Islam e noi, più che di religioni lo scontro è di civiltà
Non è vero che tra occidentali e islamici, tra cristiani e musulmani, ci sia uno scontro di religioni: l’appartenenza religiosa è solo la copertura sotto la quale si verifica un fiero scontro – tendenzialmente all’ultimo sangue – tra due civiltà: quella occidentale nella quale viviamo e l'orientale che vuole distruggerla.
Non è vero che tra occidentali e islamici, tra cristiani e musulmani, ci sia uno scontro di religioni: l’appartenenza religiosa è solo la copertura sotto la quale si verifica un fiero scontro – tendenzialmente all’ultimo sangue – tra due civiltà: quella occidentale nella quale viviamo e l’apparato orientale di usi, credenze e costumi, che vuole distruggerla. E che io considero non degno del nome di civiltà.
La civiltà nostra, cresciuta sul ceppo ebraico, greco e poi romano, attraverso la grande rivoluzione del cristianesimo e le integrazioni prodotte dal liberismo e dal liberalismo, e pur con tutte le sue carenze e tutte le sue imperfezioni, ha determinato lo stato attuale dell’umanità: un progresso materiale che nessuno, solo cinquant’anni fa, avrebbe reputato possibile; un aumento vertiginoso della ricchezza prodotta e distribuita; il raddoppio delle prospettive di vita avvenuto negli ultimi cent’anni è poi il coronamento di uno stato di cose che, per grazia di Dio, si è andato evolvendo nella direzione giusta.
Per arrivare a questo risultato – beninteso, parziale e per alcuni versi non soddisfacente – molti sono stati i nemici da battere: dai persiani sconfitti da Atene, ai cartaginesi annientati a Zama da Scipione, al Senato di Silla, Pompeo e Cicerone finito a Farsalo, all’imperialismo liberticida di Luigi XIV e di Napoleone, al comunismo assassino di Spagna e poi del Muro di Berlino, alla delinquenza delirante di Hitler e del nazismo. E ricorrentemente, a partire dal VII° secolo, i vari tentativi di conquista islamici; tra i quali possiamo elencare le sconfitte impartite alle armate musulmane in tutti gli scontri decisivi, dai vari assedi di Bisanzio prima della sua conquista, a Poitiers, a Lepanto, agli assedi di Vienna, alle guerre contro Israele.
Uno è il contenuto che attraversa tutte queste grandi vicende umane: il rispetto per il valore dell’individuo e la promozione della sua libertà proprio della civiltà occidentale; che, naturalmente, è stato affermato con comportamenti concreti diversi a seconda dei momenti storici e dei soggetti attivi al momento. Mi rendo conto che sia difficile digerire la comunanza dei fini ultimi tra i buonavoglia veneziani di Lepanto e i sabra che combattevano contro gli eserciti arabi nella guerra dei sei giorni; ma il contenuto comune della loro azione c’è. Gli uni e gli altri combattevano infatti in difesa non di una particolare organizzazione statale o di un sistema di poteri, ma, più o meno consciamente, il loro risultava essere di fatto un impegno per affermare la superiorità etica del valore dell’individuo su quello dell’organizzazione. Concetto e valore che Pio XII sintetizzò con le parole: “Non è l’individuo per la società, è la società che deve essere per l’individuo”.
L’argomento meriterebbe un trattato, e questa non vuol essere più che una provocazione. Che mi sembra utile concludere citando due grandi uomini, dei quali chi vuole dirsi civile non può dimenticare l’insegnamento: Alexis de Tocqueville e Winston Spencer Churchill. In una lettera del 1843 il primo scrive: "Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di Maometto. A quanto vedo, l'Islam è la causa principale della decadenza oggi così evidente nel mondo musulmano, e, benché sia meno assurdo del politeismo degli antichi, le sue tendenze sociali e politiche sono secondo me più pericolose. Per questo, rispetto al paganesimo, considero l'Islam una forma di decadenza anziché una forma di progresso". Il giudizio mi sembra abbastanza chiaro.