, ora vale più la spintarella del politicamente corretto.
Ma la cosiddetta fluidità di genere e di orientamento in realtà è una variazione di un principio base dello show business vecchio come il mondo: devi far parlare di te. In origine, all’epoca di Elvis, bastava un abbigliamento bizzarro e qualche mossa pelvica audace per uscire dal cono d’ombra. Poi non è bastato più ed è stato necessario alzare l’asticella: meglio se fedifrago, nomade sessuale (ma ancora etero). Ancor più apprezzabile se eri dedito all’alcol: qualche disco in più potevi venderlo. Successivamente dovevi essere drogato e, se morto per overdose, meglio. Oggi non sanno più cosa inventarsi e quindi si prende a badilate di letame la Chiesa, ci si inventa di essere fluidi e gai, tutto pur di sfuggire alle etichette preconfezionate finendo invece nello stereotipo dominante. Inoltre, ammettiamolo: al netto della legittima e doverosa riprovazione, risulta essere tutto abbastanza noioso e prevedibile, anche a detta di chi non mette mai piede in chiesa e non intinge mai la sua mano nell’acquasantiere (oggi ancora vuote).
E qui sta il germe di speranza: l’effetto rigetto per overdose di eccesso. Il troppo stroppia, si sa. Quello che spacca – come direbbero i Millennials – è ormai la normalità, non intesa nel senso di “fenomeno comune”, ma intesa come “aderente alla natura dell’uomo”. Le femministe, che pur hanno contribuito in modo massivo a questa macedonia sessuale e alle femminilizzazione del maschio, da tempo protestano che l’uomo con la U maiuscola si è estinto, ossia l’uomo vero, fosse anche alfa.
Quei pochi che ci sono - ossia quegli esemplari che sono fermi e chiari nelle loro posizioni, che sono responsabili delle loro scelte nel bene e nel male, che nonostante la paura dell’insuccesso, della derisione, etc. hanno il coraggio di intraprendere nuove vie, che sanno ascoltare e anche commuoversi, che sanno essere seri e brillanti, teneri e rudi nei tempi giusti, che hanno rispetto di tutti ma timore solo di Dio, che sono disposti a dare la propria vita per ciò che vale più della loro vita, moglie, figli, Patria e Dio compresi, che non si tirano indietro nel voler cantare note fuori dal coro del mainstream, che vogliono farsi querce nei giorni assolati estivi per regalare ombra e frescura agli altri – ecco questi esemplari hanno la fortuna di stravincere, ad esempio, nella vasta prateria degli affetti perché non hanno più concorrenza.
Infatti questa prateria è ormai disabitata dalla virilità e abitata per lo più dalla fragilità, dall’incertezza, dalla paura, tutte patologie che infettano il maschio. Tutti hanno ormai timore di non essere compresi, di essere discriminati, tutti che si lamentano, che non si sentono apprezzati, che fanno i bulli, gli arroganti e i violenti perché il debole o è vittima oppure carnefice.
Allora, per paradosso, ben venga la vittoria ai talent show e ai festival canori di chi è maschio ma non si sente uomo, sia perché ormai sa di trovata vecchia, stantia, non rivoluzionaria ma solo borghesotta e un po’ provinciale e dunque una trovata che si condanna da sola, sia perché i maschi che si sentono uomini emergeranno, saranno notati come un filo d’erba nel deserto. Saranno originali non perché estrosi come il ragazzino che ha vinto Italia’s Got Talent, ma perché autentici. In un mondo dove tutti cercano se stessi e incontrano solo brutte copie di sè, trovarsi è facile. Basta essere uomini e donne. Basta essere cavalieri e principesse.