Immigrati, dal business al welfare
L'arrivo di richiedenti asilo sul nostro suolo sta assumendo aspetti incontrollabili. Il sistema sta collassando. Nel frattempo il Governo converte il sistema di protezione in una voce del Welfare State. Trasformando un'emergenza lucrosa per molti privati in un'attività pubblica di assistenzialismo permanente.
Una cosa è certa: il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo in Italia è un grande caos. Di numeri e di trattamenti diversificati a seconda del servizio in cui capiti. Però il Governo ha una stella polare che è quella di trasformare l’accoglienza dei cosiddetti migranti forzati in una delle colonne portanti del nostro Welfare state. Lo dimostra il fatto che il Ministero stia spingendo per estendere il più possibile il sistema Sprar, che è minoritario come accessi, ma più sicuro e affidabile, e che abbia reso permanente la richiesta di accesso ai contributi per ospitare migranti cancellando di fatto l’emergenzialità di un servizio che sta assumendo numeri da capogiro.
Il 10 agosto scorso il governo ha pubblicato il decreto 200/16 con il quale istituzionalizza il sistema Sprar che diventa così permanente. A questo si aggiunge una una direttiva/circolare che fa riferimento alla cosiddetta “clausola di salvaguardia” inviata in questi giorni alle Prefetture: se in un comune esiste un progetto Sprar o il comune ha intenzione si averlo, non avrà arrivi imprevisti di richiedenti asilo da parte della prefettura. Questo serve per regolamentare i cosiddetti Cas (centri di assistenza straordinaria) che sono gestiti dalle prefetture e rappresentano l’anello rotto di una catena, avendo la maggior parte dei problemi di gestione e costituiscono la vera jungla del sistema immigrati. Un sistema che ora sta esplodendo.
Basti pensare che, dati Ministero degli Interni alla mano, dal 1 gennaio ad oggi sono 158mila gli sbarcati, mentre soltanto 58mila sono coloro che hanno avanzato una richiesta di ottenere lo status di rifugiato. Leggendo questi dati la prima domanda che sorge è la seguente: se gli sbarchi sono stati 158mila e solo 58mila (dati fermi a luglio quando il totale degli sbarcati erano 93mila) sono le domande di asilo, che ne è degli altri 100mila che sfuggono a questo monitoraggio? Dove sono adesso? Chi li segue? La domanda resta nel vuoto e andrebbe posta ai vertici del ministero degli interni. Anche se fonti dello stesso Viminale confermano che quel numero così ingente è sfuggito ai controlli ed è andato a nord, ad esempio ad alimentare la jungla di Calais. Però da qualche mese il governo italiano ha letteralmente chiuso le frontiere. Ne consegue che tutti i migranti che arrivano sul nostro suolo restano qui, come imbottigliati.
A questi 158mila bisogna aggiungere i 132mila sbarcati nel 2015 in Italia e i 152mila del 2014. Numeri da capogiro che da soli costituiscono la prova che gli ingressi in Italia non sono un’emergenza, ma una vera e propria strategia per istituzionalizzare il problema immigrati facendolo diventare una gamba del welfare state sempre più costosa e influente con la tecnica di sostituire la parola clandestino in richiedente asilo, passando per il termine neutro migrante.
Iniziamo subito col dire che con il termine migranti si sta intorbidendo le acque. Tutti gli extracomunitari che arrivano in Italia dal mare o da altri corridoi sono richiedenti asilo. La pratica di richiesta viene fatta praticamente d’ufficio a loro arrivo in suolo italiano anche se tra fughe e inceppamenti buona parte dei richiedenti non arriva a presentare la sua domanda al ministero restando così in un limbo. Saranno poi le commissioni territoriali gestite dai prefetti decidere se la persona ha diritto o no ad una qualche protezione internazionale così come stabilità dalla Convenzione di Ginevra.
Ma una volta arrivati sul suolo italico devono mangiare, trovare un tetto e ricevere assistenza sanitaria, psicologica e legale. Per questo scopo ci sono fondamentalmente due strade.
Il sistema Sprar è quello controllato dai Comuni che mettono a sistema una rete di welfare spesso sussidiario con cooperative sociali ed esperti del settore, ma attualmente copre un fabbisogno di appena 26mila richiedenti.
E per tutti gli altri? Ci sono i Cas delle Prefetture. E qui i problemi sono parecchi.
I Cas infatti si fanno carico maggiormente dell’emergenza ma sono gestiti dalle Prefetture che ormai sono diventate una mera agenzia di intermediazione immobiliare. In questa gestione tipicamente all’italiana i Prefetti oggi devono trovare, spesso in brevissimo tempo, collocazioni per fare fronte alla ingente massa di migranti che sbarcano sulle nostre coste grazie alla nostra Marina. E per sistemare la cosa fanno bandi velocissimi con alberghi “in bolletta”, privati che affittano per arrotondare, società private che affittano da altri privati. Insomma: è nato un fiorente business di arrotondamento per gestire in emergenza un fenomeno che non ha nessuna strutturazione.
Anche perché a differenza dello Sprar, un ostello o un B & B che si prende in carico la gestione di un richiedente asilo non hanno la struttura per seguirlo nella cosiddetta fase di integrazione che prevede anche lo studio della lingua o l’assistenza legale. Il bando prefettizio infatti si assicura che venga data assistenza di vitto e alloggio e poco altro. E i controlli? «Sono fatti alla viva il parroco», confida alla Nuova BQ uno dei tanti prefetti in trincea in questi giorni.
Approssimazione dunque, quel tanto che basta per giustificare la vittoria al bando a fronte di un’ingente spesa affrontata dallo Stato che nasce dai 35 euro cad/die per ogni richiedente asilo.
Con i controlli così allentati è facile che un albergatore che voglia solo fare quattrini non si preoccupi più di tanto di come il migrante viene preso in carico da operatori del settore. Vengono soltanto parcheggiati, liberi dunque di scorrazzare qua e là per lo stivale. Non è razzista dirlo, ma basta sentire un prefetto per avere la prova di questa triste realtà.
Che sia un sistema sulla soglia dell’implosione lo dimostra anche il fatto che ad oggi il vincitore del bando prefettizio riceve i soldi per il vitto e l’alloggio, ma può poi dirottare i migranti in altre strutture, andando così ad alimentare un mercato del subaffitto tanto inquietante quanto pericoloso. Nulla vieta ad esempio ad un B & B di girare alcuni migranti ad altri colleghi. Questo può accadere perché la fase di “subaffitto” non è ancora stata normata.
Un caos insomma, che sta presentando ora il conto. Con buona pace del buonismo nostrano per il quale l’accoglienza deve andare sempre bene. Anche quando è ormai innaturale. Con questo trend sembra che il Governo sia disposto ad accogliere tutta l’Africa subsahariana. Con quale obiettivo? Questo è l’interrogativo più inquietante al quale Renzi ed Alfano non hanno ancora dato una risposta.