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PETRARCA. POETA DEL DESIDERIO/11

Il vecchierel canuto e bianco alla ricerca della Veronica

Se nel Canzoniere è descritta la storia dell’anima di Petrarca, dal peccato alla conversione, in un percorso ideale verso l’incontro con Cristo, all’interno della raccolta si trova una poesia che descrive il pellegrinaggio a Roma alla ricerca della Veronica, espressione della condizione dell’homo viator.

Cultura 27_03_2016
Francesco Petrarca

Se nel Canzoniere è descritta la storia dell’anima di Petrarca, dal peccato alla conversione, in un percorso ideale verso l’incontro con Cristo, all’interno della raccolta si trova una poesia che descrive il pellegrinaggio a Roma, espressione della condizione dell’homo viator. Nel sonetto Movesi il vecchierel canuto et biancho (Canzoniere XVI) Petrarca vede la situazione esistenziale dell’uomo simile a quella di un vecchio stanco, disposto a lasciare tutto, anche la sua famiglia, negli ultimi giorni della sua vita, per recarsi a Roma alla ricerca della Veronica, l’immagine del volto di Cristo effigiata in un’icona bizantina, o più probabilmente nel Santo Volto ora conservato a Manoppello, che all’epoca di Petrarca era ancora visibile a Roma. 

Il poeta così scrive: «Movesi il vecchierel canuto et biancho/ del dolce loco ov’à sua età fornita/ et da la famigliuola sbigottita/che vede il caro padre venir manco;// indi trahendo poi l’antiquo fianco/ per l’extreme giornate di sua vita,/ quanto piú pò, col buon voler s’aita,/ rotto dagli anni, et dal camino stanco;// et viene a Roma, seguendo ’l desio,/ per mirar la sembianza di colui/ ch’ancor lassú nel ciel vedere spera:// cosí, lasso, talor vo cerchand’io,/ donna, quanto è possibile, in altrui/ la disïata vostra forma vera».

Un vecchio abbandona la famiglia e i luoghi dove ha trascorso tutta la sua esistenza, mosso da un desiderio vivo, espresso dal ritmo rapido del primo verso, dal quel verbo «movesi» in cui la particella atona «si» appoggiandosi in maniera enclitica al verbo non ferma il ritmo, ma al contrario lo ravviva. Si stampa nella mente del lettore la tenera immagine del vecchio, sottolineata dalla forma vezzeggiativa e da quella dittologia sinonimica («canuto et biancho») che è senz’altro una delle cifre più caratteristiche della poesia petrarchesca. Alla prima quartina rapida e dinamica succede la seconda in cui si avverte il peso della stanchezza fisica del vecchierello: il ritmo è rallentato dal succedersi degli accenti che riproduce il passo dalla cadenza uno - due, uno - due, propria della camminata e dalla presenza del gerundio «trahendo». 

Quel verso lentissimo («indi trahendo poi l’antiquo fianco»), giocato sul gerundio e su una accentazione che ben si adatta all’immagine del cammino faticoso, verrà ripreso da Foscolo nel sonetto In morte del fratello Giovanni per descrivere l’incedere della madre ormai anziana: «La madre or sol, suo dì tardo traendo,/parla di me col tuo cenere muto». Foscolo usa anch’egli lo stesso verbo latino, che significa «trascinare», adopera il gerundio e accenta il verso in modo da riprodurre il passo con la cadenza della camminata. L’allusione alla figura religiosa del vecchierello del Petrarca mira ad accostare la madre di Foscolo, animata dalla fede e punto costante di riferimento per il poeta, al personaggio petrarchesco che lascia tutto per l’Ideale, per Cristo. Così si muovono i poeti, in ossequio alla memoria letteraria e alla comunione degli  scrittori che li hanno preceduti.

Così, a sua volta, il «vecchierel» del Petrarca che lascia tutto, anche i propri familiari per seguire l’ideale, non può non richiamarci la figura dell’Ulisse dantesco che «né dolcezza di figlio, né la pieta/ del vecchio padre, né ‘l debito amore/ lo qual dovea Penelopè far lieta» (Inferno XXVI, vv. 94-96) riuscirono a trattenere dall’«ardore» del viaggio. Dante stesso aveva già presentato dei pellegrini nella Vita nova, l’opera giovanile in cui racconta la vicenda dell’incontro con Beatrice. Morta la donna amata, un giorno Dante vede arrivare a Firenze un gruppo di persone mai viste nella città, che lui identifica come pellegrini. «Peregrini si possono intendere in due modi, in uno largo e in uno strecto: in largo, in quanto è peregrino chiunque è fuori della sua patria; in modo strecto non s’intende peregrino se non chi va verso la casa di Sa’ Jacopo o riede». 

I pellegrini nel Medioevo, continua Dante nell’opera, possono anche recarsi a Gerusalemme, e in questo caso sono detti palmieri perché portano indietro le palme, oppure a Roma, e vengono detti romei. In tutti e tre i casi i pellegrini «vanno in servigio dell’Altissimo». Ciò significa che lo spirito del pellegrino sta in questa offerta riconoscente, in cammino per vedere, per ascoltare, per conoscere Cristo e la sua rivelazione oggi. Più tardi, nella Commedia, Dante utilizzerà l’immagine dei pellegrini laddove descrive la prima bolgia dell’ottavo cerchio, Malebolge. Quivi si trovano ruffiani e seduttori che camminano in senso contrario proprio come durante il giubileo quando, per facilitare l’afflusso della folla, il ponte di Castel Sant’Angelo viene diviso in due da una transenna e «da l’un lato tutti hanno la fronte/ verso ‘l castello e vanno a Santo Pietro,/ da l’altra sponda vanno verso ‘l monte». 

L’immagine petrarchesca del vecchio, infermo, suggestionerà Leopardi, che la riprenderà nel Canto notturno (1830): «Vecchierel bianco, infermo,/ Mezzo vestito e scalzo,/ Con gravissimo fascio in su le spalle […]/ Corre via, corre, anela,/ Varca torrenti e stagni,/ Cade, risorge […]». È sorprendente vedere come i versi immortali dei grandi scrittori influenzino la letteratura per secoli.

Torniamo allora alla seconda quartina del sonetto del Petrarca in cui il protagonista, «rotto dagli anni, et dal camino stanco», cerca di sopperire alla mancanza di forze con la volontà: si veda come l’equilibrio e l’armonia del verso rappresentino il tentativo da parte del poeta di trovare quella serenità cui tanto aspirava nella vita reale. Nelle terzine  il vecchierello giunge finalmente a Roma a contemplare quel volto di Gesù che spera di rivedere in Paradiso. Fino ad ora non vi è traccia di Laura o del sentimento amoroso del Petrarca. Ma la seconda terzina è imprevista: il poeta instaura un confronto tra quel vecchierello che va in pellegrinaggio per contemplare il volto di Gesù e se stesso che gira per le strade o per i luoghi conosciuti per cercare «la disïata […] forma vera» di Laura, la sua «Veronica».

La similitudine è quasi sacrilega e Petrarca sembra esserne cosciente nel confronto impari degli undici versi dedicati al vecchierello e i soli tre versi riservati a se stesso. L’uomo medioevale è cosciente di essere un pellegrino verso la vera patria, in un viaggio lineare, ascendente che lo porterà al Cielo. Petrarca descrive, invece, per sé un percorso circolare che lo induce a ritornare negli stessi luoghi, in maniera quasi ossessiva alla ricerca di quel volto che ha idolatrato. Quanta tristezza deve avere nel cuore per quella distanza che lo separa da chi nella vita è capace di un amore vero e di scelte definitive!