Il simbolo religioso nelle aule ben prima del Concordato
Crocifisso nelle aule figlio del Concordato? Errore, il Concordato non c'entra proprio nulla. È stata una legge del 1859 a stabilirlo...
Crocifisso nelle aule figlio del Concordato? Errore, il Concordato non c'entra proprio nulla. È stata una legge del 1859 a stabilirlo, quando lo Stato sabaudo oltretutto vantava pessimi rapporti con la Chiesa e Roma era ancora la capitale dello Stato pontificio. Stiamo parlando della Legge 3725 del 13 novembre 1859 sul Riordinamento dell'Istruzione Pubblica, altrimenti nota come Legge Casati, seguita dal regolamento di attuazione contenuto nel Regio Decreto 4336 del 1860, che all'art. 140 prevede appunto il crocifisso tra gli arredi delle aule scolastiche. Previsione confermata dal regolamento contenuto nel Regio Decreto del 6 febbraio 1908.
La presenza nell'arredo scolastico è confermata da altri due regi decreti, nel 1924 (n. 965, art. 118) e nel 1928 (n.1297), che nel crocifisso (e non nella generica croce) individuano uno dei simboli dell'unità del popolo
italiano, insieme alla bandiera e al ritratto del Re. Nel frattempo, un'ordinanza ministeriale dell'11 novembre 1923 (n. 250) allarga l'esposizione del crocifisso agli edifici pubblici in genere, mentre una circolare del ministro Rocco del 29 maggio 1926 (n. 2134/1867) ne impone la collocazione nelle aule dei tribunali con la seguente motivazione: «Prescrivo che nelle aule d'udienza, sopra il banco dei giudici e accanto all'effigie di Sua Maestà il Re sia restituito il crocifisso, secondo la nostra tradizione. Il simbolo venerato sia solenne ammonimento di verità e giustizia».
Il tutto avviene dunque ben prima della firma dei Patti Lateranensi, avvenuta nel 1929, e appare evidente che anche uno Stato sostanzialmente ostile alla Chiesa cattolica, che ha lottato contro il Papa e che ha anche proceduto alla confisca dei beni ecclesiastici, non può esimersi dal riconoscere che la fede cattolica è comunque un elemento costitutivo del popolo italiano, chiave di comprensione della sua storia e cultura.
Nei Patti Lateranensi invece non si trova traccia di riferimenti all'esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici. E la cosa è ben presente anche a chi da anni conduce la battaglia legale per l'eliminazione del crocifisso, al punto che i Patti Lateranensi - o meglio, la loro revisione avvenuta nel 1984 - vengono presi ad argomento contro il crocifisso.
L'accordo del 1984 infatti cancella la religione cattolica quale religione di Stato, mentre la prescrizione del crocifisso della Legge Casati del 1859 viene considerata quale conseguenza dello Statuto Albertino (1848) che, all'articolo 1, prevede che la religione di Stato «è quella Cattolica, Apostolica e Romana». Quindi - secondo costoro - una volta decaduto il principio del cattolicesimo come religione di Stato verrebbe meno anche la presenza dei crocifissi nei luoghi pubblici. Ma l'argomento è già stato rigettato dal Tar del Veneto nella sentenza del 22 marzo 2005 (n. 1110), secondo cui le norme regolamentari che prescrivono l'ostensione
del crocifisso «hanno quale fondamento le leggi sulla pubblica istruzione e non implicano affatto un'applicazione diretta dello Statuto albertino».
In pratica, dicono i giudici del Tar, coloro che invocano la revisione dei Patti Lateranensi come motivo per staccare i crocifissi dai muri, semplicemente «ignorano il quadro storico e normativo» all'origine della esposizione.