Immigrazione, Darmanin scarica i suoi insuccessi sull'Italia
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Il ministro dell'Interno francese, Darmanin, attacca la Meloni sull'immigrazione. Di certo non è dal ministro francese che si possono accettare insegnamenti al governo italiano e, a maggior ragione, critiche e accuse, a prescindere dalle espressioni inaccettabili con cui le ha formulate.
Un ministro dell’interno in difficoltà nel suo paese perché, come i suoi predecessori, non riesce ad attuare efficaci politiche di controllo degli ingressi alle frontiere e di assimilazione e integrazione degli immigrati extracomunitari, regolari e illegali, cerca di giustificarsi agli occhi di connazionali e colleghi dando la colpa a fattori esterni. Questo ha fatto il ministro dell’interno francese Gérald Darmanin nel corso di una intervista radiofonica rilasciata il 4 maggio a Radio Monte Carlo. Se nel sud della Francia c’è un “afflusso di migranti e soprattutto di minori”, ha detto, la colpa è di “Madame Meloni, capo del governo di estrema destra scelto dagli amici di Marine Le Pen, che non riesce a risolvere i problemi migratori per i quali è stata eletta”. Come se non bastasse, “Meloni – ha aggiunto – è proprio come Le Pen, c’è un vizio nell’estrema destra che è quello di mentire alla popolazione”. “La verità – ha concluso – è che in Tunisia c’è una situazione politica grave che porta soprattutto molti bambini a risalire attraverso l’Italia e l’Italia non è in grado di gestire questa pressione migratoria”.
Addossare ad altri, stranieri, le colpe dei propri insuccessi, soprattutto quando le conseguenze ricadono pesantemente sulla popolazione, è quel che fanno sistematicamente i leader africani. Il ministro Darmanin deve averlo imparato dai colleghi delle ex colonie francesi in Africa con cui Parigi mantiene rapporti. I governi di Mali e Burkina Faso, ad esempio, accusano la Francia di non aver sconfitto i gruppi jihadisti nei loro territori, jihadisti che loro non sanno e forse neanche vogliono estirpare e che di sicuro contribuiscono a far proliferare.
Darmanin ha creato così un incidente diplomatico serio. Le reazioni in Italia sono state immediate. Il ministro degli esteri Antonio Tajani ha definito le sue dichiarazioni “incomprensibili e inaccettabili. Una pugnalata alle spalle proprio mentre il clima tra Italia e Francia era positivo”. Per questo, nonostante i tentativi peraltro deboli del governo francese di rimediare, ha cancellato il viaggio a Parigi per incontrare il suo omologo, Catherine Colonna, in agenda il 5 maggio. Giustamente ha interpretato le parole di Darmanin come un riflesso di problemi politici interni alla Francia, ma “l’offesa c’è stata – ha detto – dobbiamo continuare a essere amici della Francia, ma non possiamo farci offendere”. Il ministro della difesa Guido Crosetto ha chiesto le scuse formali di Darmanin perchè “questa strana e incomprensibile attitudine di alcuni esponenti di governi europei di cercare di interferire nella vita pubblica italiana oggi ha superato il livello di guardia”.
È intervenuto anche il ministro delle infrastrutture Matteo Salvini: “sono orgoglioso di essere amico di Marine Le Pen – ha dichiarato – e di essere al governo con Giorgia Meloni, e non accetto lezioni sull'immigrazione da chi respinge in Italia donne, bambini e uomini, continuando invece ad ospitare assassini e terroristi che in Italia dovrebbero tornare". Il ministro Salvini in effetti non ha motivo di accettare lezioni sull’immigrazione da chicchessia perché nel 2018 i suoi decreti Sicurezza e immigrazione hanno ridotto nettamente gli arrivi illegali, già peraltro molto diminuiti grazie ad alcuni provvedimenti del suo predecessore Marco Minniti. Nel 2017 gli sbarchi erano stati 119.369. Sono scesi a 23.370 nel 2018 e a 11.471 nel 2019. Nel 2020 il ministro dell’interno Luciana Lamorgese ha apportato ai decreti Salvini sostanziali modifiche, ad esempio per quel che riguarda la maggiore possibilità di ricevere protezione speciale (concessa a richiedenti asilo privi dei requisiti per ottenere protezione internazionale) e non essere comunque rimpatriati. Gli sbarchi si sono moltiplicati: 34.154 nel 2020, 67.477 nel 2021, 105.131 nel 2022.
Di certo non è dal ministro francese che si possono accettare insegnamenti al governo italiano e, a maggior ragione, critiche e accuse, a prescindere dalle espressioni inaccettabili con cui le ha formulate. Basti dire che, secondo le sue dichiarazioni, è la situazione politica della Tunisia a far affluire quest’anno tanti emigranti specie minorenni in Italia, diretti poi in Francia. Ma, dall’inizio del 2023, solo poco più della metà degli immigrati illegali che hanno raggiunto l’Italia è partito dalla Tunisia. Gli altri si sono imbarcati in Libia, circa il 38%, in Egitto e Turchia; qualcuno anche in Algeria. Nonostante la “situazione politica grave” del loro paese, i tunisini non sono neanche gli irregolari più numerosi. Dall’inizio dell’anno al 5 maggio, su 42.449 arrivi, sono solo 3.076. Molte di più sono le persone arrivate da Costa d’Avorio, 6.600, Guinea, 5.205, Egitto, 4.423, Pakistan, 3.860, Bangladesh, 3.185. Da paesi in situazioni terribilmente più gravi della Tunisia gli arrivi invece sono stati finora pochi: 1.585 dal Burkina Faso, 1.328 dal Mali. Si conferma il fatto che non sono condizioni estreme di violenza, guerre e persecuzione a spingere in Italia tanti emigranti irregolari.
Quanto all’Italia, da sola non è in grado di fermare l’emigrazione illegale. Neanche l’Unione Europea, da sola, può farlo. Ma se il governo Meloni ha o non ha la capacità di gestire il fenomeno, a dirlo tra qualche mese saranno gli effetti del decreto Cutro, approvato il 4 maggio dalla Camera.