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LO SPOT DELLA DIESEL

Il trans in convento e una fede asintomatica

Se la Diesel può fare uno spot con un transessuale che entra in convento, mentre la vocazione religiosa scompare, significa che non c'è bisogno di un Ddl Zan: la cultura Lgbt ha già vinto mentre i cristiani diminuiscono. Inoltre, se molti sono positivi al test della fede perché battezzati, spesso non hanno un solo sintomo che la esprima. Resta un lucignolo fumigante.

Editoriali 29_06_2020

Cari omofili, non serve una legge sull’omofobia. Non serve perché avete già vinto voi su tutti i campi. Il mondo è già vostro ed è assolutamente inutile dar la caccia a qualche cattolicino che, il più delle volte, è pure asintomatico. Ossia è positivo al test della fede perché battezzato, ma non ha un solo sintomo che esprima questa fede, come una febbriciattola da eresie, un tossetta insistente per eccessiva esposizione allo spirito da concilio.

A suggerirvi di deporre le armi del combattimento è un cortometraggio, dal titolo “Francesca”, commissionato dal brand di abbigliamento Diesel. Nelle prime immagini del corto si vede una giovane dal crine lungo e moro che prende una pastiglia in bagno. Sarà la pillola anticoncezionale? Poi si veste e corre in università. A lezioni scarabocchia sul suo quaderno di appunti e disegna una croce: starà realizzando il logo della sua rock band? Primo stacco: entra in un bagno degli uomini. Ragazza distratta o trasgressiva? Nella toilette si tocca il pomo di Adamo. Vuoi vedere che prendeva delle pastiglie per la tiroide? Ed infatti ecco che prende un’altra pastiglia. Poi sessione di depilazione così accurata e scrupolosa che arriva fino alle guance. Trucco e parrucco e poi via in discoteca a ballare.

Altro stacco e finalmente la mora infila il bagno giusto, quelle delle donne. Immagine prosaica di lei accovacciata sulla tazza. Sarà il nuovo verismo all’italiana? Altra pillolina ed altra lezione in università dove un tizio cerca di far colpo su di lei ma a vuoto. Ragazza pretenziosa? Poi il ritmo si fa più serrato: una pillolina che cade su un Bibbia – richiesta di aiuto dall’Alto per la salute precaria? – le candeline di una torta di compleanno spente con un sol fiato, la compilazione di un documento con le proprie generalità (Francesca Mirelli) per il rilascio del passaporto, alcune foto con l’amica del cuore, lei che parte - viaggio di studio o di piacere? – e che arriva davanti al portone di una chiesa, poi si siede su un letto sovrastato da una grande croce – sarà un ostello della gioventù gestito da religiosi? -  qualcuno che bussa alla sua porta, lei abbandona i suoi jeans Diesel, inseparabili compagni di ogni fotogramma precedente, e finale con il botto: Francesca corre vestita da suora in un corridoio di un convento. Una suora poi le schiocca un bacio sulla guancia (ben depilata) ed un nugolo di consorelle le fanno festa attorno.

Vuoi vedere che Renzo Rosso, fondatore della Diesel, si è convertito sulla via di Breganze, sede della società? Vuoi vedere che questo Papa così pop-olare ha fatto breccia nel suo cuore foderato di jeans, tanto da spingerlo a produrre un video prendendo a prestito il suo nome?

Nulla di tutto questo. Tutti gli interrogativi che ci siamo posti si sciolgono come neve al sole quando ci accorgiamo che Francesca è in realtà Francesco, interpretato dal modello trans (sin dall’età di 16 anni) Harlow Monroe. Le pilloline che ingurgita come se fossero Zigulì sono ormoni cross sex, ossia micro bombe di ormoni femminili che non vanno giù che è un piacere, come darebbe ad intendere Francesca, ma provocano effetti indesiderati pesantissimi.

Più sopra dicevamo che gli amanti dell’arcobaleno dovrebbero smettere di marciare sotto lo stendardo del generale Zan, primo firmatario della legge sulla “omofobia”, perché ormai hanno vinto a mani basse e il mondo è diventato finalmente e completamente gaio. La prova è questo spot che, nel mondo a testa in giù in cui viviamo, ha dei tratti di sicura originalità (noi cattolici, confermando che i figli delle tenebre sono più scaltri dei figli della luce, siamo fermi a slogan patetici e stereotipati da Asilo Mariuccia). Infatti l’androgina Francesca ci dice che il massimo della femminilità è la vocazione verginale sperimentata da un uomo; che, andando ben oltre le donne prete, abbiamo gli uomini suore; che il movimento LGBT ha mire così alte che un giorno ormai prossimo i trans entreranno in convento (oppure la trasformazione da brucO in farfallaA è riuscita così bene che manco delle suore si sono accorte di aver accolto un uomo) e le suore, quelle vere, lo lasceranno (questo ultimo punto in realtà è già storia); che Dio, nella sua bontà liquida, chiama chi vuole, anche i gender fluid; che se c’è la conversione nella fede ci può essere anche la conversione nell’identità.

Ora, trasmettere tutto questo in uno spot significa che tutto il portato ideale delle istanze dell’universo LGBT è diventato ormai patrimonio condiviso, è diventato cultura, consuetudine sociale, è ormai aria, mefitica, che respiriamo ogni giorno perché liberi da qualsiasi mascherina critica che potrebbe filtrare simili virus ideologici. Se con naturalezza una pubblicità – e non un saggio o un convengo di esperti - ci dice che un uomo può davvero diventare donna tanto da entrare in un convento, vuol dire che non solo tutti i buoi sono scappati dalla stalla, ma anche che la stalla non c’è più da un pezzo. Vuol dire che abbiamo consegnato tutti i gioielli di famiglia al topo di appartamento e lo abbiamo fatto pure con gratitudine, quasi ci avesse aiutato a sgomberare la cantina da ciarpame inutile.

Dunque, cari omofili, non fate la guerra a noi sopravvissuti a questa retata delle menti. Trattateci con tenerezza, quasi fossimo tutti quel famoso giapponese che, rintanato nella giungla, credeva a distanza di anni che la seconda guerra mondiale fosse ancora in corso, quasi fossimo una razza in via di estinzione. Il vostro spot cambia un paio di jeans per una tonaca e allora, tanto per rimanere nello stesso registro narrativo, non spegnete il lucignolo fumigante.