«Io, davanti al Papa testimone della fede»
A tu per tu con papa Francesco è evidente la sua capacità di parlare della fede toccando il cuore delle persone. La risposta più commovente è quella sul dolore innocente dei bambini, la fiducia nello sguardo di Dio che non spiega il perché ma dà sicurezza.
La prima cosa che balza agli occhi, avendo avuto l'immeritato regalo di poter stare a tu per tu con Papa Francesco, è l'assoluta mancanza di qualsiasi distanza e la sua capacità di mettere a proprio agio l'interlocutore. Ma subito dopo, a colpire, è il suo sguardo di fede, la sua capacità di parlare della fede toccando il cuore delle persone, con semplicità e profondità.
È stata questa l'esperienza che ho potuto vivere nel corso dell'intervista sul Natale che gli ho fatto la scorsa settimana e che è stata pubblicata domenica 15 dicembre su «La Stampa» (clicca qui per leggerla).
Come sempre accade quando a parlare è un testimone autentico della fede cristiana, le parole che descrivono il contenuto di questo messaggio non sono mai disincarnate o teoriche: contengono invece accenni e accenti molto concreti. Così, ad esempio, la sottolineatura sul Natale come annuncio di gioia e non di denuncia delle (tante) ingiustizie del mondo è un invito a volgere lo sguardo all'essenziale, al sovrabbondare della grazia, alla risposta umanamente inimmaginabile rappresentata da un Dio che si abbassa e si fa bambino. Lo sguardo alle miserie del mondo, l'impegno per la giustizia, sono conseguenze che si traggono a partire da quella grazia sovrabbondante e inaspettata, che eccede qualsiasi umano desiderio.
Le parole sulla speranza e sulla tenerezza sono un invito rivolto a tutti: non è mai troppo tardi per lasciarsi sorprendere dall'amore di un Dio che non chiude mai le porte. E la capacità di abbracciare, non è un optional per i cristiani, chiamati a testimoniare la tenerezza di Dio. Una volta Papa Francesco ha spiegato che la tenerezza non è una caratteristica dei deboli, ma di chi è forte d'animo, come lo era San Giuseppe.
La risposta più commovente di Francesco, nell'intervista, è quella sul dolore innocente dei bambini. «Un maestro di vita - ha detto Bergoglio - per me è stato Dostoevskij, e quella sua domanda, esplicita e implicita, ha sempre girato nel mio cuore: perché soffrono i bambini? Non c'è spiegazione. Mi viene questa immagine: a un certo punto della sua vita il bambino si "sveglia", non capisce molte cose, si sente minacciato, comincia a fare domande al papà o alla mamma. È l'età dei "perché". Ma quando il figlio domanda, poi non ascolta tutto ciò che hai da dire, ti incalza subito con nuovi "perché?". Quello che cerca, più della spiegazione, è lo sguardo del papà che dà sicurezza. Davanti a un bambino sofferente, l'unica preghiera che a me viene è la preghiera del perché. Signore perché? Lui non mi spiega niente. Ma sento che mi guarda. E così posso dire: Tu sai il perché, io non lo so e Tu non me lo dici, ma mi guardi e io mi fido di Te, Signore, mi fido del tuo sguardo».
Il cappellano dell'Istituto dei tumori di Milano, don Tullio Proserpio, ha diffuso via email questo stralcio delle parole del Papa e mi ha scritto raccontando che avevano colpito molti di coloro che sono quotidianamente a contatto con situazioni simili. Attestando ancora una volta che Francesco ha il carisma di interrogare le anime, anche quelle dei lontani. Solo questo spiega fino in fondo il moto di simpatia diffusa nei suoi confronti: non l'adesione di chi ha già capito tutto, di chi si sente confermato in ciò che fa e non si lascia «ferire», di chi lo strumentalizza per le sue idee, di chi ha già inglobato il Papa nei suoi schemi o di chi - sempre a partire dai suoi schemi - lo rifiuta. Ma lo stupore di uomini e donne che si lasciano provocare da una testimonianza autentica e trasparente.