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PISA

«Io, in regola col pass, ma cacciata e sospesa dall'ospedale»

I giornali l'hanno descritta come un mostro, con tanto di irruzione della Polizia in ospedale e denuncia per interruzione di pubblico servizio. Ma il caso della tirocinante cacciata dal Santa Chiara perché senza pass rafforzato non è come riportato dalle cronache locali. «Per i tirocinanti basta il base fino al 15 febbraio. Su di me un abuso e una violazione del diritto allo studio». Ecco il suo racconto in esclusiva per la Bussola. 

Attualità 01_02_2022

I giornali che si sono occupati di lei l’hanno dipinta come una sovversiva no vax, manco fosse pronta a farsi esplodere in corsia, perché non voleva esibire il green pass rafforzato in ospedale. Invece dietro un recente caso di cronaca che ha visto protagonista una tirocinante di Pisa potrebbe delinearsi anche qualcos’altro, come un abuso o una violazione del diritto allo studio. È per questo motivo che la donna ora si è affidata ad un legale per far valere i suoi diritti.

Il caso è quello classico da sbatti il mostro in prima pagina, ma la Bussola è in grado di dire come sono andate le cose da un’altra prospettiva, dando voce alla protagonista che ha scritto una lettera QUI pubblicata integralmente in esclusiva.

I fatti descritti dai giornali prendono le mosse da un episodio occorso il 24 gennaio alle 22.30, quando una volante della Polizia si è presentata davanti all’Ospedale Santa Chiara di Pisa perché – si legge - «una tirocinante del reparto di ostetricia e ginecologia che non intendeva attenersi alle normative Covid». La volante era stata chiamata dal medico di turno, il quale aveva riferito che «la studentessa tirocinante pretendeva di svolgere l’attività nel reparto di ostetricia e ginecologia sprovvista di green pass rafforzato, previsto dalle normative vigenti». La studentessa – stando alle cronache riportate sulla stampa locale - «non intendeva uscire dalla struttura, impedendo quindi la nomale attività ospedaliera ai medici ed infermieri presenti, con il suo atteggiamento non collaborativo ha costretto i sanitari a richiedere l’intervento della Polizia.

La tirocinante è stata identificata dai poliziotti e denunciata alla Procura della Repubblica per il reato di interruzione di servizio pubblico».

Con una presentazione del genere è difficile immaginare di provare simpatia per un personaggio siffatto, accomunato al peggiore dei sediziosi, un pericoloso rivoltoso che impedisce lo svolgimento del lavoro altrui.

Ma le cose stanno davvero così? Sembra proprio di no, almeno stando a quanto la protagonista racconta nel dettaglio con tanto di riferimenti normativi. E dato che nessuno ha mai pensato di chiederle come siano andate le cose, è bene riavvolgere il nastro e far parlare lei stessa.

Paola – la chiameremo così, perché questo è uno di quei casi in cui tutelare l’anonimato per evitare pressioni o discriminazioni ulteriori – non è affatto una pericolosa agit prop della causa anti vaccinista. Non importa, qui, il motivo per cui abbia un super green pass ottenibile solo con vaccinazione o guarigione. Del resto, è nella condizione di milioni di cittadini italiani. Il suo green pass base per accedere alla struttura ospedaliera e svolgere il tirocinio lo ha sempre avuto ed esibito. Perché – si scopre – solo quello serve, almeno fino al 15 febbraio prossimo, quando la normativa cambierà e solo allora le potranno richiedere un green pass rafforzato. Ma questo – e quello che farà di conseguenza - è una storia che esula dal tema.

Invece, l’ospedale, diversamente a quanto sembra dalle disposizioni di legge, ha scelto un’altra strada: quella dell’allontanamento e della sospensione.

«Sono stata sbattuta sui giornali ed etichettata come “tirocinante No Vax o No Green Pass anche se mi sono presentata al Tirocinio con regolare certificato verde come previsto per Legge per studenti universitari che ad oggi non hanno alcun obbligo né di controllo “rafforzato” né di vaccinazione». Infatti, come è lei stessa a spiegare, la normativa è chiara: il super green pass per i tirocinanti servirà dal 15 febbraio, mentre l’azienda ospedaliera ha utilizzato un regolamento interno che impone il rafforzato anche ai tirocinanti.

«Un regolamento interno contro la legge nazionale», dice Paola oltre a spiegare che anche il 14 gennaio, nell’entrare in turno alle 21, le era stato fatto un verbale di accertamento, ma era stata lasciata in servizio «perché l’ora era tarda e non se la sono sentite di buttarmi fuori. Il reparto necessitava della mia prestazione: diversi operatori sanitari erano assenti perché risultati positivi al Covid».

Il 24 gennaio, invece, Paola, dopo aver inviato una diffida all’azienda specificando che la legge vigente «non prevede alcun controllo rafforzato», è entrata al Santa Chiara con il suo green pass base e anche un tampone negativo effettuato per maggior sicurezza, come accertato dalla Polizia.

Ma «non mi hanno permesso di stare nel reparto e mi hanno messo in una stanza sotto sorveglianza di un vigilante interno». C’è di più: anche Paola aveva chiamato la Polizia: «Ho contattato le forze dell’ordine affinché intervenissero per accertare i fatti, ma non sono intervenute perché secondo l’operatore non sussisteva “emergenza”, per poi invece intervenire pochi minuti dopo con la chiamata del primario. I 2 agenti intervenuti mi hanno notificato un verbale di identificazione con oggetto indagine per interruzione di pubblico servizio».

In conclusione: la donna non solo ha rimediato una denuncia, ma è stata anche sospesa dal tirocinio.

È per questo che se da un lato dovrà difendersi dall’accusa riportata in denuncia – se mai la Procura decidesse di proseguire -, dovrà anche lottare con i denti perché le venga riconosciuto un diritto costituzionalmente garantito come quello allo studio e alla formazione: «Il tirocinio costituisce un’attività curriculare prevista dal Piano degli Studi del corso di laurea delle professioni sanitarie (…) è una parte viva ed essenziale per la formazione di un professionista sanitario».

Quanto raccontato è ben diverso dal resoconto sommario riportato dalle cronache. La Bussola si è resa disponibile con l’azienda ospedaliera pisana ad ospitare eventuali controrepliche, purché altrettanto documentate.

Ma un dato balza all’occhio: lo zelo severo e l’inusitata durezza messa in campo per questa studentessa in formazione paragonata a una fuorilegge è davvero emblematica del clima incattivito che si è creato da qualche anno a questa parte in Italia.