Impotenza e rabbia covano sotto la cenere in Terra Santa
A Gerusalemme e non solo si teme una nuova ondata di attentati. La paura domina nella società israeliana, mentre fra i palestinesi un senso di rabbia e impotenza, impotenza e rabbia, cova sotto la cenere. Entrambi i popoli rischiano di essere trascinati in un nuovo ciclo di violenza.
Gerusalemme - «Break the wave» (Infrangi l’onda) è il nome dato all'operazione delle Forze speciali dell'Esercito israeliano, coadiuvate dalla polizia di frontiera, per frenare l’ondata di violenza che si sta diffondendo in molti centri e villaggi di Israele. L'operazione è guidata dall'Unità 217, conosciuta con il nome di Dundevan. I suoi agenti agiscono sotto copertura, nelle aree urbane, indossando abiti civili per mascherarsi tra la popolazione araba locale. L'unità è anche nota per avere membri altamente qualificati sia in campo informatico, che di controguerriglia. «L'IDF (Israel Defence Forces) continuerà a svolgere operazioni di prevenzione del terrorismo e arresti, in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo, al fine di prevenire attacchi terroristici e garantire la sicurezza dei cittadini dello Stato di Israele» ha affermato il portavoce dell'IDF.
Nonostante il massiccio dispiegamento di forze, nella notte di sabato scorso, un gruppo di palestinesi, dopo aver protestato per le rappresaglie dell'esercito, in seguito all'attentato di Tel Aviv, ha vandalizzato Nablus, conosciuta anche come Sichem, il luogo dove è venerata la tomba del patriarca Giuseppe. «Non accetteremo questo tipo di attacco ad un luogo che è sacro per noi, in particolare alla vigilia della Pasqua» ha detto il primo ministro Naftali Bennett.
Il clima, dunque, è molto teso. Lo si respira anche percorrendo le stradine lastricate della Gerusalemme vecchia, quella, per intenderci, dentro le mura. Così come a Ramallah, a Betlemme o nei piccoli villaggi della Cisgiordania. Gli sguardi della gente sono tesi, guardinghi. Alle fermate degli autobus e del tram i viaggiatori si osservano attentamente, si guardano con sospetto. Hanno paura. Ritorna alla mente l'attentato del 1996, opera di un attentatore suicida che si fece saltare in aria all'interno di un autobus che percorreva via Jaffa, una delle più importanti e frequentate arterie di Gerusalemme, che collega la zona di Porta Giaffa e Porta Nuova, con il Memoriale dell’Olocausto. Il bilancio, allora, fu tragico: almeno diciassette le vittime civili, nove militari e quarantotto feriti. Ma la cronaca, da quell’anno ad oggi, ne ha registrati molti altri.
I morti, di quest’ultimo periodo, sia tra i palestinesi che tra gli israeliani, dimostrano che il clima è tutt’altro che tranquillo. I capi delle Chiese invitano i sacerdoti a predicare la pace. A utilizzare gesti e parole che possano sdrammatizzare la situazione.
Impotenza e rabbia. Rabbia e impotenza. È lo stato d'animo degli abitanti della Terra Santa. Ma questo clima di violenza coinvolge tutti. Sia cristiani, musulmani ed ebrei. Da parte israeliana c’è paura, da quella palestinese c’è rabbia; un circolo vizioso che da decenni si alimenta senza soluzione di continuità. Un conflitto che dura ormai da troppo tempo. Molti sono nati in questo clima. Impotenza e rabbia. Rabbia e impotenza. Betlemme dista da Gerusalemme meno di dieci chilometri. Ma viaggiare tra le due città può richiedere molto tempo, per i controlli ai posti di blocco. Le persone che da Betlemme vogliono entrare a Gerusalemme devono sottoporsi ad estenuanti verifiche. Devono possedere un lasciapassare che viene rilasciato dalle Autorità israeliane. Se vi sono problemi per il rinnovo o la persona non è gradita, non si entra. Impotenza e rabbia. Rabbia e impotenza. Ci sono cristiani palestinesi, che non sono mai stati a Gerusalemme a pregare al Santo Sepolcro. Non hanno mai potuto percorrere il tragitto che Gesù fece per entrare trionfante a Gerusalemme, anche se Betania, oggi sotto controllo dell’Autorità palestinese e chiamata in arabo al-Azariyeh, che significa "luogo di Lazzaro” dista circa di tre chilometri (meno di due miglia come riportato nel Vangelo di Giovanni) dalla città santa. Oppure al Gallicantu, sul monte Sion, il luogo che la tradizione indentifica come il palazzo del sommo sacerdote Caifa e dove si tenne il processo a Gesù, appena arrestato nell’Orto degli ulivi.
Impotenza e rabbia. Rabbia e impotenza. Ai giovani e alle ragazze palestinesi è vietato poter frequentare le università israeliane, se non sono in possesso della cittadinanza. L'università è sicuramente, prima di tutto, il luogo dove proseguire gli studi, ma anche l’occasione per socializzare, conoscersi per abbattere gli steccati, educare alla tolleranza e all’accettazione del diverso da sé, l’occasione per instaurare rapporti di cordialità e reciproca fiducia tra le giovani generazioni, punto di partenza per una nuova convivenza sociale. Impotenza e rabbia. Rabbia e impotenza. A distanza di decenni, dall'inizio del conflitto, i campi profughi sparsi per la Palestina sembrano delle prigioni a cielo aperto. La loro stessa esistenza è una denuncia di ingiustizia, di mancato rispetto della dignità umana. Ma è pure una testimonianza della determinazione di un popolo a sopravvivere e a trovare il suo posto tra le nazioni della terra.
Impotenza e rabbia. Rabbia e impotenza. Le violenze e le sofferenze causate da questa situazione non possono non lasciare tracce psicologiche nefaste, che si traducono in rancore e in sete di vendetta, negli adulti fino ai bambini, in paura e disperazione nei riguardi di ogni giustizia umana. Tutto ciò non può che condurre allo stesso esito disastroso: trascinare tutti e due i popoli nel ciclo infernale e disumano della violenza. Impotenza e rabbia. Rabbia e impotenza. Una delle conseguenze più gravi per il futuro è l’accelerazione dell’emigrazione, che priva la società palestinese e la Chiesa locale di risorse umane vitali. Anche se il tempo in cui si vive è irto di difficoltà e problemi non è questo il momento della fuga. È proprio nelle difficoltà che è importante restare per sostenersi a vicenda. Vivere in Terra Santa è una grazia e una vocazione particolare, ma una vocazione a una vita difficile.
Davanti a queste problematiche, quanto di più attuali sono le parole del salmista «Domandate pace per Gerusalemme: sia pace a coloro che ti amano, sia pace sulle tue mura, sicurezza nei tuoi baluardi. Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: Su di te sia pace! Per la casa del Signore nostro Dio, chiederò per te il bene». (Sal 122,6.8-9).