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In Vaticano torna la figura del cerimoniere-vescovo

Il maestro delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice elevato ad arcivescovo: un'eccezione alla regola, che a sua volta non è stata esente da (parziali) eccezioni.

Borgo Pio 22_04_2023

Nomina inattesa, quella pubblicata ieri, di mons. Diego Giovanni Ravelli, maestro delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, che sarà insignito dell'episcopato, come avvenne a suo tempo per mons. Piero Marini (il quale proprio recentemente ha festeggiato insieme ai cardinali Dziswiz e Harvey il 25° anniversario della consacrazione episcopale conferita loro da San Giovanni Paolo II il 19 marzo 1998).

Quasi sempre mitria e pastorale sono arrivati dopo l'incarico per i maestri delle celebrazioni liturgiche (o, fino al 1970, prefetti delle cerimonie pontificie). Quasi sempre, appunto. Enrico Dante ricoprì l'incarico dal 1947 con Pio XII, proseguendo con San Giovanni XXIII e San Paolo VI, che nel 1965 lo creò cardinale. Nominato e consacrato arcivescovo nel 1962 (ma in quanto segretario della Congregazione dei Riti e non perché cerimoniere), continuò a dirigere le celebrazioni papali per tre anni, fino alla creazione cardinalizia.

Furono consacrati solo a incarico terminato e in quanto destinati ad altro i successori Virgilio Noè (poi cardinale) e John Magee. Piero Marini rappresentò una parziale eccezione: la sua fu la prima nomina episcopale non legata ad altro incarico (come nel caso di mons. Dante) né tantomeno alla cessazione o a nuova destinazione, ma giunse dopo 11 anni di servizio: Marini era alla guida delle celebrazioni papali dal 1987. Con il secondo Marini (Guido Marini, l'attuale vescovo di Tortona, curiosamente omonimo del predecessore) si tornò alla prassi per cui il cerimoniere era un "semplice" presbitero.

L'elevazione di mons. Ravelli giunge dopo meno di due anni per cui è verosimile che svolgerà da vescovo (precisamente da arcivescovo) buona parte del suo mandato. Di per sé, come già fu notato per mons. Piero Marini, il ruolo non richiede l'episcopato, ma ogni regola ha le sue eccezioni (e talvolta ogni eccezione ha le sue regole).