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INTERVISTA

«Immigrati dalla Tunisia, non spalancare le porte»

«Necessario il rispetto delle regole e il coinvolgimento della Ue». Parla il demografo Blangiardo.
- "Qui i giovani sognano di andarsene", da Fides

Attualità 14_02_2011
immigrati tunisia Fermezza nelle regole e collaborazione dei paesi europei. E’ questa la strada per gestire l’attuale  “delicato momento” di migrazioni dalla Tunisia sulle coste italiane, secondo il professor Giancarlo Blangiardo, docente di Demografia all’Università di Milano Bicocca ed esperto di flussi migratori.
Gli sbarchi di questi giorni non sono certo una sorpresa, lo stesso ministro dell’Interno Roberto Maroni aveva subito sollevato il problema allo scoppiare della rivolta tunisina in dicembre, e puntualmente è scattata l’emergenza. La domanda è quanto grave debba essere considerata questa emergenza: si tratta di un fenomeno transitorio, destinato a rientrare una volta stabilizzato il governo tunisino, o siamo davanti all’inizio di un movimento epocale? «Dipende – dice il professor Blangiardo – sia da quanto accadrà nei Paesi del Nordafrica sia dalla risposta che verrà data nei prossimi giorni dall’Italia e dall’Europa. Sicuramente questo è un momento molto delicato e l’evolversi della situazione va seguito con molta attenzione».

Partiamo dalla Tunisia. Cosa si può prevedere?
Diciamo che la Tunisia ha un forte potenziale migratorio anche se la sua popolazione non è molto numerosa. In Tunisia ci sono poco più di 10 milioni di abitanti, sarebbe ben diverso con l’Egitto, che ha 80 milioni di abitanti. Però, la Tunisia ha una popolazione molto giovane, che è quella che maggiormente sente il disagio ed è più pronta a emigrare, ed inoltre in Italia ha già dei punti di riferimento. Cioè, nel momento in cui si decide di migrare si preferisce puntare dove si sa che ci sono altri connazionali o addirittura parenti e amici. L’Italia, da questo punto di vista, è sicuramente un punto di riferimento importante per la migrazione tunisina.

Poi c’è il resto della regione.
Certo. Al momento non sappiamo cosa potrà accadere negli altri paesi, ma è indubbio che c’è una situazione in grande movimento, un effetto contagio che ha le potenzialità per provocare un forte flusso migratorio. Non nascondiamoci che si tratta di eventi paragonabili al crollo del Muro di Berlino.

Come ci si deve comportare?
Come dicevo questo è un momento molto delicato, quello che si farà nei prossimi giorni potrà essere decisivo per gli sviluppi futuri. In altre parole, si tratta di gestire l’emergenza evitando accuratamente di creare le premesse per un futuro incontrollabile. E ci sono due criteri fondamentali: fermezza nell’applicazione delle regole e collaborazione con gli altri paesi europei.

Cosa intende per fermezza nelle regole?
Fatta salva l’assistenza umanitaria che deve essere fornita, dobbiamo rispettare senza tentennamenti i princìpi di diritto internazionale che regolano l’asilo politico. Solo una minima parte di coloro che stanno ora arrivando in Italia sono nelle condizioni di poter chiedere lo status di rifugiato politico. Tutti gli altri sono immigrati economici e, come tali, devono essere rimandati nel paese d’origine. Siamo davanti a persone che hanno un forte disagio nel loro paese che colgono quindi l’occasione per emigrare. Ma se sulla spinta dell’emozione suscitata dagli avvenimenti di queste settimane facessimo finta di avere a che fare con dei rifugiati politici aprendo le porte indiscriminatamente, porremmo le basi per un futuro disastro umanitario. Certo però che non basta semplicemente il rispetto di queste regole.

Si riferisce alla necessità di una collaborazione europea?
Certamente. Da una parte per effettuare un’operazione di controllo delle coste tunisine, visto che le autorità non vogliono una presenza italiana. Ma soprattutto per coordinare degli aiuti che da una parte mitighino la difficile situazione della popolazione, dall’altra diano un messaggio di speranza. Vale a dire: l’Europa vi ha a cuore, non siete abbandonati. Facendosi carico in qualche modo della situazione in Tunisia – d’accordo ovviamente con il loro governo, che comunque esiste - si rende anche meno necessaria e urgente la spinta migratoria. Si tratta insomma di governare la situazione in modo saggio tenendo conto delle attuali necessità della popolazione e degli effetti disastrosi che potrebbe avere un’apertura indiscriminata dei confini.