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LA FIGURA

Ireneo, un Dottore della Chiesa per Maria Corredentrice

Papa Francesco lo ha proclamato Doctor unitatis, ponte «tra cristiani orientali e occidentali». Vescovo di Lione ma originario di Smirne, confutò le eresie del suo tempo. Nella sua vasta opera sviluppò il concetto di Maria quale nuova Eva, dando un contributo fondamentale alla dottrina su quella che altri teologi e santi chiameranno Corredenzione.

Ecclesia 26_01_2022

Venerdì 21 gennaio Ireneo di Lione (c. 130-202) è divenuto il 37° santo a essere proclamato Dottore della Chiesa. Il riconoscimento fa seguito a diverse richieste rivolte in tal senso alla Santa Sede, al parere favorevole della Congregazione delle Cause dei Santi e infine all’assenso del Papa. In virtù della vita e opera di Ireneo - dalle origini a Smirne, nell’Asia Minore, all’approdo in Europa -, Francesco gli ha assegnato il titolo di Doctor unitatis. «Sant’Ireneo di Lione, venuto dall’Oriente, ha esercitato il suo ministero episcopale in Occidente: egli è stato un ponte spirituale e teologico tra cristiani orientali e occidentali. Il suo nome, Ireneo, esprime quella pace che viene dal Signore e che riconcilia, reintegrando nell’unità», ha scritto Bergoglio nel decreto di conferimento del titolo, auspicando che la dottrina del nuovo Dottore «possa incoraggiare sempre più il cammino di tutti i discepoli del Signore verso la piena comunione».

In effetti nella vasta opera di Ireneo - dalla necessità della successione apostolica al primato petrino e della Chiesa di Roma, fino alla comunione trinitaria tra Padre, Figlio e Spirito Santo che è già implicita nel nome di Cristo (l’Unto) - ci sono tutte le basi della retta fede cristiana, presupposto per ritrovare l’unità. E il santo può essere considerato «il primo grande teologo della Chiesa, che ha creato la teologia sistematica» (Benedetto XVI).

Tra i molti insegnamenti trasmessi da Ireneo, che fu discepolo di un discepolo (san Policarpo) di san Giovanni Evangelista, vogliamo qui evidenziare quello sul ruolo di Maria nell’economia della salvezza. Come già san Giustino nel Dialogo con Trifone, che si basava presumibilmente sulla stessa tradizione apostolica, Ireneo propone il parallelismo Eva-Maria. E lo fa con un’ampiezza e organicità senza precedenti sul piano scritto, tanto da rappresentare «l’autentico momento nativo della mariologia» (Hans Urs von Balthasar). Partendo dall’insegnamento di san Paolo su Cristo, nuovo Adamo, nel quale sono ricapitolate, unite, «tutte le cose» (Ef 1,10), Ireneo sviluppa il concetto di recapitulatio, associando esplicitamente l’opera della Madre a quella del Figlio. «Era conveniente e giusto che Adamo fosse ricapitolato in Cristo, affinché la morte fosse assorbita nell’immortalità e che Eva fosse ricapitolata in Maria, affinché la vergine, divenuta avvocata [1] di un’altra vergine, potesse annullare e distruggere, con la sua verginale obbedienza, la disobbedienza verginale», scrive il santo nella sua Esposizione della dottrina apostolica (33).

È un pensiero che Ireneo esprime anche nell’altra sua grande opera, Contro le eresie (Adversus Haereses). Qui espone pure il collegato concetto della ricircolazione (recirculatio), cioè di come l’opera redentrice di Cristo rappresenti per l’umanità un nuovo e più alto inizio, antitetico alla caduta dei progenitori, secondo le coppie serpente-angelo Gabriele (l’uno simbolo di Satana, l’altro messaggero divino), Adamo-Gesù, Eva-Maria. In particolare, soffermandosi sulla Santa Vergine, Ireneo sottolinea «il movimento a ritroso [recirculatio] che va da Maria ad Eva. Infatti ciò che è stato legato non può essere slegato se non si ripercorrono in senso inverso le pieghe del nodo, così che le prime pieghe siano sciolte grazie alle seconde e inversamente le seconde liberino le prime». Ancora, per dirla con il celebre passaggio di Ireneo citato nientemeno che dalla costituzione dogmatica Lumen Gentium, «il nodo della disobbedienza di Eva ha avuto la sua soluzione coll’obbedienza di Maria; ciò che la vergine Eva legò con la sua incredulità, la vergine Maria sciolse con la sua fede» (Adv. Haer. III, 22, 4).

Questa fede è evidente nel che la Madonna pronunciò nell’Annunciazione, concependo il Verbo divino, contrariamente a Eva che aveva dato ascolto e assecondato il verbo satanico.  Di conseguenza, spiega Ireneo: «Come Eva dunque, disobbedendo, divenne causa di morte per sé e per tutto il genere umano, così Maria, obbedendo, divenne causa di salvezza per sé e per tutto il genere umano». Queste parole sulla Vergine quale causa di salvezza, già estremamente significative di per sé e peraltro credute da ogni fedele, acquistano una pregnanza perfino maggiore se le si accosta alle Sacre Scritture. Ricorda al riguardo lo slovacco padre Andrej Mária Čaja: «Bisogna rilevare che l’espressione causa salutis - in greco aítios sōtērías (αἴτιος σωτηρίας) - è infatti il termine cristologico-soteriologico usato dall’autore della Lettera agli Ebrei in riferimento a Gesù: “E, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono” (Eb 5,9)» (La Vergine Maria nella storia della salvezza. Sviluppo storico e significato teologico del titolo mariano di «Corredentrice», 2021, p. 43).

Ireneo non usa il termine Corredentrice, che comparirà nel tardo Medioevo: ma, come visto, nella sua dottrina sono già esposti in modo limpido i fondamenti della Corredenzione stessa, delineando precisamente la missione di Maria, cioè di colei che - accanto a Gesù, il solo Redentore - coopera in modo unico, come co-redemptrix, a riscattare, ricomprare (questo il significato di redimere) l’umanità caduta dopo il peccato di Adamo ed Eva, co-peccatrix. La Madre celeste, appunto, serve al mistero della Redenzione operata dal Figlio, «in dipendenza da Lui e con Lui», come si esprime ancora la Lumen Gentium (56) nello stesso numero in cui cita le frasi-chiave di Ireneo sul parallelismo Eva-Maria.

La sua proclamazione a Dottore della Chiesa, insomma, è di buon auspicio perché un giorno la stessa Sposa di Cristo arrivi a definire dogmaticamente la verità di Maria Corredentrice, già dichiarata in modo esplicito da molti santi e, dal XX secolo, anche pontefici.

 

[1] L’appellativo di Avvocata, riferito alla Madonna, trova il primo riscontro proprio negli scritti di Ireneo.