Israele, come la tensione continua ad aumentare
Già aumentano violenze di piazza e attentati contro Israele. Ma il peggio deve arrivare. Domenica è la "festa delle bandiere" (celebra l'annessione di Gerusalemme Est) e Hamas si prepara a dar battaglia se la marcia dei militanti israeliani arrivasse troppo sotto la Spianata. Intanto l'Iran minaccia.
Che in Israele, in questi giorni, ci sia un clima di tensione è sotto gli occhi di tutti. Lo si nota dal numero di soldati e agenti di polizia dislocato nei punti strategici di Gerusalemme. I motivi sono molteplici. Sia interni che esterni. Ma andiamo con ordine.
Domenica prossima è il giorno della cosiddetta “Marcia delle bandiere”. Decine di migliaia di coloni, religiosi nazionalisti e giovani di estrema destra si ritroveranno, come ogni anno, per l’anniversario della “Giornata della riunificazione”, ovvero il giorno in cui Israele celebra l’annessione di Gerusalemme Est, avvenuta nel 1967, dopo la guerra dei Sei giorni. Tra canti, slogan e bandiere, i partecipanti alla manifestazione percorreranno via Jaffa, fino a raggiungere porta Damasco, per poi dirigersi verso la Spianata delle Moschee, un atto dimostrativo da sempre considerato una provocazione da parte dei palestinesi di Gerusalemme.
Quest'anno, però, il clima è particolarmente teso per i recenti fatti di cronaca che hanno fatto registrare una serie di scontri tra arabi e israeliani, con numerosi morti e feriti da entrambe le parti. Al centro delle contese anche la Spianata delle Moschee. Va detto inoltre che sabato scorso in piazza Rabin, a Tel Aviv, per la prima volta, un gruppo di palestinesi che partecipava ad una manifestazione organizzata dall’Alto Comitato Arabo di monitoraggio contro la legge sullo Stato nazionale del popolo ebraico, ha sventolato la bandiera palestinese, conscio che avrebbe attirato l’attenzione di tutti. L’esibizione delle bandiere, secondo i palestinesi, è stato un chiaro messaggio alle autorità governative israeliane: la nuova legge sullo Stato nazionale, in particolare per la questione riguardante l’ebraico, come lingua ufficiale, rispetto all’arabo a cui viene assegnato “solo” uno status speciale, è inaccettabile. Una vera e propria sfida. Le bandiere palestinesi, infatti, non sono state sventolate in una città arabo-israeliana come Umm el-Fahm o Sakhnin, e nemmeno in una città mista come Haifa. Sono state esibite a Tel Aviv, nel cuore dello stato laico d’Israele. «Cosa succederebbe se qualcuno tentasse di marciare nel centro di Ramallah sventolando la bandiera israeliana?» ha commentato il leader di “C’è un futuro” (Yesh Atid), Yair Lapid.
Va detto che in Israele è consentito, sin dagli anni Novanta, mostrare in pubblico le bandiere palestinesi. Ma a volte viene vietato, come è accaduto durante il funerale della giornalista di Al-Jazeera, Shireen Abu Akleh, uccisa da un proiettile, probabilmente israeliano (le indagini sono ancora in corso), mentre lo scorso 11 maggio seguiva gli scontri a Jenin, nel nord della Cisgiordania, quando un agente israeliano ha strappato dalle mani di un arabo la bandiera palestinese. Gli agenti di polizia avevano ricevuto istruzioni specifiche prima della cerimonia: impedire che le bandiere venissero esibite in pubblico ed eventualmente procedere, quando possibile, con la confisca.
Nel frattempo, secondo alcune fonti, i militanti del gruppo di Hamas sono stati mobilitati nel caso in cui i partecipanti ebrei alla manifestazione, in programma per domenica prossima, si dovessero avvicinare alla moschea di Al-Aqsa. Ismail Haniyeh, responsabile del gruppo, ha sottolineato che «la resistenza palestinese è pronta a confrontarsi e a rispondere, con ogni mezzo, ai manifestanti della Marcia della bandiere».
Un appoggio ai palestinesi è giunto dal ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, in visita in Israele, che prima di incontrare i vertici israeliani si è recato, però, a Ramallah dove ha avuto uno scambio di opinioni col presidente Abu Mazen. «Stiamo seguendo un processo di normalizzazione con le autorità palestinesi - ha affermato Cavusoglu – e il nostro sostegno alla causa palestinese è completamente indipendente rispetto alle nostre relazioni con Israele». Cavusoglu ha poi affermato che il dialogo con Israele «garantirebbe un contributo importante alla riduzione delle tensioni, come durante il Ramadan, e ... contribuirebbe anche a sostenere la causa palestinese».
Se dentro Israele il clima è teso, dall'estero, in particolare dall'Iran, arrivano minacce, non tanto velate, dopo quanto accaduto al colonnello Hassan Sayad Khodayari della Al Quds Force, il corpo speciale delle Guardie della Rivoluzione dell'Iran, ucciso con cinque colpi di pistola. Ad esploderli sono stati due uomini in sella ad una moto. Hassan Sayad Khodayari è stato assassinato, domenica pomeriggio, mentre si trovava a bordo di un veicolo davanti alla sua casa in Mojahedin Eslam Street, a Teheran. L'Irgc (le Guardie della rivoluzione) ha definito l'attacco un atto terroristico compiuto da agenti del Mossad israeliano. Secondo le forze di sicurezza iraniane, il colonnello Hassan Sayad Khodayari era il responsabile del reparto dei droni e lo scorso mese di marzo aveva guidato l'attacco contro una postazione utilizzata dal Mossad a Erbil, in Iraq, come risposta ad un’azione israeliana verso una base di droni dell'esercito iraniano nella località di Mahidasht, in Iran. Non è la prima uccisione mirata portata a termine dagli agenti del Mossad. Nel novembre 2020, lo scienziato nucleare militare iraniano, Mohsen Fakhrizadeh, è stato assassinato a Teheran, un’esecuzione che l’Iran ha attribuito a Israele. Il portavoce del ministero degli Esteri, Saeed Khatibzadeh, parlando ad una televisione locale, ha affermato che il sostegno degli Stati Uniti sta rendendo Israele più sfrontato e arrogante e ha aggiunto: «Non c'è dubbio che l’appoggio è palese e nascosto. Gli Stati Uniti svolgono un ruolo importante e questo spinge Israele ad agire in modo incontrollato».
L'ufficio del Primo Ministro israeliano, Naftali Bennett, che vigila sul Mossad, ha rifiutato di commentare quanto accaduto a Teheran, ma una conferma delle responsabilità ebraiche arriva dal New York Times, e la fuga di notizie ha indispettito le autorità di Gerusalemme. I giornali israeliani hanno messo in evidenza che Khodayari era a capo di un'unità della Forza Quds - il braccio d'oltremare delle Guardie Rivoluzionarie - e che pianificava attacchi contro gli israeliani all'estero. Intanto Israele ha alzato il livello di allerta nelle ambasciate e nei consolati di tutto il mondo, temendo un attacco iraniano di rappresaglia. Un servizio del canale televisivo Channel 13, non citando le fonti, ha anche sottolineato che esistono reali preoccupazioni che obiettivi ebraici possano essere attaccati all'estero e che una particolare attenzione è rivolta ad una possibile risposta proveniente dal confine settentrionale.