(In)fedele alla linea
Nella trasmissione di Lerner si parlava di indignati e black bloc a proposito dei disordini di Roma. Gli spunti per una discussione di buon livello c’erano ma alcuni ospiti hanno preferito arroccarsi sulle loro posizioni con un piglio ideologico che lasciava poco spazio al dialogo.
Dai lanzichenecchi ai black bloc si è dipanato il filo rosso della puntata di ieri sera de “L’Infedele” (La7, lunedì ore 21.20), il talk show condotto da Gad Lerner. L’oggetto del dibattito in studio e dei servizi da fuori era la situazione dell’Italia, a partire dai disordini e dalle violenze che sabato scorso hanno segnato negativamente la manifestazione degli “indignati” a Roma.
In studio Giuseppe De Marzo del “Coordinamento 15 ottobre”, una studentessa bolognese ferita durante la manifestazione, Ida Domonijanni del “Manifesto”, Paolo Limonta, coordinatore dei Comitati per Pisapia sindaco di Milano, Giuliano Urbani, fondatore di Froza Italia, il deputato Pdl Giorgio Stracquadanio, il sindaco di Macherio Giancarlo Porta e – dulcis in fundo – il professor Massimo Firpo, membro dell’Accademia dei Lincei e docente di Storia moderna all’Università di Torino.
La presenza di quest’ultimo, apparentemente avulsa dal contesto, è stata giustificata da Lerner con l’accostamento tra il sacco di Roma del 1527 e la messa a ferro e fuoco della Capitale di sabato scorso. Gli spunti per una discussione di buon livello c’erano ma alcuni ospiti, a partire dal sanguigno Stracquadanio, hanno preferito arroccarsi sulle loro posizioni con un piglio ideologico che lasciava poco spazio al dialogo.
La tesi di Lerner ne è uscita indebolita, nonostante le sue continue insistenze sui parallelismi fra quel periodo storico e quello attuale. E i giovani indignati – non quelli violenti, ma quelli capaci di affermare le proprie ragioni in modo civile e corretto – che dovevano essere al centro dell’attenzione sono passati in secondo piano rispetto alle letture sociopolitiche degli esperti.