"Io speciale? No, è normale per un ragazzo studiare"
La Bussola incontra Spanò, il capitano della Reggiana che ha lasciato il calcio dopo la promozione in Serie B per proseguire gli studi di Economia: “Ai giovani dico: ognuno ha il suo percorso. Prendete le vostre scelte senza curarvi dei giudizi altrui. Ma una volta scelto, date tutto per raggiungere i vostri obiettivi".
A ben guardarlo, Alessandro Spanò aveva un’espressione speciale, prima e dopo i festeggiamenti per la promozione della Reggiana in serie B. Era il capitano, l’avevamo incontrato nella notte dopo il suo gol al Novara, valso la semifinale con il Bari. Non è fidanzato, parlava con una ragazza, assieme al compagno Varone, ma senza la sbruffoneria tipica dei calciatori di oggi. E anche il suo sguardo era particolare, mentre alzava la coppa dei playoff di serie B. Non era tanto perchè l’indomani all’1-0 al Bari, dopo avere dormito appena un’ora, si era laureato con il massimo dei voti a Unicusano, l’università proprietaria della Ternana, altro club di serie C.
Spanò, cos’ha deciso?
“Di lasciare il calcio - risponde fra il messaggio letto alla stampa e per iscritto -. Due mercoledì fa è stata la mia ultima partita, come nelle migliori sceneggiature di un film a lieto fine”.
Quando ha deciso?
“Ci stavo pensando da tempo, non ne parlavo in spogliatoio per non distrarre nelle tre partite di playoff. Seguo il cuore, altre parti di me sgomitano, prendo un’altra strada che mi porterà lontano dal calcio. Ho ottenuto una borsa di studio e l’ammissione in una business school internazionale, il mondo mi aspetta. Sono sicuro sia la scelta giusta».
Ha 26 anni, per un difensore centrale neanche è l’età della maturità, il commentatore di Sky Costacurta nel Milan arrivò a 42...
“Forse sono un po’ matto, lo so, ma la ragione non ha sempre ragione”.
Il ministro per le politiche giovanili e lo sport, Vincenzo Spadafora, si era complimentato con lei per la laurea telematica in economia e management.
“La tesi è stata su "la democratizzazione degli investimenti: l’evoluzione partecipativa del Private Equity e del Venture Capital. Ha scritto sui social che sono un esempio”.
Ora va alla Hult international business school.
“E’ un progetto di 20 mesi, su due master, fra Londra, Shanghai e San Francisco”.
Dopo 6 stagioni nella Reggiana, compresi il fallimento e una serie D, con ripescaggio in C.
“Il mio destino si è intrecciato con quello della città. Mi ha chiesto di fare con lei un viaggio, di accompagnarla dove merita. Ci siamo presi per mano e siamo arrivati in vetta. Mi auguro di aver lasciato qualcosa, in campo, ma soprattutto fuori, perché ho ricevuto tantissimo. Dopo una settimana di gioia, ai tifosi chiedo di continuare a sorridere, sarebbe l’ultimo regalo, enorme”.
Su instagram racconta in video di quando era bambino, con la musica Wherever you will go, dei The Calling.
“Avevo già la maglia del Milan e la palla tra i piedi. Iniziai all’oratorio di Giussano, nel Milanese, il mio piccolo grande stadio. Si passava dai ritiri d’agosto alla neve, aspettavo il treno per tornare a casa. Arrivò il primo contratto, preparavo le valigie per andare via di casa”.
Com’è la sua famiglia?
“Molto unita. Papà ha lavorato tutta la vita come ragioniere, da poco è pensionato, vive con mamma in Brianza. Un fratello lavora, mia sorella che studia. Mi hanno sempre sostenuto in ogni scelta. Dalle giovanili nella Pro Vercelli alla serie C1, nella Pro Patria, e poi appunto alla Reggiana. Le ho restituito tutto ciò che posso, dentro e fuori dal campo. I valori saranno l’eredità più importante”.
A 22 anni, fece una vacanza speciale, rispetto al cliché sui calciatori. Non in una località trendy ma in Africa.
“Già, non è il mestiere che fa la persona. Era un progetto dell’Umbria, per la costruzione di un ospedale, feci volontariato in un villaggio”.
Nelle ultime due stagioni due operazioni alle ginocchia, lascia anche per questioni fisiche?
“No, proprio per una sfida nuova. Anzi, dopo i due interventi c’è stata la voglia di rialzarsi”.
E adesso?
“Quel fuoco di curiosità mi porta alla scoperta del mondo. Forse sono matto, ma tutti i bambini sono un po’ folli”.
I suoi procuratori hanno cercato di dissuaderla?
“No, Matteo Coscia e Francesco Iovino hanno capito la mia scelta, mi supportano in questo passaggio”.
Come l’ha presa l’allenatore Massimiliano Alvini? Sino al 2012 vendeva suole delle scarpe, a Fucecchio, con il fratello Walter, e un anno fa rischiò la vita per un problema cardiaco, dopo il ricovero per un malore in panchina.
“Rispetta la mia decisione, anche per lui è stato bello condividere un’annata così intensa e piena di emozioni”.
Esclude di ritornare al calcio, magari terminata la borsa di studio?
“Al momento non rientra nei miei piani”.
Che messaggio dà ai giovani che puntano solo sullo sport, trascurando gli studi?
“Ognuno ha il suo percorso. Prendete le vostre scelte senza curarvi dei giudizi altrui. Ma una volta scelto, date tutto per raggiungere i vostri obiettivi. Spero di trasmettere i valori giusti, dello sport: passione, dedizione, voglia di migliorarsi”.
Il direttore sportivo Doriano Tosi lascia le porte aperte: “Ci ha colti di sorpresa, l’aspettiamo”. Tornerà nel calcio? Da dirigente o da tecnico?
“Mi auguro di aiutare la società in tanti modi. Non ci si improvvisa allenatori, io mi preparo per altri ruoli”.
Quando comincia?
«Già a settembre. Mi attende un anno e mezzo fra Londra, Shanghai e San Francisco. Non vedo l’ora di partire, desidero proprio studiare”.
Era in scadenza di contratto, valeva 250mila euro, come valore di mercato stava per rinnovare per due stagioni. Cosa le mancherà del calcio?
“Le emozioni della partita, la condivisione di gioie e dolori con gli amici e i compagni”.
Si sente speciale?
“Per nulla. A me pare perfettamente normale che un ragazzo studi”.