In Francia parte il piano di livellamento dei sessi
Aborto senza giusta causa, non si parli più di "buon padre di famiglia", gli alimenti al genitore divorziato saranno pagati dai contribuenti, i permessi di maternità estesi anche ai padri, ogni azienda media o grande dovrà avere metà dipendenti donne. E l'educazione sarà tutta impostata sull'annullamento della distinzione dei sessi, maschile, femminile o "altro". In Francia parte il piano di livellamento dei sessi. Prepariamoci.
L’uguaglianza in Francia significa che la donna è uguale all’uomo e che è vietato discriminare le persone omosessuali. In sintesi, parità di genere. Un’accelerazione su questi temi è arrivata martedì scorso quando è stata approvata dall’Assemblea Nazionale quasi all’unanimità la nuova legge sulla parità uomo-donna. A primavera verrà esaminata dal Senato in seconda lettura e la legge sarà definitivamente esecutiva. Si tratta di una norma che interessa più ambiti giuridici. La novità che ha fatto più parlare riguarda l’aborto: ora la donna potrà accedervi anche se non sarà in uno stato di grave difficoltà.
Poi vi sono altri interventi ad esempio in seno al diritto di famiglia. Fino a ieri il congedo parentale alla nascita del primo figlio era di 6 mesi usufruibile dalla madre o dal padre. Ora si può estendere di altri sei mesi, ma a motivo dell’uguaglianza uomo-donna, questo secondo congedo può essere speso solo dal genitore che non aveva usufruito di quello precedente. Dunque il focus non è centrato sul bene del bambino: nel primo anno di vita questi ha più bisogno della madre e non del padre. Bensì sul principio di uguaglianza, anzi di egualitarismo: l’importante è avere sei mesi a testa. Via poi dal codice civile l’espressione “buon padre di famiglia”, che vanta ascendenze fin dall’epoca romana ed è pure presente nel laicissimo codice napoleonico. Il partito socialista l’ha giudicata sessista perché chi lo dice che solo il padre può essere “buono”?
Si passa poi a trattate degli alimenti dovuti al coniuge separato. Dato che nella maggior parte dei casi quest’ultimo è donna e dato che la crisi ha messo sul lastrico gli ex mariti ecco che lo Stato pagherà di tasca sua gli alimenti. Rectius: li pagherà attingendo dalle tasche dei cittadini francesi che così si ritroveranno a finanziare l’altrui scelta di divorziare. Si rende poi noto che lo Stato si potrà poi rivalere sul coniuge al verde quando questi avrà qualche spicciolo in più nel portafoglio.
Quote rosa: finora dovevano essere donna il 40% dei membri dei consigli di amministrazione delle società quotate in Borsa e delle aziende pubbliche. Scadenza per mettersi in regola: entro il 2017. Questa percentuale verrà ora estesa anche alle imprese con più di 250 dipendenti e con un fatturato annuo superiore ai 50 milioni di euro. Anche in politica l’uguaglianza è rosa: se in un partito politico i maschietti superano le femminucce più del 2% scattano sanzioni pecuniarie. Verranno infatti decurtati i contributi pubblici ai partiti proporzionalmente al numero di maschi presenti nel partito. L’uguaglianza è una valore matematico.
Infine sono vietati concorsi di bellezza per le under 13, ma nello stesso tempo lo Stato francese promuove corsi di educazione sessuale e di genere nelle scuole. Il ministro dell’Istruzione, Vincent Peillon, ha promosso l’iniziativa “Abc dell’uguaglianza” che alla fine del 2014 dovrà vedere coinvolti tutti gli istituti scolastici francesi. Peillon è sceso in campo in prima persona per testarne la bontà andando a visitare, insieme al ministro dei Diritti delle donne Najat Vallaud-Belkacem, una scuola di Villeurbanne. I due ministri così si sono rivolti ai ragazzini: “Con le macchinine possono giocare sia i bambini che le bambine. Oggi ci sono tante donne che fanno la guerra e sono quindi chiamate ‘soldatesse’. La danza è riservata alla femmine? Una donna può diventare muratore? Un bambino può giocare con le bambole a prendere il tè?”. Va da sé che tale iniziativa non solo dovrebbe promuovere l’uguaglianza uomo-donna, ma anche l’omosessualità. Infatti spronare ad esempio i maschietti a comportarsi da femminucce li orienta a condotte proprie delle persone omosessuali.
Ed infatti in modo ancor più esplicito questa iniziativa del governo chiede ai bambini di scegliere il proprio “orientamento sessuale” tra quattro categorie che lo Stato mette a loro disposizione: “Maschile, femminile, neutro, altro”. Questo al fine di “decostruire gli stereotipi di genere”. I libri suggeriti perché l’ideologia gender prenda piede a scuola hanno titoli che non fanno mistero sul loro contenuto: “Ho due papà che si amano”, “Papà porta la gonna”, “Signora Zazie (ha il pistolino?)” e “La nuova gonna di Bill”.
Come da noi, anche oltralpe hanno una strategia per l’indottrinamento sessuale dei minori e prende il nome di “Standard per l’educazione sessuale”. In ossequio alle direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità si dovrà parlare di “masturbazione giovanile” e condurre i fanciulli alla “scoperta dei propri genitali”.
“Vogliamo mettere il nostro Paese su un cammino senza ritorno” ha affermato, in modo inconsapevolmente sinistro, il ministro Vallaud-Belkacem.
Ma i genitori non ci stanno: la Confédération nationale des Associations Familiales Catholiques ha mobilitato i propri appartenenti, circa 300 sigle pari a 25mila famiglie. E al grido di “Un giorno al mese senza scuola” il 28 gennaio scorso molti ex buon padri e madri di famiglia hanno deciso di non mandare a scuola i propri figli. Risultato: in molte scuole di Parigi si è registrato fino al 40% di assenze. Una sorta di bigiata per la famiglia, una marinatura pour tous.