IL CASO
Immigrati, gli interessi di chi favorisce l'esodo
Ogni anno 800 mila persone trasportate in altri paesi. Dal 1998 quasi 20 mila le vittime disperse. Un giro di affari per la criminalità.
Attualità
09_06_2011
I dati – sottostimati - sono diffusi da “Fortress Europe”, un osservatorio on line sulle vittime dell'immigrazione verso l’Europa, la cui fonte è costituita dagli articoli della stampa internazionale. Nel Mar Mediterraneo e nell'Oceano Atlantico verso le Canarie sono annegate 12.837 persone; 8.125 salme non sono mai state recuperate. Nel Canale di Sicilia, tra la Libia, l'Egitto, la Tunisia, Malta e l'Italia, le vittime sono 5.903, tra cui 4.572 dispersi. Altre 189 persone sono morte navigando dall'Algeria verso la Sardegna. Lungo le rotte che vanno dal Marocco, dall'Algeria, dal Sahara occidentale, dalla Mauritania e dal Senegal alla Spagna, puntando verso le isole Canarie o attraversando lo stretto di Gibilterra, sono morte almeno 4.577 persone, di cui 2.352 risultano disperse. Nell'Egeo, tra la Turchia e la Grecia, ma anche dall'Egitto alla Grecia e più recentemente dalla Grecia all'Italia, hanno perso la vita 1.392 migranti, tra i quali si contano 828 dispersi. Infine, nel Mare Adriatico, tra l'Albania, il Montenegro, la Grecia e l'Italia, sono morte almeno 640 persone, delle quali 256 sono disperse. Inoltre, almeno 629 migranti sono annegati sulle rotte per l'isola francese di Mayotte, nell'oceano Indiano.
Viaggiando nascosti nei tir hanno perso la vita in seguito ad incidenti stradali, per soffocamento o schiacciati dal peso delle merci, 367 persone. Almeno 398 migranti sono annegati attraversando i fiumi frontalieri: la maggior parte oggi nell'Evros tra Turchia e Grecia, come in passato nell'Oder-Neisse tra Polonia e Germania, nel Sava tra Bosnia e Croazia e nel Morava, tra Slovacchia e Repubblica Ceka e nel Tisza tra Serbia e Ungheria. Altre 114 persone sono invece morte di freddo percorrendo a piedi i valichi della frontiera, soprattutto in Turchia e Grecia. In Grecia, al confine nord-orientale con la Turchia, nella provincia di Evros, esistono ancora i campi minati. Qui, tentando di attraversare a piedi il confine, sono rimaste uccise 92 persone. Sotto gli spari della polizia di frontiera, sono morti ammazzati 282 migranti, di cui 37 soltanto a Ceuta e Melilla, le due enclaves spagnole in Marocco, 50 in Gambia, 121 in Egitto - di cui 83 alla frontiera con Israele - e altri 32 lungo il confine turco con l'Iran e l'Iraq. Almeno altre 25 persone sono state uccise dai contrabbandieri beduini del Sinai, in Egitto, tenuti ostaggio sulla rotta per Israele.
Ma ad uccidere sono anche le procedure di espulsione in Francia, Belgio, Regno Unito, Germania, Spagna, Svizzera e l'esternalizzazione dei controlli delle frontiere in Marocco e Libia. Infine 41 persone sono morte assiderate, viaggiando nascoste nel vano carrello di aerei diretti negli scali europei. E altre 33 hanno perso la vita tentando di raggiungere l'Inghilterra da Calais, nascosti nei camion che da lì si imbarcano per Dover o sotto i treni che attraversano il tunnel della Manica, oltre a 12 morti investiti dai treni in altre frontiere e 3 annegati nel Canale della Manica. Il Presidente della Repubblica, rispondendo ieri sul Corriere della Sera ad un articolo di Claudio Magris, affermava: “La comunità internazionale, e innanzitutto l'Unione europea, non possono restare inerti dinanzi al crimine che quasi quotidianamente si compie organizzando la partenza dalla Libia, su vecchie imbarcazioni ad alto rischio di naufragio, di folle disperate di uomini, donne, bambini. È un crimine lucroso gestito da avventurieri senza scrupoli, non contrastati dalle autorità locali per un calcolo, forse, di rappresaglia politica contro l'Italia e l'Europa. Ma è un crimine che si chiama «tratta» e «traffico» di esseri umani, ed è come tale sanzionato in Europa e perfino a livello mondiale con la Convenzione di Palermo delle Nazioni Unite nel 2000”.
Napolitano ha ragione, perché è evidente la connessione tra il fenomeno dell’immigrazione illegale e la tratta degli esseri umani, che secondo alcune recenti statistiche formulate dall’UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime), sarebbe divenuto il secondo business illecito globale dopo il narcotraffico. Per l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, sono circa 1 milione gli esseri umani trafficati ogni anno nel mondo e 500.000 solo in Europa. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro stima in 12.300.000 le persone sottoposte a sfruttamento lavorativo e sessuale. Tra queste, ogni anno, circa 800.000 persone sono trasportate oltre i confini nazionali per essere sfruttate in altri Paesi.
L’80 per cento delle vittime è costituito da donne e ragazze; in più del 50% dei casi, minorenni. Del pari evidente, però, è il fatto che il fenomeno può essere contrastato solo colpendolo nel suo “cuore”, quello economico. Illuminante, a questo proposito, è la relazione del Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica (COPASIR) del 2009, nella quale si afferma che “nel nostro Paese, parallelamente alla crescita del flusso di immigrati/vittime della tratta provenienti dalle aree asiatiche e dal continente africano registratasi negli ultimi decenni, è aumentata, divenendo ormai capillare, la rete dei phone center, che offrono anche servizi finanziari e di agenzie di money transfer. Sono evidenti gli alti indici di criticità insiti in tali circuiti che, oltre ad essere caratterizzati nella quasi totalità dei casi dall’esercizio abusivo dell’attività finanziaria, risultano anche un efficace strumento per operazioni illecite di trasferimento di fondi a fini di riciclaggio, nonchè per finanziare gruppi terroristici e/o organizzazioni criminali”.
Aggiunge il COPASIR: “Più nello specifico, appare possibile rilevare che, nel nostro Paese, attraverso il solo circuito del money transfer, sarebbero gestite transazioni finanziarie annue per circa 1,4 miliardi di euro”. Niente di sorprendente, perché un rapporto della Banca Mondiale del 2005, denunciava che l’ammontare del denaro che ogni mese i lavoratori immigrati spediscono ai loro familiari nel mondo in via di sviluppo, era pari a 126 miliardi di dollari (circa 97 miliardi di euro) nel 2004 e sarebbe cresciuto nell'ordine del 10% ogni anno, rappresentando il doppio del totale di tutti gli aiuti pubblici dei paesi industrializzati verso l'Africa, l'Asia e l'America Latina e coinvolgendo in tutto il mondo più di mezzo miliardo di famiglie.