Islam: diritti umani, questi sconosciuti
Perché le nazioni islamiche fanno così fatica a rispettare i diritti umani, soprattutto la libertà religiosa? Perché le "primavere" hanno peggiorato la situazione? Lo spiegano Valentina Colombo e Luca Galantini, nel loro ultimo studio.
Il termine della Guerra Fredda e l’avvento della globalizzazione dei rapporti politici nelle relazioni internazionali fu accompagnato da una vulgata culturale che confidava retoricamente in una nuova età dell’oro, all’insegna del trionfo dello stato di diritto liberale e della democrazia nel mondo.
Certamente in tanti ricorderanno le tesi sostenute – agli inizi del terzo millennio - dal celebre politologo liberal statunitense Francis Fukuyama, autore di un libro “The end of history” (La fine della storia, nrd) che voleva smentire i timori di nuovi conflitti all’insegna delle contrapposizioni identititarie, religiose ed etniche, timori efficacemente espressi nell’altrettanto celebre saggio di Samuel Huntington, “Lo scontro di civiltà”.
La storia pare abbia sonoramente bocciato le velleitarie utopie pacifiste all’insegna di un liberalismo universalista sostenute da Fukuyama, per riconoscere, con brutale realismo, che i fattori identitari religiosi, etnici, linguistici, culturali sono tornati ad essere gli arbitri del campo nella disputa sul pianeta tra poteri politici nazionali e internazionali.
Luca Galantini e Valentina Colombo, rispettivamente un giurista, Professore di Storia del Diritto all’Università Europea di Roma, e una storica, titolare di Storia dei Paesi islamici presso l’Università Europea di Roma, svelano la stridente contraddizione che si cela nelle Carte dei diritti umani e nei documenti giuridici degli ordinamenti politici dei Paesi di fede musulmana, sia prima che dopo le illusorie speranze della primavera islamica in Medio Oriente, nel loro libro “Diritti umani e identità religiosa – Islam e Cristianesimo in Medio Oriente”, edito dalla casa editrice Vita&Pensiero dell’Università Cattolica del S. Cuore.
In questa “zona grigia”, di transito del potere sovrano dagli Stati nazionali alle organizzazioni internazionali, Onu e Ue in primis, un ruolo fondamentale fu infatti assegnato alla disciplina dei diritti umani, in quanto ritenuti, a torto o a ragione, il possibile collante condiviso dall’umanità nelle deliberazioni delle strategie della cooperazione internazionale. Diritti umani alla base delle guerre umanitarie, diritti umani contro i soprusi e le prevaricazioni delle discriminazioni religiose, etniche, razziali, politiche.
Il problema è che purtroppo non esiste una piattaforma giuridica realmente condivisa che permetta di declinare i diritti civili, politici, le libertà fondamentali della persona secondo un minimo comune denominatore.
Da un’analisi organica comparativa compiuta dagli autori del libro, tra i testi sui diritti umani dell’Onu, della Lega Araba e dell’Organizzazione della Conferenza Islamica, si coglie come la religione islamica resti unica discriminante fonte giuridica di produzione e cognizione della disciplina delle libertà fondamentali della persona umana.
Si consideri che nel Preambolo della Carta dei Diritti dell’Uomo della Lega Araba, i diritti fondamentali della persona vengono riconosciuti in virtù della comune appartenenza alla nazione araba, con una logica etnocentrica di vaga memoria razziale.
Inoltre, prosegue il Preambolo, i diritti della persona debbono essere attuati così come definiti dalla Shari’a. Osserva il prof. Galantini come il nodo irrisolto del rapporto tra Occidente e Islam sia dato dalla peculiarità dell’universalismo etico, giuridico e politico “totalitario” dell’Islam stesso, il quale, a differenza del messaggio di libera adesione al precetto evangelico del Cristianesimo, necessita sempre di una struttura socio-politica nel tempo della storia per corrispondere al suo progetto di sottomissione dell’uomo alla volontà di Dio: lo Stato è dunque un modello giuridico culturalmente estraneo all’area geopolitica islamica.
I primi soggetti a subire gli effetti pesantemente discriminatori di tale concezione della libertà religiosa, sono inevitabilmente le comunità e minoranze cristiane, che come evidenzia la prof.ssa Colombo, sono percepiti come un “corpo estraneo” al modello istituzionale dei Paesi islamici, e ciò non solo nel periodo storico che va dal dominio ottomano al nazionalismo panarabo, ma anche e soprattutto a seguito dei fenomeni rivoluzionari che hanno coinvolto i governi successivamente alla Primavera araba.
La lettura delle Costituzioni degli Stati islamici promulgate dopo la Primavera araba evidenzia infatti una pericolosa deriva a favore delle correnti ideologiche wahabite e salafite dell’islam, le più radicali ed intransigenti a favore della rinascita del nuovo Califfato politico nel mondo islamico.
Questo libro argomenta efficacemente come la logica universalista dei diritti umani, sviluppatasi a seguito della nascita delle Nazioni Unite, e troppo spesso retoricamente utilizzata a scudo dei processi militari e politici di Regime-change, non sia in grado ad oggi di risolvere armoniosamente il tema della presenza della identità religiosa nella sfera dello spazio pubblico.
“Diritti umani e identità religiosa – Islam e Cristianesimo in Medio Oriente”, di Luca Galantini e Valentina Colombo, editore Vita&Pensiero, Milano, 2013