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MEDIO ORIENTE

Iraq, gli sciiti costringono gli Usa a parziale ritiro

I militari americani abbandonano tre basi in Iraq, consegnadole alle forze irachene, come conseguenza dei bombardamenti compiuti dai miliziani filo-iraniani. A ritiro completato le forze Usa saranno meno di 7mila suddivise in quattro basi.

Esteri 21_03_2020
Il ritorno negli Usa della salma di un ufficiale ucciso negli attacchi sciiti in Iraq

Non è certo il ritiro di tutte le truppe americane della Coalizione decretato dal parlamento iracheno in gennaio, all’indomani dell’omicidio per mano statunitense del generale iraniano Qassem Soleimani e del leader delle Brigate Hezbollah irachene Abu Mahdi al-Muhandis, ma quello ordinato dal Pentagono nei giorni scorsi costituisce di certo un ridimensionamento della presenza militare di Washington in Iraq. In termini di militari (anche se non è chiaro quanti dei 7.500 soldati presenti in Iraq lasceranno il paese) ma soprattutto in termini di basi e quindi di presenza sul territorio.
I periodici lanci di razzi contro le installazioni militari statunitensi e alleate in Iraq, attuati dalle milizie scite filo-iraniane (una ventina dall’ottobre dello scorso anno) sembrano aver conseguito un qualche successo inducendo gli americani a lasciare almeno tre basi.

Gli ultimi bombardamenti compiuti dai miliziani filo-iraniani hanno colpito Camp Taji, a nord di Baghdad, in risposta ai raid aerei contro le caserme delle Brigate Hezbollah. I razzi delle milizie hanno ucciso 2 americani e un medico dell’esercito britannico, ferendo altri 17 militari della Coalizione e 2 iracheni. Il 17 marzo altri razzi hanno colpito la base di Basmayah, 60 chilometri a sud della capitale, dove si trovano truppe Usa e una parte del contingente spagnolo.

La prima base ad essere stata evacuata dagli americani è quella di al-Qaim (sul confine siriano), la più utilizzata nelle operazioni contro lo Stato Islamico ma anche la più esposta agli attacchi delle milizie scite, che il 18 marzo è stata consegnata in toto alle forze di Baghdad.
“Sebbene funzionari statunitensi stessero discutendo di un ritiro da alcune basi irachene fin da prima di Natale, si è giunti alla consegna della base di al-Qaim e di circa 900.000 dollari di equipaggiamenti e dotazioni della base agli iracheni dopo che una serie di sanguinosi attacchi hanno messo in evidenza una continua minaccia da parte delle milizie filo-iraniane contro le forze della Coalizione”, sottolinea un articolo di “Stars & Stripes”, organo ufficiale delle forze armate statunitensi.

Le truppe evacuate da al-Qaim sono state riposizionate presso altre basi in Iraq (in particolare Erbil, che si trova nella regione curda dove non sono presenti milizie scite) e in Kuwait mentre gli USA si apprestano ad abbandonare anche la base avanzata K1 a Kirkuk e l’aeroporto di Qayara Ovest, a sud di Mosul, colpite negli ultimi mesi dagli attacchi delle milizie.

A ritiro completato le forze americane in Iraq potrebbero scendere al di sotto dei 7mila effettivi schierati in 4 basi principali: Erbil, Camp Taji, l’aeroporto di al-Asad e Bismayah. Al di là della guerra sotterranea che vede USA e Iran affrontarsi soprattutto in territorio iracheno, Baghdad non sembra riuscire a trovare la strada della stabilizzazione, neppure quella istituzionale considerato che da quasi quattro mesi è senza governo.

Il 18 marzo il presidente Barham Salih ha dato l’incarico di formare un esecutivo ad Adnan Zurfi, politico sciita che succede a Muhammad Allawi, che aveva rinunciato all’incarico dopo un mese di vani tentativi di formare un governo.  Zurfi ha 30 giorni di tempo per presentarsi in parlamento e ottenere la fiducia sul programma e la squadra di governo, puntando sui sette partiti sciti che non erano riusciti neppure ad accordarsi sul nome del premier incaricato lasciando al capo dello Stato la decisione di nominare Zurfi.