In India cresce un movimento anti cristiano tra i sikh del Punjab
Come gli induisti, i sikh sostengono che i cristiani convertono le classi basse con la forza e con l’inganno aiutati da finanziamenti di forze straniere
Nello stato indiano del Punjab il 31 agosto, poco dopo la mezzanotte, numerose persone hanno raggiunto la chiesa cattolica di Gesù Bambino di Patti, nella diocesi di Jalandhar. Hanno dato fuoco all’automobile del parroco e entrati nell’edificio hanno danneggiato una statua della Madonna. Gridavano “siamo Khalistani”. Si è quindi capito che si trattava di persone appartenenti al movimento separatista sikh “Khalistan”. A poche decine di chilometri da Patti si trova Amritsar, la città santa dei sikh. Per sicurezza la diocesi ha deciso di chiudere tutte le sue scuole per un giorno. La polizia che è stata informata sta conducendo indagini. Non si tratta di un episodio isolato, spiegano le comunità cristiane, altri attacchi lo hanno preceduto nei mesi scorsi. Tra i sikh infatti si sta diffondendo un movimento ostile ai cristiani. Come gli induisti, anche loro hanno incominciato ad accusare i cristiani di conversioni forzate e i missionari di programmi di conversione finanziati da forze straniere. Alcuni gruppi estremisti sikh sostengono che nel Punjab persone appartenenti alle caste inferiori si convertono al Cristianesimo, anche solo per qualche tempo, per ottenere dei vantaggio o delle cure miracolose. In realtà molti dalit oppressi dal sistema indù delle caste trovano nel Cristianesimo il conforto di non subire discriminazioni e la opportunità di una vita dignitosa, di una istruzione migliore. “Dicono che seduciamo le persone con i soldi – spiega Kamal Bakshi, il presidente dello United Christian Front – quando tutto ciò che le persone cercano nella Chiesa è l’uguaglianza”. Il 5 settembre Giani Harpreet Singh, capo dell’Akal Takht, la più importante sede temporale dei sikh, ha convocato un incontro durante il quale sarà approvata una risoluzione contro le conversioni al Cristianesimo.