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MEDIO ORIENTE

Israele, verso una terza Intifadah

Israele rischia una terza Intifadah, una terza guerra interna con i palestinesi, dopo quelle del 1987 e del 2000. La causa, come nel 2000, è sempre la Spianata delle Moschee, che per gli ebrei è il Monte del Tempio. Fra gli islamici palestinesi si è diffusa la voce e il sospetto che gli ebrei volessero accedere alla Spianata e ne precludessero l'accesso ai musulmani. Di qui è nata una nuova ondata di violenze tuttora in corso.

Esteri 06_10_2015
Scontri a Gerusalemme

Israele era rimasto relativamente ai margini dell’ondata di violenze nel Medio Oriente. Dalla metà di settembre non lo è più e dall’inizio di ottobre si assiste ad una tale escalation di violenza che alcuni analisti parlano già di “terza Intifadah”, dopo quelle del 1987 e del 2000.

L’ondata di violenze non è una mera “spirale di violenza”, definizione amata dai media per descrivere un susseguirsi di violenze e rappresaglie incrociate. E’ uno scontro religioso vero e proprio, attorno al luogo che è al tempo stesso il più sacro per l’ebraismo e il terzo più sacro per l’islam: il Monte del Tempio (per gli ebrei) o Spianata delle Moschee (per i musulmani). Dopo aver raccolto prove e indizi che gruppi di estremisti islamici stessero preparando aggressioni contro gli ebrei in preghiera al Muro Occidentale, in vista del capodanno ebraico (14-15 settembre), il governo israeliano ha emesso ordini restrittivi. L’8 settembre scorso il ministro della Difesa Moshe Yaalon ha firmato un decreto per bandire dalla Spianata delle moschee i gruppi musulmani dei Murabitun e delle Murabatat. Si tratta di corpi di volontari a guardia della moschea Al Aqsa, in teoria per difenderla dagli “estremisti ebrei”, ma di fatto per implementare il divieto ai non musulmani di recitare preghiere non islamiche all’interno della spianata delle Moschee. In risposta al provvedimento, un gruppo di palestinesi ha eretto barricate davanti alla moschea Al Aqsa nella notte tra il 12 e il 13 settembre, provocando l’intervento armato delle forze di sicurezza israeliane nel luogo sacro dell’islam. Ed è scoppiato lo scontro vero e proprio, che in tre giorni, a cavallo del capodanno ebraico, ha causato ben 110 feriti.

L’Autorità Palestinese, anche in vista della partecipazione di Abu Mazen all’Assemblea delle Nazioni Unite, ha alzato i toni della retorica. A proposito della Spianata, il presidente dell’Ap ha dichiarato che non avrebbe più permesso agli ebrei “di profanare Al Aqsa (la moschea della roccia del “viaggio miracoloso” di Maometto, ndr)”. Sui social network e nei media palestinesi si è diffusa la convinzione che le autorità israeliane volessero chiudere la Spianata delle Moschee ai musulmani. A due settimane dagli scontri più duri a Gerusalemme, sono ripresi gli attacchi. Anche qui non è casuale la loro coincidenza con altre festività ebraiche: tra domenica sera e martedì sera si celebrano le festività ebraiche di Shemini Atzeret e Simchat Torah, che con concludono la settimana di Sukkot

Il 2 ottobre, una coppia di israeliani, Eitam e Naama Henkin, marito e moglie poco più che trentenni, sono stati uccisi a sangue freddo in un attacco a colpi d’arma da fuoco contro la loro auto, sulla strada tra Itamar e Elon Moreh, vicino al villaggio palestinese di Beit Furik, in Cisgiordania. L’auto è stata crivellata di colpi, quando ha rallentato per affrontare una curva, da almeno due uomini a bordo di un altro veicolo. Miracolosamente salvi, ma sotto shock, quattro figli tra i quattro mesi e i nove anni d’età, che si trovavano sul sedile posteriore. Un portavoce di Hamas ha celebrato l’attentato dalla “valorosa resistenza”, definendo “eroico” l’assassinio dei due civili ed esortando i suoi membri a effettuare altri attacchi contro gli israeliani. Lo stesso giorno è stato arrestato a Hebron un palestinese 15enne che aveva lanciato pietre contro l’auto di una famiglia israeliana di Tekoa, in Cisgiordania: feriti una madre e un figlio, illesi il padre a altri due bambini. Sempre giovedì, la polizia israeliana ha fermato un 12enne arabo di A-Tur, a Gerusalemme , che appena uscito da scuola aveva lanciato pietre contro le auto di passaggio.

Sabato 4 ottobre, due israeliani sono stati uccisi da un palestinese nei vicoli della Città Vecchia di Gerusalemme; gravemente ferita una donna di 22 anni che aveva con sé la figlia di due anni. Ferito anche un terzo uomo sui vent’anni. Le due vittime sono Aharon Bennett (Banita), 22 anni, padre della bambina, e il rabbino Nechamia Lavi, 41 anni. La famiglia è stata aggredita mentre si recava a pregare al Muro Occidentale (“del pianto”). Il rabbino è stato ucciso quando è intervenuto per difendere gli aggrediti. Il terrorista, Mohand Halabi, di Ramallah, ha iniziato anche a sparare verso un gruppo di turisti con la pistola presa a una delle vittime, prima di essere ucciso dall’intervento della polizia.

Domenica è avvenuto un secondo attacco in meno di 12 ore a Gerusalemme. Un 15enne israeliano è stato ferito a colpi di coltello al petto e alla schiena da un palestinese che ha poi cercato di dileguarsi, ma è stato raggiunto e ucciso da agenti di polizia. Nello stesso giorno, nel Sud di Israele, alcuni razzi sono stati lanciati dalla striscia di Gaza. Uno è esploso in una zona non edificata a Eshkol, l’altro è ricaduto all’interno del territorio palestinese. La rivendicazione dà parecchi pensieri all’intelligence israeliana, perché non è firmata da Hamas, ma dalla Brigata Omar Hadid, un gruppo salafita affiliato allo Stato Islamico (Isis). Da qualche tempo la Brigata Omar Hadid compete con Hamas per il controllo su Gaza.

Anche i palestinesi, da ieri, piangono due loro caduti, per i quali giurano vendetta: domenica è morto Hudhayfah Ali Suleiman, un giovane di 18 anni originario di Bal’a, colpito dai proiettili israeliani durante uno scontro a Gerusalemme e, ieri, Abdel Rahman Shadi, 13 anni, colpito da un proiettile durante gli scontri di fronte alla tomba di Rachele, a Betlemme. I loro funerali sono preludio di una nuova ondata di manifestazioni che si trasformeranno, con tutta probabilità, in altrettanti scontri con le forze dell’ordine israeliane.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, appena rientrato dal vertice Onu a New York, ha subito convocato d’urgenza i vertici della sicurezza. Tra i primi provvedimenti presi, l’accelerazione nella “distruzione delle case dei terroristi”. In precedenza erano entrate in vigore restrizioni per due giorni all’accesso alla Città Vecchia di Gerusalemme: l’entrata è consentita solo agli israeliani, ai turisti, ai residenti dell’area e ai commerciali, oltre che agli studenti, mentre la Spianata delle Moschee è vietata ai minori di 50 anni (donne escluse). Era iniziata così anche la scorsa Intifadah, quella iniziata nel 2000 e terminata gradualmente fra il 2004 e il 2005 dopo essersi lasciata dietro una scia di 1000 morti israeliani e 5500 palestinesi.