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MANIFESTazione

In piazza a Roma vince l'Europa del riarmo

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La manifestazione di sabato scorso a Piazza del Popolo ha messo in evidenza che c'è un'idea di Europa vaga e confusa, un vero vuoto ideale che alla fine, porterà all'accettazione del riarmo, in nome della pace. Cattolici presenti compresi.

Politica 17_03_2025

Sabato scorso si sono svolte a Roma tre manifestazioni per l’Europa. La maggiore è stata “Una piazza per l’Europa” tenutasi a piazza del Popolo, proposta da Michele Serra e alla quale hanno aderito diversi partiti e movimenti della sinistra più i sindacati per un grande rilancio dell’Unione Europea tra Putin e Trump. La seconda è stata organizzata da “Democrazia popolare sovrana”, il partito di Marco Rizzo e Francesco Toscano con obiettivi opposti, ossia per lo scioglimento dell’Unione  e contro il progetto di riarmo. La terza è avvenuta a piazza Barberini organizzata da “Potere al popolo” contro la guerra vista come ultima fase del capitalismo. Molte bandiere blu con le stelle nel primo caso, solo bandiere italiane nel secondo e bandiere rigorosamente rosse nel terzo.

La manifestazione “Una piazza per l’Europa” è stata descritta dai protagonisti come un grande evento: piazza del Popolo piena, 50 mila presenti. Invece così non è stato. Il messaggio partito è apparso incerto, confuso e debole. Si può perfino dire che ne è uscita una indicazione contraria alle attese di chi l’ha voluto: non un potenziamento dell’idea di Europa ma un suo indebolimento. Sul palco c’erano cantanti, artisti, comici, intellettuali. Nessun politico ha voluto metterci la faccia. Segno, già questo, della consapevolezza della confusione di idee e progetti presenti in platea.

C’era Elly Schlein, segretaria del PD, ma anche Paolo Gentiloni, che si propone di prenderne il posto, e Pina Picerno, capofila della fronda che in parlamento UE non ha rispettato gli ordini di scuderia della segretaria e ha votato sì al riarmo anziché astenersi. Dei Democratici c’erano anche altri esponenti compresi quelli dell’ala riformista e quelli della sinistra del partito.
La frammentazione non era limitata però a questo partito. C’era il pulviscolo della sinistra liberal, da Azione con Calenda a Più Europa con Magi, fino a Italia Viva con Elena Boschi, ognuno dei quali affronta il problema con sfumature diverse. Azione vuole una “pace garantita” (dalle armi), Più Europa usa il tema del riarmo per accelerare verso gli Stati Uniti d’Europa, i renziani sono per il sì ma sostengono che Ursula non ne sia all’altezza. C’erano anche Fratoianni e Bonelli di Alleanza Verdi Sinistra che, almeno sulla carta, dicono di essere contro il finanziamento della difesa europea.
In piazza, poi, c’erano i gruppi con la bandiera della pace contrari al riarmo e alla guerra, e quelli con la bandiera dell’Ucraina, che invece la vogliono. La manifestazione avrebbe dovuto segnalare con forza che “L’Europa c’è”, invece ha nuovamente manifestato che non c’è. Ha messo a nudo che ne manca l’idea, ha reso evidente un vuoto.

Accertato questo, bisogna anche chiedersi dove andranno concretamente a parare le forze presenti in piazza del Popolo. Perché da qualche parte dovranno approdare. Se torniamo ad esaminare i personaggi che hanno intrattenuto la folla dal palco, notiamo che esprimono tutti la medesima cultura. C’erano Augias e Zagrebelski, la Littizzetto e Formigli, Bisio e Jovanotti, e non poteva certo mancare Antonio Scurati. È toccato ad Augias connotare ideologicamente la manifestazione, dicendo «Oggi questa piazza è di nuovo Ventotene». Questa enfasi sull’Unione Europea di Ventotene prepara nel concreto la strada all’accettazione del riarmo.

Anche Liliana Segre, presente in piazza, ha affermato che l’arrendevolezza non ha mai impedito le guerre. Anche Scurati ha detto che ripudiare la guerra non vuol dire essere rinunciatari. Anche Gualtieri ha detto che occorre uno slancio verso una Europa più forte. Perfino Andrea Riccardi ha detto che di fronte ai grandi appuntamenti del futuro bisogna essere uniti.

Pur nella confusione di sabato, alla lunga questa prospettiva prevarrà e le contrapposizioni si ricuciranno, a cominciare da quella tra Gentiloni e Schlein. Non dimentichiamo che la diversità tra loro non riguardava riarmo sì oppure no. Ambedue si sono dichiarati per il riarmo, solo che la Schlein voleva subito una difesa comune e non solo un riarmo delle nazioni. Anche le altre differenziazioni rientreranno progressivamente perché i gruppuscoli finiscono sempre per aggregarsi alla linea che ad un certo punto si fa dominante, per non essere tagliati fuori.   

Le altre due contemporanee manifestazioni non hanno portato maggiore chiarezza. La piazza di Rizzo e Toscano, pur elaborando critiche condivisibili all’Unione e al riarmo, ha mantenuto fede alle proprie origini ideologiche e molti partecipanti hanno detto pure loro di essere lì per il Manifesto di Ventotene. L’altra manifestazione di “Potere al popolo” ha applicato alla grave situazione presente astratti schemi ideologici di scuola comunista.   

A piazza del Popolo erano ufficialmente presenti (nessuna sorpresa) l’Agesci e la Comunità di Sant’Egidio. Le neonate associazioni Comunità democratica, la Rete di Trieste, Piano B non si sono pronunciate, perché i loro uomini sono già interni ai partiti di riferimento – soprattutto il Partito democratico - e rispondono alle loro logiche. Il problema cattolico va però oltre la presenza o meno di questi neonati gruppuscoli. La questione di fondo è come conciliare l’europeismo sfrenato della Conferenza episcopale italiana con le posizioni di realistico pacifismo di Francesco. Il Papa ha più volte detto che parlare di una pace “giusta” è irrealistico, perché non tiene conto dei molteplici interessi politici ed economici che nel frattempo si sono consolidati. In precedenza, aveva anche invitato a considerare tutti i motivi di questa guerra e non solo l’invasione russa.