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ARTE E CATECHESI

Il tabernacolo, perdurante presenza del Mistero

Nell’adorazione eucaristica distende
ciò che la Messa concentra, come
se il gesto del sacerdote alla consacrazione fosse prolungato.

Cultura 10_09_2011
Ostensorio della "Disputa del sacramento" di Raffaello

 

Cerca, trova, ama: questo fa il corpo quando cresce in salute. Non sta fermo come un albero che dà solo ombra. Ma spalanca l’universo mondo per trovare quello che è degno della vita. E della vita intera. Insomma, cerca fino a quando trova quanto è degno d’essere amato.

Che poi, a ben guardare, ognuno cerca, trova, ama ciò per cui è stato fatto fin dal principio. Infatti, man mano che si procede non si fa altro che scoprirsi costituiti fin nel midollo da quello che si cerca. Così chi baldanzoso parte alla conquista si ritrova docilmente conquistato. Chi cerca si scopre già atteso. Chi trova si sente già accolto. Chi ama si vede già amato.

È questa un’eccedenza che l’annuncio cristiano attesta come costitutiva di tutta la realtà: «Noi amiamo, perché egli ci ha amato per primo» (1Gv 4,19). È una sovrabbondanza di grazia che rende ragione di quel moto naturale e spontaneo dell’anima e del corpo descritto da sant’Agostino: «Hai fatto il nostro cuore inquieto, finché non riposi in Te». E san Josemaría lo esplicita fino a spronare dicendo: «Cerca Cristo, trova Cristo, ama Cristo».

Ogni chiesa, che con le proprie mura accompagna incontro al mistero di Dio che si rivela, ha un luogo dedicato a questa eccedenza d’amore ed è il tabernacolo che contiene il Santissimo Sacramento dell’Eucaristia.

Molte sono state nella storia le modalità di conservare l’Eucaristia. Anticamente era posta in teche di lino o in cofanetti dentro un armadio. Questo era collocato in una stanza accanto al presbiterio e, in un secondo tempo, nel presbiterio stesso. Molto diffusa era l’usanza di sospendere sopra l’altare il vaso, sovente a forma di colomba, contenente le sacre specie. Dal XV secolo il tabernacolo ha iniziato ad essere posto in modo stabile sull’altare maggiore fino a passare come regola dopo il Concilio di Trento, in particolare con l’esempio di San Carlo Borromeo. In questo modo la centralità del tabernacolo sottolineava la presenza reale di Dio nell’Eucaristia negata dalla riforma protestante. Oggi, dopo il Concilio Vaticano II, si evita questa doppia focalizzazione su altare e tabernacolo, al fine di mantenere una distinzione tra la celebrazione eucaristica e l’Eucaristia già presente nel tabernacolo, e nuove soluzioni stanno emergendo dalla vita della Chiesa.

Il tabernacolo segna la perdurante presenza del mistero eucaristico. Segna la presenza reale di Dio che non si dilegua quando non c’è più l’assemblea. Anzi, la comunità dei credenti, la Chiesa, si vede preceduta e costituita dal dono dell’Eucaristia, dono di cui è chiamata a partecipare. Un dono che nessun cuore umano è all’altezza di racchiudere. Anzi,  apre un orizzonte tale che l’io che volesse dominarlo non può che ritrovarsi costituito dal suo donarsi.

Cristo è il pane vivo disceso dal cielo e chi vede il Figlio di Dio e crede in lui ha la vita eterna: questo riporta il Vangelo di Giovanni (6, 30-40) che sottolinea l’importanza del "vedere". E in effetti, lungo il corso della storia, l’Eucaristia ha suscitato anche il desiderio di contemplare, di vedere il Figlio di Dio nell’ostia consacrata. Ecco, quindi, gli ostensori per l’adorazione eucaristica che avvicinano alla comunione con Dio attraverso quella che è stata chiamata una manducatio per visum, un mangiare con gli occhi.

Inizialmente venivano usati i reliquiari dei santi, perché non vi è nulla di più venerabile del corpo di Cristo. Poi comparvero quelli raggianti come un sole: uno dei più antichi e splendidi lo si vede dipinto nell’affresco della Disputa del Sacramento di Raffaello [nella foto], nelle Stanze vaticane.

L’adorazione è un fermarsi davanti all’ostia esposta. È come se il gesto del sacerdote alla consacrazione fosse prolungato. Si vede l’ostia e si contempla il mistero celebrato nella liturgia. Quello che nella messa è concentrato, l’adorazione lo distende prolungando la partecipazione alla Pasqua di Cristo. L’adorazione contempla quell’eccedenza in cui si imbatte chi cerca, trova, ama Cristo.