In pandemia decisioni su pressione di una falsa scienza
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Due episodi svelano la natura politica della gestione della pandemia: la desecretazione dell'audizione del membro Cts Ippolito («da noi pareri, la politica ha deciso») e la character assassination del "nostro" Bellavite, nominato da Schilaci nella task force sui vaccini, sul quale è piovuta la stizza di mezzo Pd e dei soliti televirologi.
- La prudenza di Kennedy jr di Stefano Magni

Due pezzi facili facili a riprova che la pandemia è stata gestita secondo dinamiche prettamente politiche e molto poco scientifiche.
Il primo ce lo ha consegnato la Commissione Bicamerale Covid presieduta dal senatore Marco Lisei. Mercoledì, alla vigilia della pausa estiva parlamentare, sono stati desecretate quelle audizioni tenute segrete nei mesi di maggio e giugno perché gli auditi non si influenzassero a vicenda.
Si è scoperto che nel corso dell’audizione che lo ha visto protagonista, Giuseppe Ippolito, infettivologo e membro del Comitato Tecnico Scientifico governativo, ha espresso critiche sulla gestione della pandemia. «Noi fornivamo pareri e la politica decideva cosa farci», ha detto, lasciando intendere che le decisioni del Governo non fossero dettate davvero da criteri scientifici e medici, ma di convenienza politica. Motivo per cui, l’onorevole Alice Buonguerrieri (FdI) e componente la Commissione, ha avuto buon gioco nel commentare che Ippolito «ha stroncato la dichiarazione che l’ex ministro della Salute pronunciò alla Camera nel 2020 secondo cui fosse la scienza e non la politica a orientare le scelte governative contro il Covid».
Ma che sia stata la politica il faro direzionale con cui misurare le decisioni prese, dai lockdown all’imposizione dei vaccini, ce lo fornisce anche un episodio di questi giorni che vede protagonista “il nostro” Paolo Bellavite, firma della Bussola e Patologo dell’Università di Verona.
Assieme ad un’altra ventina di medici e scienziati, Bellavite è stato scelto dal ministro della Salute Orazio Schillaci per far parte del Nitag, il gruppo tecnico consultivo nazionale sulle vaccinazioni, organismo che durante la campagna vaccinale è stato completamente oscurato dalla presenza del Cts e che Schillaci, dovendone rinnovare le cariche, ha deciso di rendere più operativo. Come? Inserendo nell’elenco dei consulenti anche due medici non apertamente vaccinisti, anzi critici non tanto nei confronti dei vaccini, ma nella gestione della campagna vaccinale e che non ha mancato di offrire al mondo scientifico le numerose evidenze sugli eventi avversi da vaccino anti Covid. Come Bellavite anche il dottor Eugenio Serravalle.
Ebbene: i due sono stati letteralmente bersagliati da quel mondo di televirostar che in questi cinque anni ha occupato la scena pubblica con le proprie opinioni, spesso dettate da interessi. Ma anche da quella parte della politica, leggi il Partito Democratico che ad essi si è accodato.
Nei loro confronti si è scatenata una vera e propria character assassination, un tiro al bersaglio indegno di un Paese civile.
Una rapida carrellata. L’immancabile Matteo Bassetti ha protestato: «Ci sono figure palesemente fuori luogo, ideologicamente contro i vaccini e a favore dell’omeopatia, credo che rappresenti uno dei punti più bassi mai toccati nella salute pubblica italiana», ha detto.
Proseguiamo con Nino Cartabellotta dell’onnipresente fondazione Gimbe che ha parlato di un «atto di grave irresponsabilità politica e professionale che annienta la credibilità delle istituzioni, svilisce la scienza e legittima la disinformazione». Le parole di Cartabellotta sono state commentate proprio da Bellavite, che in un post di replica gli ha ribattuto: «Semplicemente siamo più competenti di te. Mostrami cosa hai pubblicato di scientificamente valido sui vaccini», alludendo all’assenza di pubblicazioni scientifiche a tema vaccinale nel suo curriculum, cosa che invece il professore veronese, può vantare abbondantemente.
Attacchi sono arrivati anche dal quotidiano Il Domani, dal Fatto Quotidiano e dal Post, che ha ricordato, per screditare Bellavite, lo scandaloso episodio che lo vide vittima: dopo una ospitata alla trasmissione Di Martedì condotta da Giovanni Floris all’inizio della vaccinazione di massa, in cui metteva in guardia dall’assenza di informazioni circa l’efficacia e la sicurezza dei vaccini appena immessi in commercio, venne letteralmente sbattuto fuori dall’Università di Verona, luogo accademico doveva aveva dedicato una vita di insegnamento e ricerca.
Il Pd non poteva mancare alla caccia. Così il capogruppo Pd in Commissione Affari sociali Marco Furfaro ha bollato come no vax Bellavite e Serravalle.
Ma l’intervento più inopportuno è stato quello di Sandra Zampa, ex sottosegretario alla Salute, la quale, pensando di colpire Bellavite, ha, invece, offeso il ministro Schillaci: «Ma che vergona è mai questa? – ha strepitato -. Come si fa a nominare medici no vax? Ma lei è un medico laureato dove? In quale università? Il giuramento di Ippocrate le dice qualcosa?».
Curioso che si tiri in ballo il giuramento di Ippocrate da parte di politici come Sandra Zampa che da Sottosegretario in carica non si fece scrupolo di denigrare il lavoro di quei medici che, proprio per essere fedeli al giuramento di Ippocrate, curarono il Covid senza affidarsi allo sciagurato protocollo Tachipirina & Vigile attesa promosso dal loro compagno di partito Roberto Speranza.
In realtà la nomina di Bellavite e Serravalle è una nomina alla pari: il criterio scelto è puramente scientifico e alla pari con tutti gli altri membri. Anche perché dentro l’organismo voluto dal ministro ci sono medici che non hanno mancato di esprimersi pubblicamente con toni trionfalistici nei confronti dei vaccini.
Le reazioni rabbiose di questo circo barnum però svelano una cosa: le nomine di Schillaci, pur nella loro piccolezza sono un segnale che l’aria è cambiata dalle parti del Governo. Medici indipendenti come Bellavite, infatti, non avrebbero mai trovato posto durante la pandemia e i loro consigli non sarebbero mai stati ascoltati al tempo di Conte, Speranza e Draghi. E per questo c’è senz’altro da guardare con simpatia ai lavori prossimi del nuovo organismo rinnovato nella fiducia che non si ripetano mai più obbrobri scientifici e giuridici come la campagna vaccinale di massa al motto di “è sicuro” o del “se non ti vaccini, ti ammali, muori o fai morire”.
Ma è anche una riprova, se mai ce ne fosse bisogno, che tutte le decisioni della politica, sono state assunte su pressione non della scienza vera, ma di una scienza falsa, fatta di grancassa mass mediatica pseudoscientifica che ha spinto in una direzione e che la politica, alla fine, si è assunta compiti della scienza che non le erano propri, come ad esempio spacciare i vaccini sicuri per tutti, quando poi la realtà si è incaricata di dimostrare la falsità di questa informazione.
E questo è merito anche della Commissione Covid e degli esponenti di Lega e Fratelli d’Italia, dietro i quali c’è sicuramente lo “zampino” per queste due nomine, i quali con questa decisione, hanno mostrato che il re è nudo: non appena si esce dalla narrazione dominante del vaccinismo ideologico, scatta il riflesso pavloviano e isterico del circo barnum di virologi e politici, pronti a demolire chi indica una strada diversa. Ieri era con le cure domiciliari e oggi è con i vaccini, però stavolta, c’è da registrare un punto a favore della libertà di cura e di scelta terapeutica.