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il caso di carpi

Il vescovo difende la mostra blasfema e dà la colpa ai fedeli

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Dopo il nostro articolo sulla mostra blasfema, curia di Carpi tempestata da un mail bombing senza precedenti. La diocesi guidata dal vescovo Castellucci nega la blasfemia e difende la mostra "Gratia plena" nella chiesa del museo diocesano invitando a guardare il quadro senza pregiudizi e con «sguardo limpido». Ma che si tratti di una provocazione era già stato ammesso dalla guida. 

Ecclesia 05_03_2024 Español

Ci si può girare attorno con tutte le spiegazioni possibili immaginabili, ma se un occhio vede un quadro che raffigura un uomo che mette il volto di fronte al pube di Gesù, quella roba lì, comunque la si voglia interpretare è blasfemia pura. Punto. E lo è, non perché siamo noi ad essere disturbati, ma perché non ci sono alternative interpretative.

E questa sia detto sine ira ac studio soprattutto dopo che la diocesi di Carpi ci ha sostanzialmente accusato di essere dei maliziosi privi di «sguardo limpido» che non vedono le cose con purezza; maliziosi noi, maliziosi i visitatori che ci hanno mandato le prime foto e maliziose le migliaia di lettori che ieri hanno reagito all’articolo della Bussola sulla mostra blasfema di Carpi tempestando gli indirizzi e-mail della diocesi di mail indignate.

É quindi a causa dell’inaspettato mail bombing subìto ieri dagli uffici della curia di Carpi, se in tarda mattinata la Diocesi è stata costretta a diramare un comunicato stampa (leggi QUI) per cercare di prendere una posizione sull’incresciosa vicenda che vede protagonista il museo diocesano che ospita da sabato la mostra dell’artista Andrea Saltini (in foto) chiamata Gratia plena nella chiesa di Sant'Ignazio.

Arrivati a quel punto la diocesi di Carpi e il vescovo, sua eccellenza monsignor Erio Castellucci avevano sostanzialmente tre strade davanti: fare finta di nulla, ammettere l’errore (ci potevano essere diversi modi, alcuni onorevoli) oppure – terza via – difendere l’opera, l’artista, la mostra e dare dei bacchettoni a migliaia di fedeli sconvolti. Hanno scelto la strada più disonorevole, quella di negare una blasfemia evidente e difendere un’opera indifendibile e per farlo si sono dovuti arrampicare sugli specchi, ma come unica via d’uscita hanno pensato bene di dare la colpa ai fedeli, offendendo la loro sensibilità.

Della serie: non capite niente di arte, se non capite il problema è vostro. Non contenti però di dover ammettere che qualche cosa che non funziona in questa squallida mostra c’è. Diversamente non avrebbero dovuto aggiungere in coda al comunicato questa frase che è la prova di una malafede davvero sconcertante per una diocesi e per un vescovo come Castellucci (in foto) che di gran carriera sta scalando i vertici della Cei: «A tal scopo – si legge in coda - sarà predisposto, in addendum al catalogo della mostra, un sussidio che presenta le singole opere dal punto di vista dell’artista che illustra la sua ricerca religiosa e spirituale, fornendo gli elementi culturali e personali per comprenderne il senso». Che è un modo per dare ai fedeli degli zotici che non capiscono l’arte e dunque per loro serve il bugiardino di spiegazione dell’artista.

Si fa così strada l’assurda pretesa di buona parte dell’arte contemporanea: non importa che cosa raffiguri l’opera, quel che conta è quello che ci vede l’artista. Può valere per l’arte astratta, ma non può valere per l’arte figurativa, men che meno per l’arta figurativa sacra che ha canoni, codici e leggi tutte sue fissate da tempo. Invece a Carpi il visitatore è costretto alla tortura di entrare in chiesa e sorbirsi l’incombenza di penetrare dentro il codice linguistico dell’artista, il quale ha deciso insindacabilmente di imporre agli altri di vedere nel suo quadro qualcosa che nessuno altro riesce a vedere. Ma l’immagine sta lì a ricordarlo.

Ora, il fatto che il popolo veda una cosa, ma soltanto l’artista decida di vederci altro, è un problema dell’artista, non del popolo. Anzi, a confermare che il popolo ha l’ultima parola su questo, ce lo dice proprio il Magistero della Chiesa. C’è un principio morale che assegna il primato dell’etica sull’estetica nell’opera sacra.

Lo dice proprio quel Concilio Vaticano II che si è soliti citare a ogni piè sospinto come scusa per la rivoluzione, salvo però ignorarne la lettera. Ad esempio, il decreto sugli strumenti di comunicazione sociale “Inter mirifica” (citata anche da Evangelii Gaudium alla nota 130) al punto 6 dice a proposito dei diritti dell’arte: «Il Concilio proclama che il primato dell'ordine morale oggettivo deve essere rispettato assolutamente da tutti». Dunque, se il popolo si sente ferito, il popolo va ascoltato perché la teoria estetica è subordinata all’etica.

Ugualmente la Sacrosantum Concilium, il decreto sulla liturgia. Al 124 si ribadisce che «i vescovi abbiano ogni cura di allontanare dalla casa di Dio e dagli altri luoghi sacri quelle opere d'arte, che sono contrarie alla fede, ai costumi e alla pietà cristiana; che offendono il genuino senso religioso, o perché depravate nelle forme, o perché insufficienti, mediocri o false nell'espressione artistica». A Carpi è accaduto proprio questo: un’offesa alla pietà cristiana con lo stile voluto della provocazione e sarebbe compito del vescovo, invece di prendersela con i giornalisti che mostrano il problema o peggio ancora con i fedeli che protestano, provvedere di conseguenza e chiudere la mostra.

La mostra, non solo l’opera incriminata intitolata INRI-San Longino (e sull'immediatezza di identificazione dell’iconografia col centurione ci sarebbe da aprire un altro capitolo). Come dimostra l’articolo della Bussola di ieri, ci sono anche altri quadri fortemente offensivi della sensibilità religiosa e il fatto che la guida ammetta la provocazione dell’artista non è altro che lo svelamento di un intento preciso. Infatti, che l’intento di provocare sia insito nella volontà del pittore Andrea Saltini ce lo ha detto la guida stessa, non ce lo siamo inventati (attenzione, abbiamo le prove di quanto sosteniamo). E in quella mostra oltre al contestato quadro ce ne sono anche altri.

Non è certo meno grave il quadro Gratia plena che – da spiegazione dell’artista – vede Maria spogliata dai farisei increduli di fronte al suo concepimento virginale. E non lo è nemmeno il quadro Noli me tangere che mostra una desnuda Santa Maddalena accogliere nel suo petto un lacero e sfinito Gesù.

Anche questo turba i fedeli. Se ne facciano una ragione il vicario generale don Ermenegildo Manicardi e il vescovo Castellucci. Sarebbe stato più onorevole chiedere scusa e fermarsi con umiltà di fronte all’evidenza, invece di sfidare con arroganza la sensibilità dell’opinione pubblica e difendere ciò che proprio non si riesce a difendere.



carpi

Una mostra blasfema nella chiesa del vescovo. E la chiamano arte

04_03_2024 Andrea Zambrano

Nella chiesa del museo diocesano di Carpi una mostra di un artista locale suscita reazioni indignate: blasfemi i quadri con Gesù, la Madonna e la Maddalena. La Bussola ha visto le opere, la guida ammette la provocazione. Ma c'è l'inganno dei curatori diocesani che spacciano per arte sacra dei sacrilegi. Il vescovo Castellucci dovrà risponderne.