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Vicenza

Incontri queer in diocesi, con i fondi dell’8 per mille

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Finanziati con i fondi dell’8 per mille una serie di incontri in diocesi di Vicenza, in cui si presentano libri con una prospettiva “teologica” Lgbt ed ecofemminista. Il tutto in nome del dialogo. Ma chi difende l’insegnamento cattolico?

Ecclesia 14_09_2024

Si chiama “Donne al pozzo”, una serie di quattro incontri nel chiostro della chiesa di San Lorenzo a Vicenza, che si basano sulla presentazione di libri dalla prospettiva esplicitamente ecofemminista e queer, secondo un filone “teologico” in netto contrasto con l’insegnamento cattolico di sempre. Incontri – in programma dal 9 al 30 settembre – che si tengono «anche grazie al contributo del progetto 8×1000 della Chiesa cattolica», come si legge nel sito dell’associazione Presenza Donna, principale promotrice della rassegna, in collaborazione con Coordinamento Teologhe Italiane, Libreria San Paolo Vicenza, La Voce dei Berici e Radio Oreb.

I suddetti libri hanno dei titoli e sottotitoli che sono già tutto un programma: 1) «Smaschilizzare la Chiesa»? Confronto critico sui “principi” di H.U. von Balthasar; 2) Treeology – Theology. In connessione: noi, Dio e l’albero; 3) Oltre il ritmo binario. Prove di trialogo tra antropologia, etica e studi di genere; 4) Bibbia Queer. Un commentario.

Il primo di questi libri – «Smaschilizzare la Chiesa»? vanta la prefazione di papa Francesco, a cui risale la paternità (almeno la più nota) della frase-esortazione, senza punto interrogativo, che dà il titolo al volume. Esso presenta i contributi di due teologhe e un teologo (Lucia Vantini, don Luca Castiglioni e Linda Pocher), che fanno alcune affermazioni talmente radicali e teologicamente ingiustificate da essere criticate anche da una recensione pubblicata dalla Civiltà Cattolica, non esattamente una rivista accusabile di “indietrismo”. Ad esempio Lucia Vantini, la stessa autrice che lunedì 9 settembre ha presentato il libro nel tempio di San Lorenzo, storce il naso di fronte al parallelismo Maria-Chiesa e contesta la dimensione sponsale di quest’ultima. «La stessa dinamica riduzionistica – scrive la teologa – si evidenzia nel modello di una Chiesa configurata attraverso l’immagine di Maria e definita sposa» (p. 21). Sembrerebbe un paradosso che smaschilizzare la Chiesa debba significare in qualche modo slegarla proprio da Colei che ne è membro «sovreminente» (Lumen Gentium, 53), ma non lo è: semplicemente, è il femminismo applicato alla teologia, che fa a pugni con le virtù della Madre di Dio.

Di ecofemminismo tratta Treeology, libro scritto da Elizabeth Green, che verrà presentato nell’ambito della rassegna vicentina il prossimo 16 settembre. Il neologismo che compare nel titolo è frutto della fusione di due termini inglesi – tree (albero) e theology (teologia). Nella scheda di presentazione leggiamo: «Lo sforzo delle teologie ecofemministe è di superare il pensiero dualista che divide la realtà in opposizioni del tipo sacro/profano. Si propongono di adottare un “pensiero ecologico” di connessione totale col pianeta secondo il quale noi siamo “dentro” la natura in modo che la “natura” come “una realtà a noi esterna” scompaia». Detto in altre parole: siamo di fronte a un approccio panteistico e paganeggiante.

C’è poi il libro Oltre il ritmo binario, che vorrebbe portare nella teologia la prospettiva degli “studi di genere”, l’espressione soft con cui si maschera l’ideologia del gender, con la sua negazione della complementarità maschio-femmina.

Si commenta da sé, infine, Bibbia Queer, libro scritto da due autori non cattolici, attivisti dell’universo Lgbt e ambientalista, che in sostanza reinterpretano le Sacre Scritture secondo una corrente esegetica omosessualista, per tentare di giustificare atti e condotte che sia l’Antico che il Nuovo Testamento condannano chiaramente, in quanto peccati. Bibbia Queer chiuderà la rassegna di “Donne al pozzo”. A presentare il volume, il 30 settembre, sarà Laura Scarmoncin, descritta quale «esperta di studi di genere». A dialogare con lei ci sarà don Dario Vivian, noto alle cronache per le sue veglie contro l’omofobia (termine frutto della neolingua) e perché parla di «amore omosessuale»: una contraddizione in termini, con cui si ingannano le anime che i pastori in primis, invece, dovrebbero educare al vero, poiché non si può parlare di amore laddove ci sono degli atti «intrinsecamente disordinati» (come li definisce il Catechismo, sulla scorta della Tradizione) che contraddicono il progetto di Dio sull’uomo e sulla donna.

La parola-chiave con cui sono stati promossi questi incontri è “dialogo”, eppure dal programma non si vede una controparte, cioè chi dovrebbe presentare tutta la verità e bellezza dell’insegnamento di sempre della Chiesa, che è fondamentale per la salvezza delle anime. È già grave che questo insegnamento lo si metta in discussione all’interno della stessa Sposa di Cristo: e lo è ancora di più se si pensa che tali dialoghi non si svolgono alla Festa dell’Unità, ma in uno spazio sacro e, tra l’altro, con i fondi dell’8 per mille.

Questi fondi riguarderebbero «non un’iniziativa specifica ma un progetto generale», ci dice al telefono suor Elisa Panato, orsolina, presidente di Presenza Donna. «Noi, come associazione Presenza Donna, abbiamo presentato un progetto – spiega la religiosa – e la diocesi di Vicenza ci ha dato l’approvazione per finanziare una serie di iniziative, tra cui anche questa». Riguardo ai contenuti, la suora afferma alla Bussola che quelle portate avanti dal Coordinamento Teologhe Italiane sono «riflessioni», non «sentenze».

Gli incontri di “Donne al pozzo” sono pubblicizzati nell’ultimo bollettino (numero 119, pag. 14) curato dall’Ufficio diocesano per l’educazione, la scuola e l’insegnamento della religione cattolica, diretto da don Marco Benazzato. Il sacerdote, raggiunto al telefono dalla Bussola, concorda sul fatto che i quattro libri di cui sopra siano ideologicamente orientati. Don Benazzato ci dice che l’Ufficio diocesano non è coinvolto nell’organizzazione della rassegna, «non riconosce – com’è scritto nel bollettino – crediti» formativi a chi vi partecipa, ma ha deciso di pubblicizzarla «semplicemente perché chi vuole andare, vada, e si faccia un’idea. Il senso è culturale. Conosciamo anche chi sta ai margini e cerchiamo di capire su che basi ragiona». Il sacerdote aggiunge poi di non mettere in discussione nulla del Catechismo, ma che è importante conoscere le idee esposte in libri del genere per «poi elaborare una risposta, con senso critico, oppure saremo semplicemente travolti».

Eppure, quelle esposte da don Benazzato sono motivazioni che restano monche. Perché un conto è conoscere le idee opposte alle proprie – cioè, qui, opposte al magistero costante della Chiesa – per elaborare una risposta adeguata; e un altro è lasciare campo libero alla diffusione di errori, che è ciò che intanto è avvenuto, a prescindere dal se e quando verrà elaborata una risposta. La pagina del bollettino diocesano che pubblicizza “Donne al pozzo” non contiene infatti neanche un avvertimento, una presa di distanza rispetto ai contenuti dei libri e della relativa rassegna. Non tutti coloro che si imbattono in una pubblicità simile e magari partecipano alle presentazioni di quei libri hanno i “filtri” per realizzare di essere di fronte a idee eterodosse, che perciò possono fuorviarli.

In nome del dialogo e dell’ascoltare l’altro, si è dimenticato che Gesù ha chiamato i discepoli innanzitutto ad ammaestrare. Una carità che la Chiesa deve tornare a fare.