Il vero volto feroce del buonismo
Caro direttore, in queste prime settimane del governo Lega - 5 stelle, ci sono cose che mi fanno molto pensare, tutte legate dalla consapevolezza di quanto sia nefasto il buonismo, il politically correct, la mentalità liberal/progressista...
Caro direttore,
In queste prime settimane del governo Lega - 5 stelle, ci sono cose che mi fanno molto pensare, tutte legate dalla consapevolezza di quanto sia nefasto il buonismo, il politically correct, la mentalità liberal/progressista. Due fatti su tanti.
La Repubblica, sempre in prima linea quando si tratta di biasimare il governo attuale in quanto chiude i porti ai profughi, in un articolo del 26 giugno ci diceva che ci sono quasi 5 milioni di individui in Italia che vivono in condizione di povertà assoluta, un record dal 2005. Un terzo di questi poveri sono...stranieri. Quindi, la logica imporrebbe di pensare che, visto che la situazione è già così pesante, evitiamo di renderla più pesante. Ma del resto, gli basterebbe passare più tempo sulla strada per rendersi conto della situazione drammatica in molte città, con molti di questi stranieri in giro senza far nulla e senza possibilità di lavoro e quindi costretti a vivere di espedienti. Quindi farli venire con il pretesto di voler fare i buon(ist)i, è in realtà indice di sana cattiveria. La bontà non prescinde dalla verità, pur agostinianamente amando senza misura. Vittorio Messori, spesso cita una frase attribuita a Hegel che dice “se i fatti non concordano con la teoria, tanto peggio per i fatti!”.
Ma che dire di Pierfrancesco Diliberto, in arte PIF. Renziano doc fino a poco tempo fa, che ha detto pochi giorni fa questa frase: “Se sei ricco è facile essere di sinistra perché non hai il rom e il migrante come vicino”. In fondo, non so per quale motivo, ma ha detto una verità profonda. Ha definito il buonismo, la finta bontà basata su un vago sentimento che rifugge dalla verità delle cose per fare in modo che chi prova quel sentimento si “senta” buono. Sentirsi buoni non vuol dire essere buoni, ma ti mette in una falsa pace con te stesso, come una droga.
Due film: Benvenuti a casa mia di Philippe de Chauveron e Come un gatto in tangenziale di Riccardo Milani. Nel primo uno scrittore di successo di sinistra e progressista, a parole afferma di essere prontissimo ad ospitare i nomadi a casa propria, ma le cose cambiano quando messo di fronte alla realtà di doverlo fare; nel secondo una ricca (ex) coppia che predica l'apertura verso le periferie, le frontiere, va in paranoia quando la figlia si fidanza con un ragazzo di una borgata romana. Ripeto, a parole siamo tutti campioni. Ma questo atteggiamento buonista non ha nulla a che fare con la bontà vera e nemmeno con il cattolicesimo. La bontà si fonda sulla verità. Se io dò tutti i miei guadagni ai poveri e lascio morire di fame la mia famiglia, sono buono?
Ma il buonismo, come il modernismo da cui credo derivare in parte, non si basa sulla logica delle cose, ma su un vago sentimento delle stesse, non è un atteggiamento filosofico ma un atteggiamento psicologico. L'enciclica Pascendi Dominici Gregis parla di un sentimento della divinità. Ecco, il buonismo partecipa di questo stesso principio, un vago sentimento fondamentalmente irrazionale.
Non si pensi che nella Chiesa Cattolica attuale questo pericolo sia chiaro, anzi! Ci si sguazza in questo buonismo da decenni! Potrei fare centinaia di esempi, partendo dallo strazio che si è fatto della liturgia in nome del buonismo (verso i giovani, che poi essendo privati della vera bellezza della Chiesa perché abbandonati ai limiti della propria età, ne sono stati le prime vittime). Cattolici o no, si faccia fronte comune davanti a questa piaga mortale che sta erodendo i fondamenti eterni di quello che è buono, giusto e vero.