Il triste spettacolo della divisione
Un'amara constatazione dopo il caso Negri: Tra i cristiani sono in aumento le divisioni dovute a opinioni diverse di chi attacca aspramente anche in pubblico chi la pensa in modo diverso, in varie forme: con gli scritti e con i discorsi. Invece il cammino indicato da Gesù prevede tre tappe. Eccole.
Caro Direttore,
appare sempre più evidente il pericolo che tra i cristiani siano in aumento le divisioni dovute sia a opinioni diverse sia, addirittura, a comportamenti diversi. Negli ultimi tempi, poi, ho constatato come questi stessi cristiani non si limitino ad esprimere idee diverse, il che, peraltro, è lecito se il tutto rimane dentro l’alveo dell’ortodossia cattolica, ma attaccano aspramente anche in pubblico chi la pensa in modo diverso, in varie forme: con gli scritti e con i discorsi. Ho letto articoli nei quali alcuni cristiani criticano ferocemente e ingiustamente altri confratelli, nei confronti dei quali esistono comunque legami di comunione, se non altro sulla base dello stesso battesimo. Questo spettacolo è molto triste, perché contraddice pubblicamente l’estrema preghiera di Gesù, con la quale chiedeva al Padre che i suoi discepoli fossero uniti, per testimoniare al mondo la Sua presenza.
Sinceramente addolorato per questo “scandalo”, sono andato a rileggermi il capitolo 18 del Vangelo di San Matteo, che, ai versetti 15 e seguenti, così recita: “Se il tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all’assemblea; e se non ascolterà neanche l’assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano”.
Mi pare che Gesù chieda a noi cristiani di comportarci tra di noi in modo ben diverso rispetto a ciò che sta avvenendo proprio in questi giorni, in cui abbiamo visto addirittura un sacerdote scagliarsi in modo totalmente irrispettoso nei confronti di un fratello vescovo, come ha avuto modo di sottolineare Robi Ronza proprio sul tuo giornale.
Gesù ci indica un preciso cammino da compiere, che prevede almeno tre tappe.
Il primo passo dobbiamo compierlo a livello assolutamente personale, in un dialogo fraterno, che deve anche avere lo scopo, evidentemente, di chiarire i termini della questione, o, come dice il Vangelo, della “colpa”. Ciò significa che prima di spifferare in pubblico la critica ad una idea o ad un comportamento di un fratello abbiamo il dovere, in forza della carità che ci deve contraddistinguere, di ammonire e ammonirci vicendevolmente tra di noi e con l’aiuto di Gesù, che è sempre in mezzo a noi, come assicura nello stesso capitolo 18 qui citato. Per un anno intero, Papa Francesco ci ha spronato a vivere secondo misericordia: mi pare che lo stiamo già dimenticando.
Il secondo passo richiestoci è quello di allargare il dialogo con l’aiuto di un gruppetto di fratelli, al fine, evidentemente, di rendere più “oggettivo” il dialogo, spogliandolo degli aspetti individuali che potrebbero anche inquinare l’impegno ad ammonire. Personalmente, sono stato molto aiutato, nella mia ormai lunga vita, dai tanti amici che, per grazia, ho sempre ritrovato intorno a me: il confronto continuo con loro mi ha aiutato a rimanere dentro l’alveo di una comunione vissuta, senza mai accendere in pubblico polemiche con i fratelli.
Il terzo passo ci chiede di confrontarci direttamente con la comunità, cioè con il luogo oggettivo della nostra appartenenza a Cristo, che assicura per tutti (infatti, “tutti” possiamo avere delle “colpe” e chi è senza colpa scagli la prima pietra e sappiamo che anche le parole possono essere pietre) la certezza di un cammino.
Caro direttore, penso che proprio nei momenti di difficoltà (ed è innegabile che in questo periodo ce ne siano tante anche all’interno di Santa Madre Chiesa), abbiamo il dovere di recuperare fino in fondo gli aspetti più integrali, giunti a noi dall’annuncio del Vangelo sperimentato dentro la concreta vita della comunità cristiana. E dobbiamo amare i nostri fratelli cristiani più delle nostre opinioni, coscienti che siamo obbligati all’unità circa le cose essenziali, che siamo liberi circa le cose opinabili, ma che in tutto dobbiamo usare la carità, come insegnavano nel Medioevo “oscuro”. Il capitolo 18 di San Matteo ci mostra chiaramente come usare la carità (e non i pregiudizi).