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crisi migratoria

Immigrazione: per Scholz l'Italia è il Rwanda d'Europa

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Berlino finanzia le ONG ma blinda i suoi confini. La Germania può filtrare chi accogliere o meno, tutti gli altri vanno lasciati a noi. Dietro c'è il solito gioco di ostacolare i governi conservatori.

Attualità 29_09_2023

Ieri si è tenuta la prima riunione dei Ministri degli affari interni dei Paesi dell’UE sul nuovo “Regolamento per contrastare le crisi migratorie”, dopo l’invasione di migranti sbarcati a Lampedusa e la visita di Von der Leyen e Meloni sull’isola.

La riunione di Bruxelles si è conclusa con i forti dissensi soprattutto, ma non solo, di Polonia, Ungheria e Italia, sulla proposta della presidenza spagnola, sostenuta invece dalla Germania. Ora gli Stati membri hanno sul tavolo un complesso compromesso che, in situazioni di crisi, consentirebbe ai Paesi europei di sviluppare rapporti con Paesi terzi, di trattenere le persone per periodi più lunghi e concederebbe ai governi esenzioni temporanee dalle regole, che solitamente si applicano ai richiedenti asilo. Nella conferenza stampa a fine riunione, emergeva un cauto ottimismo, ma (le vaghe risposte ai giornalisti lo dimostravano) i nodi ancora aperti sono tutt’altro che «dettagli».

Tra i temi aperti c’è quello del ruolo delle ONG nella ricerca e nel trasporto di migranti illegali. Berlino intanto, come ha ribadito il Ministro degli Esteri tedesco a quello italiano, prosegue con i suoi lauti finanziamenti sia a diverse ONG che traghettano i migranti dalle coste africane al nostro Paese, sia alla potentissima comunità di Sant’Egidio, molto influente nelle istituzioni di governo italiane, nella Chiesa italiana e persino nel Vaticano di papa Francesco.  

L’immigrazione incontrollata è una sfida esistenziale per l’intera Europa, le sue istituzioni, la sua identità, la  sua cultura e il suo stesso futuro. Nei giorni scorsi però la Germania del socialista Scholz ha considerato l’Italia come se fosse il Rwanda d’Europa, ovvero uno Stato in cui inviare tutti i migranti indesiderati del continente, come fanno con il Rwanda, dietro finanziamenti, il Regno Unito e la Danimarca.

Una ipocrita inversione di marcia, rispetto all’accoglienza disastrosa, praticata da Berlino e sostenuta dallo stesso Scholz nell’ultimo decennio, come ricordato polemicamente dal premier polacco Mateusz Morawiecki nei giorni scorsi. Il primo ministro Scholz, al governo dal 2021 con una coalizione divisa su tutto tra Verdi, Socialisti e Liberali e in gravissima crisi, con i sondaggi che vedono consolidarsi ai primi due posti i democristiani di CDU-CSU (27%) e la destra di Alternative für Deutschland (21%), è in guerra con tutti i Paesi conservatori o che vogliano intraprendere politiche di sicurezza feroci contro l’immigrazione clandestina.

La lotta contro l’immigrazione clandestina proveniente dai Paesi conservatori europei è uno dei pochi punti d’accordo della maggioranza rosso, gialla e verde di Berlino che mercoledì 27 settembre ha deciso di aumentare le pattuglie di polizia lungo le rotte del contrabbando di esseri umani al confine con la Polonia e la Repubblica Ceca, nel tentativo di impedire l'ingresso di altri migranti nel Paese.

Il ministro degli Interni Nancy Faeser (Soc) ha sottolineato che non saranno installati controlli di frontiera fissi, solo perché, per introdurre tali controlli, la Germania dovrebbe notificarli alla Commissione europea. A sostegno della decisione il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner (Lib) per il quale « i controlli alle frontiere devono essere intensificati per fermare il contrabbando e la migrazione illegale» e persino i Verdi che, sino allo scorso anno pretendevano il diritto all’immigrazione incondizionata.

Da gennaio ad agosto di quest'anno, più di 220.000 persone hanno presentato domanda di asilo in Germania, contro le 240.000 dello scorso anno – dati ancora lontani da quelli del 2015-16, quando più di 1 milione di migranti aveva chiesto asilo in Germania.  Apparentemente la guerra dichiarata dal governo tedesco è verso i trafficanti di esseri umani e i contrabbandieri, tuttavia le crescenti polemiche ed tentativi di condizionare, ad ogni livello, l’esito elettorale delle elezioni polacche del prossimo 15 ottobre è sempre più chiaro, insieme a quello di mettere in difficoltà i governi conservatori di Repubblica Ceca, Ungheria e Italia.

A Praga in vista delle prossime elezioni europee del 2024 e delle politiche del 2025 i sondaggi consolidati danno per certa la vittoria dei conservatori del partito liberal conservatore ANO (Akce Nespokojených Občanů: Azione dei Cittadini Insoddisfatti), con i socialisti al lumicino. Lo scontro Berlino-Varsavia invece, è dovuto alla centralità della Polonia nel sostegno all’Ucraina, alla sua strategicità nella NATO e nel rafforzamento impressionante del proprio esercito.

Berlino non può accettare di venir soppiantata da Varsavia, una nazione orgogliosa dei propri valori, delle sue tradizioni cristiane e governata dai conservatori del PiS (Prawo i Sprawiedliwość: Diritto e Giustizia). Si farà di tutto per influenzare le elezioni polacche, ma anche l’esito elettorale in altri Paesi conservatori in vista delle elezioni europee, anche perché Varsavia, come Roma, Praga o Budapest si permettono di interloquire da pari a pari con i tedeschi ed avere idee opposte al centralismo democratico sul futuro europeo.

L’accusa fondata del premier Mateusz Morawiecki – che, nei giorni più critici dell’invasione di Lampedusa, ricordava come l'Europa stia subendo una «massiccia invasione» di immigrati dall'Africa a causa della «politica disastrosa» dell'ex cancelliere tedesco Angela Merkel e dal suo vicecancelliere di allora, Olaf Scholz – ha scatenato le accuse di Berlino e della Commissione contro Varsavia sulla supposta compravendita permessi di soggiorno.

Ora, Scholz ha invertito la marcia e, dopo aver fatto approvare, nel giugno scorso, la nuova legge che favorisce solo l’immigrazione giovane e competente, si è scagliato dall’inizio di settembre contro i Paesi conservatori (Italia, Polonia e Repubblica Ceca in particolare), nel tentativo di opporsi alla crescente credibilità ed autorevolezza dei leader di questi Paesi, condizionarne la politica interna e nell'illusione di recuperare consensi interni.



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