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Comunismo

In Laos i cristiani chiedono libertà di culto

 

Benché una legge preveda misure di protezione della minoranza cristiana, i fedeli nelle aree rurali subiscono discriminazioni e abusi sia dalla popolazione che dalle autorità governative

 

In Laos i cristiani – che costituiscono il 2 per cento della popolazione e sono per circa la metà cattolici – possono praticare la fede liberamente nelle grandi città, ma nelle aree rurali spesso subiscono abusi, minacce e sono perseguitati al punto che molti sono costretti a praticare la fede in segreto, nel timore di subire violenze o ritorsioni. Si registrano frequenti casi di funzionari che trattano i cristiani come cittadini di rango inferiore e li opprimono. Dei cristiani vengono arrestati anche solo per aver organizzato lo svolgimento di una cerimonia religiosa. Molti sono stati aggrediti, cacciati di casa, senza che le autorità intervenissero. Questo si deve anche al fatto che nelle aree rurali tra i buddisti rimane forte e diffusa più che nei centri urbani la convinzione che i cristiani siano dei traditori perché praticano una religione straniera, per di più importata da missionari provenienti dall’Europa e dagli Stati Uniti. Di questo ha approfittato il regime comunista per rappresentare i cristiani come strumenti di penetrazione dell’imperialismo occidentale. Particolarmente difficile è la situazione dei molti cristiani di etnia Hmong accusati di aver collaborato con gli Stati Uniti durante la guerra di Indocina combattuta tra il 1946 e il 1954. Tuttavia nel dicembre del 2019 è stata varata una legge che rafforza le misure di protezione nei confronti dei cristiani. Da allora – spiega l’agenzia AsiaNews – gruppi di cristiani “hanno iniziato a collaborare con il ministero degli Interni e il Fronte per la costruzione nazionale, per sensibilizzare le autorità locali” in merito alla nuova legge. La speranza è che in tutto il paese diventi possibile una libera e serena pratica del culto.