Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Francesca Saverio Cabrini a cura di Ermes Dovico
ISLAM

Iran, la guerra chimica contro le studentesse

Ascolta la versione audio dell'articolo

Una guerra chimica non dichiarata sta mietendo vittime nelle scuole femminili della Repubblica Islamica dell’Iran. I gas tossici utilizzati non sono letali, non ci sono morti, ma sono sufficienti a mandare centinaia di ragazze in ospedale. Iniziati tre mesi fa, gli attacchi non sono rivendicati.

Educazione 03_03_2023
Iran

Una guerra chimica non dichiarata sta mietendo vittime nelle scuole femminili della Repubblica Islamica dell’Iran. I gas tossici utilizzati non sono letali, non ci sono morti, ma sono sufficienti a mandare centinaia di ragazze in ospedale dopo ogni attacco. Il governo di Teheran sta conducendo un’inchiesta, ma in tre mesi non è arrivato ad alcuna conclusione, né ad alcun arresto. E i genitori delle vittime sospettano che sia il regime stesso a colpire.

L’ultimo episodio è avvenuto mercoledì. Sono state attaccate 26 scuole in tre città: la capitale Teheran, Ardabil e Kermanshah. Molte delle studentesse, che erano a lezione, sono ora ricoverate. I sintomi sono sempre gli stessi: tosse, nausea, perdita di forze e spesso anche dei sensi. Più il terrore di avere a che fare con un nemico invisibile. I lanci di gas tossici erano iniziati a fine novembre a Qom, la città santa dell’islam sciita. Da allora ad oggi sono state intossicate attorno ad un migliaio di ragazze: 830 secondo l’inchiesta della BBC, 1200 “solo a Qom e nella città occidentale di Borujerd” secondo un membro dell’opposizione parlamentare. Forse non è una coincidenza che gli attacchi avvengano dopo mesi di proteste contro il velo islamico, alimentate soprattutto da giovani donne e ragazze in età scolare, istruite, intellettualmente emancipate. Il regime ha reagito con violenza inaudita, provocando circa 500 morti e arrestando 20mila persone. I gas nelle scuole sarebbero dunque parte di queste repressione, come avvertimento anche per quelle ragazze che non partecipano direttamente alle proteste?

Secondo una delle testimonianze dell’ultimo attacco, l’allarme è stato dato subito dopo che si è sentita una piccola esplosione. "È stato chiesto alle studentesse di lasciare la classe e di andare in cortile. Molte hanno iniziato a collassare nel cortile. Nella classe di mia figlia ci sono bambine con asma e problemi cardiaci". "Sono arrivate le ambulanze e la polizia. Il personale dell'ambulanza ha dato del latte alle bambine".

Dopo silenzio e smentite, il governo iraniano ha deciso di avviare un’inchiesta formale. Il ministro degli Interni Ahmad Vahidi, incaricato dal governo di scoprire la "causa principale" degli avvelenamenti, mercoledì ha respinto come "falsa" una notizia dell'agenzia di stampa Fars secondo cui tre persone sarebbero state arrestate. Ha inoltre accusato i media stranieri e "gruppi mercenari" di approfittare della situazione per condurre una guerra psicologica e terrorizzare la popolazione.

Domenica, il viceministro della Sanità Younes Panahi ha dichiarato che era "evidente che alcune persone volevano che tutte le scuole, specialmente quelle femminili, fossero chiuse". Questa dichiarazione è stata intesa, anche all’estero, come un’ammissione del coinvolgimento del governo. Il ministro ha subito smentito dicendo di essere stato frainteso. Fatto sta che, a tre mesi dal primo attacco chimico, nessuno è stato arrestato. Molti fra alunne e genitori sono convinti che sia il regime stesso a condurre queste azioni di terrorismo. E che le ragazze, in particolare, potrebbero essere state prese di mira per aver partecipato alle recenti proteste antigovernative.

Atena Daeimi, attivista di lunga data per i diritti umani in Iran, ha dichiarato alla televisione canadese CBC che il regime ha usato e usa tuttora le scuole per imporre la sua ideologia islamista per decenni. E, a suo dire, la responsabilità di questi attacchi è interamente della Repubblica islamica. “Questo rientra nei crimini contro l'umanità. Il regime sta usando questo metodo per spaventare la società”, ha detto. “Vogliono dimostrare che, anche se non applicano le loro politiche, ci saranno sempre forze che agiscono in clandestinità pronte a rispondere duramente a quelle che considerano minacce contro il regime”. Anche per Nejat Bahrami, giornalista e insegnante, è molto probabile che il regime sia coinvolto negli avvelenamenti. Bahrami sostiene che a dimostrarlo sono la struttura e l’organizzazione stesse delle scuole colpite. “Non si può entrare nei cortili dall’esterno e l’accesso alle scuole in Iran è monitorato ed è incredibilmente difficile ottenere il permesso”. Inoltre, “Il fatto che questo gas o tossina sia controllato al punto da non uccidere le ragazze e che gli attacchi siano così diffusi in diverse città per un lungo periodo di tempo, fornisce un altro indizio sul coinvolgimento dello Stato”.

Se di azione intimidatoria si tratta, il regime sta però ottenendo l’effetto contrario. Video che stanno circolando liberamente sul web mostrano le proteste dei genitori e degli studenti. “Morte al regime che uccide i nostri figli!” gridavano i genitori di una delle scuole colpite a Teheran, mercoledì. “Siamo arrivati a scuola arrabbiati e preoccupati. I genitori hanno iniziato a gridare slogan contro [il leader supremo Ayatollah Ali] Khamenei”, racconta uno dei manifestanti alla BBC. “Nessuno crede che indagheranno su questi attacchi”, ha aggiunto. “Non ho speranza nel sistema. Ma spero che il mondo ascolti la nostra voce e smetta di sostenere questi assassini di bambini”.

Colpire le studentesse a scuola con gas tossici non letali è un déjà vu: anche in Afghanistan era uno dei metodi usati dai Talebani per terrorizzare la popolazione. Quando gli integralisti islamici non avevano il potere, lanciavano queste piccole bombe chimiche nelle aule delle scuole femminili, provocando intossicazioni di massa, con sintomi analoghi: tosse, nausea, svenimenti. Episodi simili si sono verificati nel 2010, nel 2013 e nel 2015. Le famiglie, terrorizzate, erano spinte a non mandare più le figlie a scuola, un diritto conquistato da appena pochi anni, solo dopo la caduta del regime islamico nel 2001. Ora che i Talebani sono tornati al potere dall’estate del 2021, non hanno più bisogno di usare questi metodi. Hanno ricominciato a vietare, per legge, l’istruzione femminile.