Indi è morta: «Hanno avuto il corpo, non potranno avere l'anima»
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Indi Gregory è morta nella notte alle 1.45 (2.45 in Italia). Ieri le sue condizioni sembravano stabilizzate dopo le prime ore difficili a seguito dell'estubazione. Qui il racconto delle ultime ore di Indi nell'hospice nelle parole del padre consegnate alla Bussola.
- Quella voglia ostinata di morte, di Riccardo Cascioli
- DOSSIER: Il caso Indi Gregory
+++AGGIORNAMENTO ORE 8++++
Indi Gregory è morta, questo il messaggio con cui il papà, Dean, ce lo ha annunciato:
«La vita di Indi è terminata alle 1.45 (le 2.45 in Italia, ndr). Io e Claire siamo arrabbiati, affranti e proviamo vergogna. Il Servizio sanitario nazionale e i tribunali non solo le hanno negato qualsiasi possibilità di vivere, le hanno anche negato la dignità di morire nella casa della famiglia a cui apparteneva. Sono riusciti a prendersi il corpo e la dignità di Indi, ma non potranno mai prendersi la sua anima. Hanno provato a disfarsi di Indi in modo che nessuno lo sapesse, ma abbiamo fatto in modo che sia ricordata per sempre. Sapevo che era speciale dal giorno in cui è nata».
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Non c’è una reale differenza tra un hospice e un ospedale quando l’obiettivo è ottenere la morte di Indi il più rapidamente possibile. Dean Gregory e Claire Staniforth, i genitori di Indi, se ne sono resi conto molto velocemente dopo che la bambina di 8 mesi sabato 11 novembre era stata trasferita dal Queen's Medical Center di Nottingham a un hospice di cui il giudice ha vietato di rendere pubblico il nome.
Quello che segue è un resoconto di prima mano del trasferimento di Indi e del calvario che con i genitori ha affrontato dietro le porte chiuse dell'hospice.
«Indi sta lottando», ha detto Dean Gregory alla Bussola sabato 11 novembre alle 18 (ora del Regno Unito), poco dopo l’estubazione avvenuta nell’hospice. La bambina veniva coccolata dalla mamma Claire mentre la maschera dell’ossigeno che le copre tutto il viso aveva sostituito la ventilazione. Fin dal mattino presto di quel sabato, Dean ci ha inviato costantemente messaggi via WhatsApp per aggiornarci via via con quanto stava accadendo.
Ci ha così spiegato che Claire Staniforth, la mamma di Indi, era al Queen's Medical Center di Nottingham sabato mattina. Venerdì sera, la famiglia era stata infatti informata che Indi sarebbe stata trasferita all'hospice tra le 10 e le 11 del mattino. Solo Claire avrebbe accompagnato Indi in ambulanza, mentre Dean e l’altra figlia sarebbero dovuti andare separatamente in macchina, «ma senza seguire l’ambulanza» era l’ordine. L’arrivo di Claire in ospedale non è stato tranquillo: «Siamo stati scortati dalla sicurezza e da alcuni poliziotti al piano A. Hanno dovuto controllare tutta l’area fuori dall’edificio prima che potessimo salire sull’ambulanza». Che così è partita per l’hospice con due ore di ritardo, alle 13.
Il viaggio di 40 minuti in ambulanza verso l'ospizio è stato sorprendentemente tranquillo per la bambina gravemente malata, i cui medici avevano testimoniato in tribunale, che era «chiaramente angosciata, agitata e sofferente» a causa del suo trattamento. Dean ha scritto: «Non si è nemmeno accorta del viaggio, era semplicemente sdraiata lì, rilassata». «Non ha avuto affatto problemi per il viaggio, non ha battuto ciglio». Commenta Dean: «Vedi, ce l’avrebbe fatta facilmente ad andare in Italia».
Claire e Dean stanno ancora lottando per venire a patti con la decisione dei tribunali britannici ed europei di impedire loro di accettare l’offerta dell’Italia di curare Indi presso l’ospedale vaticano Bambin Gesù di Roma. Avrebbe soddisfatto il loro desiderio di dare a Indi ogni possibilità di vita permettendole di vivere la sua vita fino alla sua fine naturale. Rammaricandosi per quella che percepivano come un'occasione persa per aiutare Indi, Dean e Claire avevano deciso che Indi sarebbe tornata a casa, un viaggio di 20 minuti, esattamente la metà della distanza dall’hospice.
Originariamente infatti, il Piano di assistenza concordato in tribunale aveva dato alla famiglia tre possibili luoghi tra cui scegliere per le cure di fine vita di Indi: ospedale, hospice o casa. In un primo momento la famiglia aveva optato per l'hospice, ma poi ha cambiato idea preferendo la propria abitazione, dopo che i giudici avevano negato il trasferimento in Italia. A questo punto però, i medici di Indi si sono opposti: inizialmente sostenendo che era troppo rischioso spostarla e poi sostenendo che le complicazioni legate alla fornitura di cure palliative a casa invece che in un istituto medico, avrebbero potuto causare sofferenze inaccettabili a Indi (vedi la sentenza qui). La loro ultima richiesta di portarla a casa è stata respinta durante un’astiosa udienza finale in tribunale venerdì 10 novembre. Dean ha scritto: «l’hospice è un buon posto, ma non in queste circostanze. Non sono contento di essere qui, volevamo l’Italia e se non l’Italia, almeno casa».
Nel frattempo, Indi, giaceva nel suo nuovo letto dell’hospice, totalmente ignara del destino crudele che la aspettava. Dean le ha scattato la prima foto: lei guardava attentamente la camera, sdraiata su lenzuola rosa con il suo coniglio di peluche accanto a lei e una coperta fatta a mano all'uncinetto sui suoi piedi.
Alle 14.45 è avvenuta l'estubazione. Indi ha smesso di respirare: «Pensavamo di averla persa», ha scritto Dean. Dopo 12 settimane di ventilazione, il corpo di Indi si era abituato al suo supporto. Le è stata messa una maschera per l'ossigeno in faccia e Indi ha iniziato lentamente a respirare di nuovo.
Per tutta la sera e la notte tra sabato e domenica, Indi ha continuato a combattere tra la vita e la morte. «Potrebbe andare sia in un modo che nell’altro», ha scritto Dean. Il monitor registrava gli alti e bassi e nel frattempo a Indi è salita la febbre, oltre i 39°. È stata trattata con ibuprofene. Le è stato dato anche il nutrimento. Un assistente dell'hospice ha invitato la famiglia a togliere la maschera di ossigeno per poter vedere il suo volto. Dean ha rifiutato: «Non ha scelta in questo momento, ha bisogno di restare in vita». Così Indi è sopravvissuta alla prima notte.
Ma il nuovo giorno, ieri domenica 12 novembre, ha portato nuovi problemi ai genitori. Verso le 10 a Dean e Claire sono stati presentati alcuni moduli da firmare. Riguardavano le cure che Indi avrebbe dovuto ricevere se avesse avuto bisogno di rianimazione. C'erano due opzioni, la prima accettava l'assistenza di base e la seconda nessuna assistenza. Un secondo modulo richiedeva l’autorizzazione a tenere aggiornati i medici dell’ospedale sullo stato medico di Indi, a dimostrazione del legame che c’è fra le due strutture. Dopo aver consultato il suo avvocato del Christian Legal Centre, Dean non ha firmato nessuno dei due moduli: «Se firmi, quel modulo ci toglie i diritti», ci ha spiegato.
Comunque Indi era in condizioni migliori ieri rispetto al giorno prima. Il suo corpo sembrava aver assorbito lo shock della rimozione aggressiva della sua ventilazione. Era più stabile, la sua temperatura era scesa, si sta abituando alla maschera di ossigeno. Ma ora il problema sono i prossimi giorni, le cure che Indi potrà ricevere. Secondo la sentenza del tribunale, ci spiega Dean, «possono rifiutarsi di fare qualsiasi cosa per Indi». Un assistente dell'hospice ha detto a Dean: «La maschera può rimanere un paio di giorni, poi la toglieranno». Dean ha scritto immediatamente al consulente per difendere la «migliore possibilità di sopravvivenza» di Indi e gli ha ricordato che «la maschera è per sette giorni e che potrebbe essere estesa ma se sta bene, forse le andrebbe anche una cannula nasale».
Ieri sera Indi era calma e stabile. A mezzanotte, Dean ci ha scritto prima di chiudere la comunicazione per la notte: «Sto pensando - ha detto -. Sento che Indi è nata per questo scopo, cioè per mostrare ciò che sta accadendo ad altri bambini nel Regno Unito. Sapevo che Indi era speciale fin dal primo giorno».
«Mia figlia Indi messa a morte da un Sistema diabolico»
Si è riaccesa una piccola speranza per Indi Gregory, la bambina di 8 mesi gravemente malata a cui oggi i medici potrebbero togliere i supporti vitali: il governo italiano le ha concesso la cittadinanza italiana così da facilitare un eventuale trasferimento al Bambin Gesù di Roma. Alla Bussola il papà di Indi, Dean Gregory, consegna un messaggio di gratitudine per tutto quanto sta facendo l'Italia. E sulla sua vicenda dice: «In tribunale ho visto l’inferno, per questo ho fatto battezzare mia figlia».
Sì, vale la pena lottare per la vita di Indi Gregory
Malgrado la speranza generata dalla concessione della cittadinanza italiana, la strada resta in salita per salvare la bambina inglese di 8 mesi che medici e giudici vogliono lasciar morire. Ma la dignità della persona esige che la battaglia per la vita sia portata fino in fondo.
Indi Gregory, ecco perché non c’è accanimento terapeutico
In un’intervista al Corriere il responsabile del Comitato etico della Siaarti, Alberto Giannini, sostiene, contraddicendosi, che per Indi ci sia accanimento terapeutico. In realtà le terapie salvavita fornite alla bimba anglo-italiana sono efficaci e proporzionate.