Il “trasgressivo” Donatello inaugura la modernità
La mostra storica e irripetibile “Donatello, il Rinascimento”, allestita a Firenze a Palazzo Strozzi e al Bargello, ci presenta il grande scultore fiorentino come artefice di una rivoluzione artistica che si rifletterà su geni cinquecenteschi come Michelangelo e Raffaello, attraverso opere vibranti dell’audacia di sperimentare nuove tecniche e prospettive.
I tratti signorili, eleganti e delicati, che fecero sì che uno dei più celebri scultori di tutti i tempi venisse chiamato dai contemporanei con il vezzeggiativo Donatello, caratterizzarono Donato di Niccolò di Betto Bardi, distinguendolo decisamente dal padre irrequieto e dalla vita tumultuosa. Ma, pur nella finezza, il suo animo era pervaso dall’aspirazione irrefrenabile a sovvertire le consuetudini istituzionali dell’arte, per realizzare qualcosa di profondamente nuovo e originale. Il talentuoso artista (1386-1466) è infatti all’origine della rivoluzione dell’idea stessa di scultura e il percorso espositivo fiorentino (che possiamo ammirare fino al 31 luglio) lo manifesta in modo efficace al visitatore, a testimonianza di quella che si presenta sicuramente come una svolta epocale, quella del Rinascimento. Tra i diciotto e i vent’anni Donatello era già collaboratore di Lorenzo Ghiberti per l’impresa di due spettacolari battenti bronzei della Porta Nord del Battistero di Firenze, dimostrando di possedere anche una formazione da orafo. E già in quest’età giovanile il fecondo dialogo con Ghiberti non gli impedisce di rivelare nelle sue sculture marmoree o lignee il suo inedito temperamento emotivo.
Sarà la prorompente amicizia con Filippo Brunelleschi (di quasi 10 anni maggiore di Donatello) a instillargli la passione per il mondo classico, modello per “un naturalismo organico e nuovo”. Anche se poi, a detta del Vasari, Il Crocifisso creato dal giovane scultore “con straordinaria fatica” per la Basilica di Santa Croce fu stroncato con una certa durezza dal suo amico più maturo, a cui pareva che “egli avesse messo in croce un contadino”. In mostra quest’opera così realistica è accostata proprio al Crocifisso di Filippo Brunelleschi, realizzata due anni dopo per Santa Maria Novella, certamente più armonico ed equilibrato rispetto al vigore espressivo del corpo e del volto della figura donatelliana. Ma la lunga collaborazione tra i due amici, malgrado i frequenti litigi, darà esiti significativi ben al di là della sfida dei Crocifissi, anche perché le invenzioni architettoniche del Brunelleschi influenzarono profondamente lo scultore Donatello, suggerendogli soluzioni prospettiche assolutamente innovative. Come quasi tutti gli scultori attivi nella città toscana all’inizio del Quattrocento, anche Donatello si dedicò al genere più amato e diffuso nelle case nobili dei fiorentini, le grandi Madonne policrome di terracotta a mezza figura, che attirano lo sguardo del visitatore per la loro dolcezza, che scaturisce da un naturalismo sempre più acceso e spregiudicato, rispetto alla grazia neogotica del contesto da cui proveniva il Maestro.
Quando giungiamo al cospetto della Madonna col Bambino del Victoria and Albert Museum di Londra o a quella di Detroit, l’intenso e insieme spontaneo affetto reciproco della Madre con il figlioletto ci affascina. Nella prima il piccolo si avvinghia letteralmente alla mamma, nella seconda si rizza in piedi sorridente e spavaldo, avvolgendosi con un lembo del velo della Madonna-adolescente, attenta a tenergli fermo il piedino perché non cada. Siamo ben oltre l’influenza delle forme gotiche del suo maestro Lorenzo Ghiberti, e veniamo introdotti nella bellezza di un sensibilissimo naturalismo che descrive lo straordinario rapporto tra madre e figlio. Donatello lo tradurrà in continue variazioni sul tema, che influenzeranno anche numerosi altri artisti a lui contemporanei. Ma è nell’insopprimibile sua esigenza naturalistica, spinta al punto di ricercare anche nel bassorilievo marmoreo la terza dimensione, che comprendiamo tutta la genialità e la capacità innovativa dello scultore fiorentino. L’amicizia tra Donatello e Filippo Brunelleschi diede infatti grandi frutti e forse il più originale fu proprio il trasferimento nel genere della scultura del procedimento messo a punto da Filippo per governare in un sistema di misure matematiche l’illusionismo spaziale della tradizione pittorica del Trecento fiorentino.
Per rimanere nel nucleo delle splendide Madonne donatelliane, non possiamo che farci catturare dalla raffinata, meravigliosa Madonna Pazzi (giustamente scelto come simbolo della mostra fiorentina), una delle più commoventi Madonne col Bambino dell’intero Rinascimento. Ci incanta infatti la dolcissima tenerezza dei due visi accostati, con un velo di malinconia sul volto di Maria, che avverte misteriosamente il drammatico destino della morte di Gesù, e invece il sorriso quasi inconsapevole del piccolo, che socchiude la bocca mostrando i dentini, mentre afferra il velo della mamma. Un bassorilievo luminosissimo, inquadrato in una sorta di scatola sempre in marmo, su cui poggia il piedino del Bambinello, seguendo uno schema prospettico derivato dagli insegnamenti di Brunelleschi.
Anche la formella in bronzo dorato Il Convito di Erode è una scena costruita utilizzando la prospettiva brunelleschiana, che permette a Donatello di dispiegare la narrazione su diversi piani, anche grazie alla sua prodigiosa capacità di graduare gli spessori dalle figure quasi a tutto tondo fino a un rilievo “stiacciato”. Quest’ultima tecnica, tipica di Donatello, che ne fu il maestro per eccellenza, consente proprio di realizzare un rilievo con variazioni minime rispetto al fondo e fornisce all’osservatore un’illusione di profondità. Le altre opere di bronzo presenti in mostra, legate alla permanenza di Donatello a Padova per la decorazione della Basilica di Sant’Antonio (Il miracolo della mula o la tristissima Imago Pietatis) o le opere in marmo e in bronzo provenienti da famosi musei stranieri come il Louvre di Parigi, Il Metropolitan Museum di New York e la National Gallery di Londra, ci confermano l’eccezionale abilità dello scultore rinascimentale sia nei bassorilievi che nelle statue più conosciute, anche quelle ospitate in permanenza dallo stesso Museo del Bargello (David vittorioso e San Giorgio).
Bellissimo infine il confronto, lungo tutta l’esposizione, delle opere del Maestro con artisti a lui contemporanei come Masaccio, Mantegna e Giovanni Bellini, ma anche con i successivi, come Raffaello e Michelangelo (Madonna della scala), fino alla dolcissima Madonna col bambino del Bronzino, il quale aveva ben studiato la delicata marmorea Madonna del Pugliese-Dudley di Donatello, artista sommo di cui Giorgio Vasari scrisse: “Gli artefici debbono riconoscere la grandezza dell’arte più da costui che da qualunque sia nato modernamente”.