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India, storia di una parrocchia sparita

È una parrocchia svanita nel nulla quella di Betticalla, nell’arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar...

È una parrocchia svanita nel nulla. La vicenda della parrocchia cattolica di Betticalla, nell’Arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar, teatro dei massacri anticristiani dell’agosto 2008, è una tragica storia che la Chiesa locale racconta all’Agenzia Fides.
La parrocchia copriva il territorio del villaggio di Nandigiri, dove vivevano un centinaio di famiglie cristiane, accanto ad altre famiglie induiste. Si tratta di povere famiglie di contadini, molto devote e impegnate nella Chiesa locale, dove operavano due sacerdoti e tre suore, residenti nella parrocchia.
Uno dei due preti, p. Mrityunjay Digal, è l’attuale segretario dell’Arcivescovo Raphael Cheenath. Sua madre e i suoi due fratelli, residenti nel villaggio, hanno assistito e subìto alcuni degli episodi di violenza più terribile, registrati nel periodo delle stragi. I militanti indù hanno rasato la capigliatura a uno dei due fratelli e, esponendolo al pubblico ludibrio, lo hanno costretto a mangiare sterco di mucca e bere urina, inscenando un rito di conversione forzata all’induismo.
Ogni singola casa dei fedeli cristiani è stata razziata e bruciata. I fedeli si sono rifugiati nella foresta e poi hanno trovato rifugio nei campi profughi allestiti dal governo. Ma sono fra le persone che non potranno mai tornare alle loro case perché gli estremisti tuttora impongono la pre-condizione di una conversione di massa all’induismo.
La autorità hanno reso noto “di non poter fare nulla” di fronte alle minacce dei gruppi radicali e di non poter garantire la sicurezza dei cristiani, se tornassero nella zona. La soluzione prospettata è stata, allora, quella di fondare un nuovo villaggio, a parecchia distanza da Nandigiri, alle pendici delle montagne. Il villaggio si chiama – colmo del paradosso – “Shantinagar”, ovvero “il luogo della pace”.
E così le autorità locali hanno assegnato a ogni famiglia un piccolo pezzo di terra per costruire una nuova casa. Le famiglia cristiane (51 sono cattoliche) si sono date da fare, hanno dissodato il terreno, costruito canali e sentieri per rendere l’area abitabile. Per edificare ogni singola casa occorrono, invece, 80mila rupie e si è avviata una raccolta di fondi. Aiuti sono giunti anche dai religiosi Gesuiti e dalle Suore di Madre Teresa, che hanno fornito coperte, cucine e vestiti.
Ma, nonostante l’impegno, la sopravvivenza è molto difficile e la sensazione è quella di vivere in un “ghetto”. Non c’è a lavoro a “Shantinagar” e non c’è terreno agricolo. I più giovani si spostano quotidianamente nella vicina città di Udayagiri, in cerca di lavoro a giornata. «Ma la gente si sente privata della dignità. E la Chiesa dell’Orissa ha perso una parrocchia», nota a Fides una fonte della Chiesa locale. Oggi il parroco vive nella lontana Bhubaneswar, capitale dello stato. Un altro sacerdote viene la domenica per celebrare la Messa. Gli abitanti del villaggio vorrebbero anche impegnarsi per costruire una nuova chiesa, con l’aiuto della Congregazione di San Gabriele, ma si attende ancora l’autorizzazione delle autorità per l’edificazione. La vita nella nuova colonia è molto dura. Il desiderio recondito dei fedeli, affidato alle intenzioni di Natale, sarebbe quello di ritornare a Nandigiri. Ma è molto probabile che resterà solo un sogno. 

(Agenzia Fides 10/12/2010)