Irlanda, sulle ragazze-madri le colpe di un’intera società
Il rapporto sulle istituzioni cattoliche del XX secolo smentisce in gran parte la leggenda nera su maltrattamenti e sfruttamento di donne e bambini, ma deve far riflettere sull’incapacità della Chiesa di andare contro corrente e creare una cultura più rispettosa della persona.
Un nuovo rapporto sulle istituzioni gestite dalla Chiesa cattolica irlandese ha acceso il dibattito sul trattamento in Irlanda delle madri non sposate durante il XX secolo. Martedì 5 gennaio è stato pubblicato il "Rapporto finale della Commissione di inchiesta sulle Case per madre e bambino": è di 2.800 pagine e copre 76 anni (1922-1998), con l’esame di 18 Case per madri e bambini. Le Case erano un'istituzione per ragazze madri che potevano così partorire senza che la società "rispettabile" ne fosse a conoscenza, mentre i bambini venivano poi dati in adozione a nuove famiglie.
Le Case sono state fonte di controversie per buona parte degli ultimi 15 anni, da quando una storica locale, Catherine Corless, ha scoperto che 800 bambini erano morti nella Casa per ragazze madri Bon Secours a Tuam, nella contea di Galway. Il tasso di mortalità infantile in molte di queste case era decisamente alto e i servizi erano scarsi: ai nostri occhi moderni, tali condizioni sembrano barbare, al servizio di una società che stigmatizza i più vulnerabili, vale a dire le madri single povere e i loro figli.
A dare retta alla stampa laica, si dovrebbe pensare che la Chiesa e il cattolicesimo fossero interamente responsabili di tale situazione. La Chiesa è accusata di aver soggiogato il popolo irlandese; la sua enfasi sui peccati della carne e la misoginia latente appare manifesta in queste Case, dove i figli di relazioni illecite e le loro madri sono stati realmente abbandonati dalla società e maltrattati dalla Chiesa.
Il rapporto in questione, tuttavia, fornisce un'immagine più complessa, che non si adatta facilmente a questa narrativa. Il rapporto non esita a dare la colpa alla Chiesa, che deve riflettere su come ha fallito nella sua missione cristiana. Ma sottolinea anche la complicità dello Stato e attribuisce gran parte della colpa ai "padri dei loro figli e alle loro stesse famiglie", che hanno riservato un duro trattamento alle madri non sposate.
Il rapporto rileva che "l'Irlanda è stata un ambiente freddo e rigido per molti - probabilmente la maggioranza - dei suoi residenti durante la prima metà del periodo preso in esame". La commissione ha rilevato che l'Irlanda era "particolarmente fredda e dura per le donne". Mentre il rapporto evidenzia che il maltrattamento di madri non sposate "è stato sostenuto, contribuito e condonato dalle istituzioni dello Stato e delle Chiese", allo stesso tempo la commissione ha rilevato che "le istituzioni sotto inchiesta fornivano un rifugio – anche duro in alcuni casi - quando le famiglie non fornivano alcun rifugio ”.
Uno degli impegni chiave del rapporto è stato quello di collocare le case in un contesto storico globale e locale. In questo modo, il rapporto ha smentito l'idea che la Chiesa fosse l'unica responsabile della creazione di una cultura così dura nei confronti delle donne. Ad esempio, il rapporto evidenzia che l'Irlanda stabilì case molto più tardi della Gran Bretagna, e c'erano istituzioni comparabili in Europa e negli Stati Uniti: "Nel 1900 si trovavano case per madri e bambini in tutti i paesi di lingua inglese e istituzioni simili esistevano in Germania, Paesi Bassi e altrove ".
La relazione colloca inoltre le condizioni delle Case nel contesto dell'Irlanda del XX secolo, un paese che rasentava il "terzo mondo" in termini di povertà e mortalità infantile. Il rapporto ha rilevato che "mentre le condizioni di vita nelle Case per ragazze madri erano ridotte all’essenziale, non vi è alcuna indicazione che fossero inadeguate per gli standard del tempo, tranne a Kilrush e Tuam". Il rapporto mette a confronto le Case per madre e bambino con le Case della contea, che erano gestite dal governo irlandese: qui “le condizioni erano molto peggiori che in qualsiasi Casa per madre e bambino, con l'eccezione di Kilrush e Tuam. A metà degli anni '20 la maggior parte di loro non disponeva di servizi igienici, forse senza acqua corrente; il riscaldamento, ove disponibile, era provveduto da un caminetto; il cibo era cucinato, male, spesso in un edificio diverso, quindi era freddo e ancora meno appetibile quando arrivava alle donne".
Infine, il rapporto mette a tacere alcuni luoghi comuni sul comportamento delle suore che gestivano le istituzioni. Le suore non guadagnavano soldi dalle Case; non sfruttavano le donne fino all'osso; non abusavano sistematicamente delle donne e dei bambini. Anche per quanto riguarda la mortalità infantile, che era elevata anche per gli standard dell'epoca, dimostra come i tassi di mortalità infantile non fossero il risultato di una deliberata negligenza, ma di una combinazione di povertà, sovraffollamento e scarsa igiene.
La reazione di coloro che si aspettavano che il rapporto mettesse alla berlina la Chiesa e, in misura minore, lo Stato sono rimasti spiazzati dal fatto che la colpa fosse interamente attribuita alla società. La risposta di numerosi commentatori e politici è stata che il rapporto ha voluto intenzionalmente spostare la colpa dalla Chiesa e dallo Stato. Tuttavia, non possono sfuggire alle implicazioni del rapporto, per cui i nostri nonni e bisnonni erano da biasimare nel plasmare la cultura tanto quanto le istituzioni che l'hanno sostenuta.
Tuttavia, è importante riflettere e riconoscere il ruolo della Chiesa nel tollerare e perpetuare una cultura che stigmatizzava le donne in questo modo. L'arcivescovo più anziano d'Irlanda, l'arcivescovo di Armagh, monsignor Eamon Martin, ha rilasciato una dichiarazione in cui "si è scusato senza riserve" per il maltrattamento delle donne non sposate e dei loro figli da parte della Chiesa. Parlando della sua profonda tristezza nel leggere il rapporto, ha detto "ci vergogniamo, davvero, nel renderci conto e pensare al numero di donne vulnerabili e ai loro bambini non nati, e poi ai loro bambini, che sono stati stigmatizzate e umiliate ed escluse dalle loro case e famiglie" .
Ciò che l'arcivescovo Eamon Martin fa emergere è che la Chiesa non è stata all'altezza del proprio compito. Ha detto che la Chiesa deve continuare a riconoscere davanti a Dio e agli altri la sua parte "nel sostenere ciò che il Rapporto descrive come un 'atmosfera dura ... fredda e indifferente’". Le Case per madre e bambino sono una macchia nella società irlandese, del genere a cui hanno contribuito tutti i suoi vari membri e istituzioni. La Chiesa irlandese, in quanto istituzione sociale preminente del tempo, deve prendersi la sua parte di colpa che le spetta: se fosse stata più contro-corrente, se avesse predicato e praticato pienamente il Vangelo, allora potremmo guardare indietro alle nostre azioni con la coscienza di aver fatto tutto il possibile. Ma non è così, e dobbiamo riflettere su come possiamo riparare il danno e andare avanti alla luce di Cristo.
* Giornalista del The Irish Catholic