Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
AFRICA

In Costa d'Avorio muore la democrazia. E la gente

Era un miracolo economico, ora è l'arena di Gbagbo e Ouattara, i due "vincitori" delle recenti elezioni, i due
- come tutti gli ivoriani - perdenti.

Attualità 01_04_2011
Allassane Ouattara In Costa d’Avorio si sta consumando un nuovo immane dramma umano. Un milione di sfollati e profughi e centinaia di vittime civili sono il bilancio della crisi postelettorale iniziata quattro mesi fa, all’indomani del ballottaggio per le presidenziali svoltosi il 28 novembre 2010, e che nelle ultime settimane è degenerata in conflitto armato. L’appuntamento con le urne avrebbe dovuto concludere il lungo processo di pacificazione del paese, diviso in due dal settembre del 2002: il nord in mano a Forze Nuove, lo schieramento che aveva tentato e fallito un colpo di stato, e il sud controllato dal presidente Laurent Gabgbo.

Invece ha riportato tutto al punto di partenza e peggio. Entrambi i candidati, Laurent Gbagbo e lo sfidante Allassane Ouattara [nella foto] sostenuto da Forze Nuove, sono stati infatti dichiarati vincenti: per primo Ouattara, nominato dalla Commissione elettorale indipendente che però aveva perso la facoltà di farlo avendo superato i tempi previsti dalla costituzione per comunicare i risultati, e poi Gabgbo, proclamato vincitore dal Consiglio costituzionale, organo supremo a cui, sempre in base alla costituzione, era passato l’incarico di rendere noti i risultati. Il ribaltamento dell’esito elettorale si giustificava con la constatazione che nel nord dominato dall’opposizione si erano verificate irregolarità tali da invalidare il voto. Per esempio, in molti seggi risultavano più votanti che aventi diritto e addirittura in 120 seggi il presidente Gbagbo non aveva ricevuto neanche una preferenza. Probabilmente anche al sud i brogli non erano mancati, in favore del presidente. Inoltre è noto che la maggioranza dei componenti della Commissione è schierata con Ouattara, mentre il Consigliolo è con Gbagbo.

In altre parole, i tempi non erano ancora maturi. Meglio rimandare per la settima volta le elezioni piuttosto che svolgerle in queste condizioni. Va aggiunto che, su quasi 22 milioni di abitanti, solo 5,6 milioni risultavano iscritti nelle liste elettorali e quindi aventi diritto al voto.
Il seguito era prevedibile. Sia Gbagbo che Ouattara si sono affrettati a formare un governo e a designare i propri rappresentanti in sede internazionale: il primo forte dell’appoggio dell’esercito, il secondo, asserragliato in un hotel della capitale economica, Abidjan, difeso dai propri miliziani e in più potendo contare sulla legittimazione internazionale. Mentre l’Unione Africana tentava varie strade per una mediazione, sostanzialmente rimandando il giudizio su chi meritasse la carica, le Nazioni Unite, l’Unione Europea e molti stati occidentali hanno infatti preso posizione in favore di Ouattara: una decisione a dir poco avventata sia per l’impossibilità di accertare chi abbia realmente vinto sia perché in casi del genere l’esperienza insegna che l’unica via praticabile per evitare stragi di civili e il collasso dell’economia è la costituzione di un governo di unità nazionale, purtroppo espressione non di un programma di governo finalmente condiviso da tutte le componenti politiche, ma di un’intesa tra le parti per spartirsi ministeri, seggi parlamentari e cariche pubbliche a ogni livello.

Ora sembra profilarsi la vittoria di Ouattara le cui milizie, dopo aver conquistato la capitale politica Yamoussoukro e altre importanti città, stanno assediando Abidjan. Comunque vadano le cose, si profila la sconfitta della democrazia, ancora una volta tradita, e il permanere delle condizioni che nel 2002 hanno aperto la crisi: radicate divisioni religiose ed etniche e una concezione del potere inteso come mezzo per realizzare profitti personali a scapito del bene collettivo.

Non hanno giovato le ingerenze esterne, fin dall’inizio quando nel 2003 la Francia, ex madrepatria presente sul territorio ivoriano con una missione militare chiamata Licorne, aveva proposto un governo di unità nazionale dando a Forze Nuove il ministero della difesa e quello degli interni, il che significava in pratica consegnare ai ribelli esercito e polizia. Poi aveva distrutto la flotta aerea governativa e aveva risposto alle manifestazioni di protesta della popolazione schierata con il presidente facendone strage.

Per decenni la Costa d’Avorio è stata considerata un miracolo economico, l’unico nella regione,grazie al suo primo presidente e padre fondatore, Félix Houphouet-Boigny, in carica dall’indipendenza, nel 1960, al 1993. Dopo la sua morte sono bastati pochi anni al suo successore, Henri Konan Bédié, per compromettere le conquiste economiche realizzate grazie alla promozione del settore agricolo e in particolare delle filiere del caffé e del cacao che tuttora rappresentano il 20% circa del PIL ivoriano.