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EDITORIALE

Intervento in Siria, pura follia

Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia sono ormai decisi, l'Italia sembra pronta ad accodarsi: l'intervento militare internazionale contro il regime siriano è questione di giorni. La tragica esperienza della Libia non è servita a nulla.

Editoriali 27_08_2013
Siria

Mentre in Italia tutta l’attenzione politica è concentrata sulla “salvezza” o meno di Silvio Berlusconi, in Medio Oriente sta succedendo qualcosa di grave che meriterebbe invece tutta la nostra attenzione. Gli Stati Uniti, seguiti a ruota da Gran Bretagna e Francia sono decisi a un intervento militare contro la Siria, forse già nelle prossime 48 ore a dare retta a fonti giornalistiche britanniche. Scopi e dimensioni dell’intervento sono ancora da definire, ma la volontà di attaccare è chiara, come spiegava ieri il nostro Gianandrea Gaiani. Così come è chiaro che il presunto uso delle armi chimiche da parte del regime di Assad sia il classico pretesto per giustificare un’azione già decisa.

L’attacco con armi chimiche, che ha provocato centinaia di morti lo scorso 20 agosto nella periferia di Damasco, ha una matrice ancora incerta ma Usa ed Europa hanno comunque deciso che il responsabile è Assad, che quindi merita la punizione. Peraltro si levano voci che considerano il regime di Assad comunque responsabile anche se non fosse il diretto mandante di tali stragi.

Per capire questa posizione, bisogna citare ad esempio quanto chiaramente espresso dal missionario gesuita padre Paolo Dall’Oglio lo scorso 19 luglio. Spiace doverlo citare proprio in questo momento in cui di lui non si sa più nulla e si teme per la sua vita, però quelle sue parole sono molto significative. Dopo aver dato tutti i peggiori giudizi possibili sul regime di Damasco ed essersela presa con i cristiani che preferivano stare con Assad piuttosto che alla mercé dei fondamentalisti, a proposito di armi chimiche afferma: “Ma guardiamo alla cosa dal punto di vista etico della rivoluzione siriana. Ammettiamo per un istante che ci fossimo appropriati di armi chimiche sottratte agli arsenali di regime conquistati eroicamente. Immaginiamo di avere la capacità di usarle contro le forze armate del regime per risolvere il conflitto a nostro favore e salvare il nostro popolo da morte certa. Cosa ci sarebbe d'immorale? Tutte le armi possibili sono usate contro di noi”. Parole che alla luce di quanto accaduto la scorsa settimana potrebbero apparire anche profetiche, ma che in ogni caso esprimono una posizione “morale” assolutamente inaccettabile.

In ogni caso qualsiasi sia la verità sull’uso delle armi chimiche, un intervento militare internazionale in Siria è pura follia. C’è già alle spalle il clamoroso errore della guerra al leader libico Gheddafi (eliminato il leader, la Libia è tuttora nel caos e con l’ascesa dei gruppi jihadisti), che pure dovrebbe insegnare qualcosa. Ci sono poi forti tensioni in tutti i paesi della “primavera araba”, Egitto in testa, grazie alla crescente influenza delle formazioni jihadiste. Inoltre nella vicenda siriana ci sono coinvolte tante potenze, regionali (Qatar, Iran, Turchia, Arabia Saudita) e mondiali (Russia e Cina oltre a Usa ed Europa). Da ultimo si deve fare i conti con una netta superiorità delle milizie jihadiste all’interno delle forze che si oppongono ad Assad. Tutti motivi che fanno ritenere assolutamente imprevedibile l’esito di un intervento militare occidentale. Sicuramente l’esperienza, anche recente, dimostra che la guerra non risolve i problemi, anzi ne crea di altri, e in Siria questo varrà ancora di più.

Lo scenario più probabile vede comunque un ulteriore rafforzamento della presenza fondamentalista islamica, cosa che da sola dovrebbe sconsigliare ai paesi europei un coinvolgimento. Invece anche il nostro governo ieri sera, al termine di un vertice cui hanno partecipato il presidente del Consiglio Enrico Letta, il vice premier Angiolino Alfano, il ministro degli Esteri Emma Bonino e il ministro della Difesa Mario Mauro, ha deciso di accodarsi a Usa e compagnia con la “condanna totale dell’atteggiamento del regime” di Damasco, e con la valutazione che “si è oltrepassato il punto di non ritorno”. La strada, dice un comunicato di Palazzo Chigi, è quella di “una soluzione in ambito multilaterale”, una espressione piuttosto vaga ma che apre le porte al sostegno fattivo del nostro governo all’operazione militare, magari bissando ciò che accadde per l’intervento in Libia, ma dimenticando ancora una volta il nostro interesse nazionale per il quale un Medio Oriente in fiamme è quanto di peggio possa esserci.

Da ultimo non bisogna dimenticare la situazione dei cristiani. Come abbiamo visto nei giorni scorsi, la cosiddetta “primavera araba” ha già prodotto un aumento di persecuzioni in diversi paesi della regione; la guerra in e contro la Siria darà un altro brutto colpo alla presenza cristiana. E questo non solo richiama l’attenzione sulla sorte dei nostri fratelli nella fede, ma anche priva il Medio Oriente dell’unica comunità in grado di dialogare con tutti e costruire ponti tra le diverse fazioni in lotta. Almeno il nostro governo dovrebbe avere come priorità la loro difesa.